2 febbraio 2016
"La vera famiglia è quella che nasce dall'amore. Ed è libera dalla fame". Riflessioni di Luca Bagatin
La più alta forma di democrazia per me
è e rimarrà il populismo, ovvero la politica in favore del popolo,
contro politici, imprenditori, edonisti e ricchi borghesi.
Lo spauracchio della "famiglia
tradizionale" serve solo a preti, imam e rabbini per far
credere ad una società di persone pensanti che il loro ruolo conti ancora
qualche cosa.
Anche un uomo di colore, Andrea
Aguyar, combattè e morì in difesa della Repubblica Romana del
1849, a fianco di Garibaldi. Sarebbe bene ricordarlo a Matteo
Salvini e ai politicanti mantenuti e parolai come lui, che per le
loro idee non sarebbero affatto disposti a combattere, armi in
pugno, e a morire.
 Penso che il mio punto di forza sia l'essere un cinico sognatore.
L'unico politico che potrei sostenere oggi dovrebbe rinunciare ad
ogni stipendio, ad ogni comodità ed essere disposto a combattere e
morire per un ideale. Dovrebbe essere, in sostanza, un mio pari.
Non un essere inferiore.
Un bambino necessita di vivere in una casa dignitosa e di avere di
che vivere per tutta la vita, senza preoccupazioni. Il resto del
padre e della madre sono balle inventate dai ricchi per difendere il
loro diritto ad essere compassionevoli e continuare così a fottere i
poveri.
Alla fine la Storia riconoscerà il ruolo politico e culturale di Moana Pozzi, così come ha riconosciuto, e purtroppo ancora solo in parte, quello di Anita Garibaldi e di Evita Peron.  Penso che Jean-Claude Michéa e Eduard Limonov,
intellettuali trasgressivi, il primo francese e il secondo russo, siano quanto più interessante vi possa essere nel panorama
politico-culturale odierno. Pur avendone già accennato in altri
articoli, in questo periodo sto preparando diversi articoli su di loro,
critici nei confronti della sinistra e del "progressismo", ovvero
tendenti a spiegare il perché la sinistra europea e occidentale abbia
abbracciato il capitalismo e la società di mercato, diventando, di fatto, uguale alla destra, ovvero a difesa dei ricchi e dei borghesi.
Chi ancora oggi, dunque, crede in una società libera, egualitaria,
dalla parte dei poveri, ovvero in una società socialista, libertaria e
anti-edonista ovvero anti-modernista, non può che ritrovarsi nelle tesi
di Michéa (oltre che di Alain De Benoist) e di Limonov.
Non confondete mai il socialismo e l'anarchismo (anche nella versione comunista anarchica) con la sinistra e il progressismo. Sinistra e progressismo sono, assieme al liberalismo classico, all'origine del capitalismo borghese.

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30 gennaio 2016
Anita Garibaldi: Eroina dei Due Mondi
Anita Garibaldi (1821 - 1849) è un'eroina
dimenticata.
Forse perché donna, forse perché
straniera, forse perché la fama di suo marito Giuseppe, del quale fu
sempre innamorata ed al quale diede quattro figli, ne oscurò la
fama. Forse perché la sua vita fu breve e durò solo 28 anni.
Ana Maria de Jesus Ribeiro de Silva,
questo il suo vero nome. Aninha per i suoi affetti più cari. Anita
per la Storia che la consacrò a Eroina dei Due Mondi, per aver
combattuto, a fianco al marito, sia in Brasile, contro l'oppressione
imperiale, che in Italia, contro l'oppressione pontificia e
clericale.
Ragazza ribelle sin da bambina e
amazzone senza pari, mal sopportò il matrimonio che la famiglia le
impose con il calzolaio Miguel Duarte, che lei mai amò e che morirà
pochi anni dopo, combattendo nell'esercito imperiale contro i
rivoluzionari.
Si innamorerà subito di Giuseppe
Garibaldi, il rivoluzionario, il democratico, il repubblicano venuto
dall'Italia, amante della causa degli oppressi, che sposerà e con lui
intraprenderà la lotta per l'indipendenza del Rio Grande dall'Impero
del Brasile e, successivamente, dopo aver dato alla luce Menotti,
Rosita (che morirà di scarlattina a soli 2 anni), Teresita e
Ricciotti, si trasferisce a Genova dalla madre di Garibaldi ed il
marito la raggiungerà qualche mese dopo, assieme ad Andrea Aguyar,
ex schiavo di colore, originario dell'Angola ed ormai divenuto
fedelissimo Tenente del Generale in camicia rossa, sino alla morte
avvenuta nel corso della battaglia in difesa della Repubblica Romana
del 1849, contro le truppe franco-pontificie.
Anche in Italia, Anita, seguirà le
imprese del marito, sino alla morte prematura causata dalla malaria e
che la colpirà proprio allorquando la Repubblica Romana sarà ormai
perduta., con Garibaldi in fuga e lei che viene trasportata dal
marito e dai compagni su un vecchio materasso, nei pressi di
Mandriole di Ravenna.
Una grande perdita per un grande uomo.
Una grande perdita per l'Italia che, da tempo, l'ha dimenticata e da
tempo tende a voler dimenticare Garibaldi o a sminuirne l'opera di
eroe senza macchia e che, a sprezzo del pericolo – cosa che oggi
pressoché nessuno avrebbe il coraggo di fare - combattè, armi in
pugno, per un'Italia libera e sovrana, oltre che per un'Europa di
nazioni sorelle e unite dall'ideale repubblicano e socialista
umanitario. Pochi infatti sanno o ricordano che, Garibaldi, assieme a
Mazzini, a Bakunin, a Marx e ad Engels, fu fra i fondatori della
Prima Internazionale dei Lavoratori, nel 1864.
