15 novembre 2010
Mutazioni (centro)sinistre: da cattocomunisti a semplicemente comunisti
La base del centrosinistra italiano di oggi, dalla Puglia a Milano,
sembra preferire i candidati comunisti a quelli cattocomunisti. E'
quanto confermano le elezioni primarie di Milano che hanno eletto a
maggioranza Giuliano Pisapia, già deputato di Rifondazione Comunista ed
oggi - con l'appoggio di Nichi Vendola già eletto alle primarie in Puglia - candidato di Sinistra e Libertà al Comune del capoluogo meneghino. Un ritorno
al passato che fa credere piuttosto che avesse ragione Fausto
Bertinotti e torto marcio i vari D'Alema, Prodi e Veltroni. A questo
punto tanto varrebbe che in casa cattocom tornassero al Pds, alla
Margherita, a Rifondazione Comunista ed ai Verdi. Tutti assieme
sarebbero destinati a perdere sempre e comunque in eterno, ma, almeno, a
perdere con dignità. Se analizziamo infatti i risultati vediamo come
il centrosinistra italiano abbia ereditato
unicamente voti ed una base politica e culturale che apparteneva al
vecchio Pci, alla sinistra Dc ed a settori dell'ambientalismo più
radicale. Il tentativo di costruire un Pd all'americana era, infatti,
destinato a perdere in quanto il Pd americano è da sempre lontano anni
luce non solo dalla sinistra come la intendiamo in Europa, ma ancor più
lontano dal comunismo che, sin dal dopoguerra, ha infatti combattuto
strenuamente. Il centrosinistra dal '93 ad oggi, peraltro,
rappresenta culture profondamente conservatrici e minoritarie che,
qualora siano riuscite a mettere in piedi un programma di governo, esso
risultava profondamente statalista, burocratico, sindacatocratico,
fondamentalista sull'ambiente e per nulla aperto nel campo dei diritti
civili ed individuali. Se ne accorse il Berlusconi del '94, salvo
poi tradire, nel giro di un anno e mezzo, il suo programma liberale,
libertario e liberista. L'economista Francesco Giavazzi, non a caso,
in un
saggio di qualche anno fa spiegava che "Il liberismo è di sinistra".
Sì, ma di una sinistra europea: ovvero di matrice liberalsocialista e
liberaldemocratica. Profondamente antistatalista ed antiburocratica. Ovvero l'opposto del nostro centrosinistra in salsa cattocomunista. Oggi,
dicevamo, questa compagine, grazie anche all'assurdo sistema delle
primarie, sembra voler tornare al '94, ovvero allorquando presentò
l'armata Brancaleone di Achille Occhetto, senza prospettive alcune di
radicali riforme liberali, liberiste e libertarie. Forse, magari, una sinistra laica, liberale e libertaria, in Italia, potrebbe anche vincere. Oggi,
stranamente, questa prospettiva pare essere incarnata piuttosto da
Gianfranco Fini che è l'unico leader ad aver abiurato al suo
imbarazzante passato clericofascista. A differenza dei vari
centrosinistri che ancora mettono ceri a Togliatti e Berlinguer,
dimenticando che loro furono amici dell'Impero sovietico e
che il primo, oltre ad aver introdotto in Costituzione i fascisti Patti
Lateranensi, concesse l'amnistia ai gerarchi del Regime mussoliniano. Occorre
costruire, dunque, un nuovo schieramento politico che guardi ad un
programma di riforme che attendono l'Italia dal '94: laico, liberale,
libertario e liberista. Con Fini, i Repubblicani, i Liberali ed i Radicali. Addio, dunque, ai baffoni, ai baffini, alle mortadelle, alle croci ed ai martelli.
 Luca Bagatin
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