Oggi l'Italia, schiava dei tecnocati di
Bruxelles e l'Europa, schiava del Grande Mercato Transatlantico e
del Fondo Monetario Internazionale, necessiterebbero di una nuova
Anita e di un nuovo Giuseppe Garibaldi in grado di liberare ancora
una volta i popoli dai nuovi oppressori: politici, imprenditoriali e
finanziari.
Oggi, l'Italia e l'Europa,
necessiterebbero di un nuovo moto d'orgoglio e di riscatto nazionale
e morale, sull'esempio seguito dall'America Latina degli ultimi
quindici anni, con particolare riferimento all'Uruguay dell'ex
Presidente José “Pepe” Mujica, garibaldino dei giorni nostri.
Studiamo e diffondiamo la Storia, per
quel che ci riguarda e compete. Evitando soprattutto di scadere in
sciocchi e stupidi revisionismi neoborbonici e neoclericali, che
certo non onorano la memoria dei combattenti di ogni epoca, ideale e
Paese d'origine.
 Luca Bagatin
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1 maggio 2015
L'EXPO 2015 di "Amore e Libertà" !
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15 ottobre 2014
José "Pepe" Mujica: un Presidente che ha saputo incarnare i principi umanitari d'Amore e di Libertà
Un anno e mezzo fa, nel maggio 2013,
dopo quasi vent'anni di attività politica nell'area laica e
libertaria, decisi di fondare “Amore e Libertà”
(www.amoreeliberta.altervista.org – www.amoreeliberta.blogspot.it),
un pensatoio (anti)politico e (contro)culturale alternativo alla
partitocrazia ed al malaffare politico italiano, europeo e non solo.
Un pensatoio che nasceva in antitesi al
sistema dei partiti, al potere politico, alla globalizzazione che
ingloba, che, ispirato ad Anita Garibaldi, ma anche a suo marito
Giuseppe ed a Mazzini, proponesse un elenco di punti concreti:
dall'autogestione delle imprese sino alla legalizzazione della
cannabis; dal riconoscimento del matrimonio
omosessuale sino alla legalizzazione del suicidio e dell'eutanasia; dall'abolizione degli enti pubblici inutili sino
ad un sistema elettorale ricalcato sull'esempio dell'Agorà greca.
Nel corso di quest'anno e mezzo, il mio
attivismo nell'ambito di “Amore e Libertà”, mi ha portato a
studiare e ad approfondire diverse figure storico-politiche che,
eredi di Garibaldi e di Mazzini, ma anche di Simon Bolivar, si sono
ispirate, nella loro azione politica ed istituzionale, ai principi di
amore e libertà. Ovvero ad una visione umanitaria e sentimentale
dell'esistenza.
Ho osservato che, pressoché tutte
queste figure, provenivano da quell'America Latina vilipesa e
sfruttata dagli opposti imperialismi: sovietico (sino alla caduta del
Muro di Berlino) e statunitense.
Fra costoro Juan Domingo Peron e sua
moglie Evita, Hugo Chavez, Evo Morales (rieletto di recente a
Presidente della Bolivia), Nestor Kirchner e...José Mujica, detto
affettuosamente “Pepe”.
Quest'ultimo, attuale Presidente
dell'Uruguay (terra che peraltro ospitò i coniugi Garibaldi per ben
sette anni ove, peraltro, si sposarono nel 1842) dal 2009 ha, assieme
alla moglie Lucia Topolansky, deciso di continuare a vivere in
povertà, come agricoltore, in una modesta casa di campagna.
La cosa che più mi ha colpito di
Mujica, assieme alla sua coerente scelta di vita, sono anche i
risultati ottenuti dal suo governo ed il fatto che il programma
portato avanti dalla sua compagine governativa – il Fronte Ampio –
è esattamente il programma del movimento che ho fondato nel 2013,
ovvero “Amore e Libertà”. E lui, "Pepe" Mujica, è anche riuscito
ad attuarlo concretamente.
Penso al progetto di autogestione delle
imprese da parte dei lavoratori; alla legalizzazione della marjiuana;
agli investimenti nella scuola e nell'educazione, triplicati in pochi
anni; alla legalizzazione del matrimonio omosessuale e l'adozione di
bambini da parte di coppie gay. Tutte riforme che, dal 2005 ad oggi,
sono state attuate e non sono affatto state imposte ai cittadini,
bensì sono nate - come ama ricordare lo stesso Mujica - anche e
proprio su ispirazione dei suoi stessi concittadini.
La grandezza del Presidente Mujica,
infatti, è anche questa: dare al Parlamento ed ai cittadini la più
ampia centralità possibile della vita politica del Paese, al punto
che il suo governo non ha mai attuato nulla per decreto.
I risultati, del resto, si sono visti e
sono anche stati ottimi: in Uruguay l'indice di disoccupazione è
sceso al 6%; i salari sono in aumento; il PIL è cresciuto del 6% in
dieci anni ed il tasso di povertà è diminuito dal 39% al 6%.
Ma chi è José Alberto “Pepe”
Mujica Cordano ? Questo Presidente che incarna così bene gli ideali
tipici di una possibile Civiltà dell'Amore, ove al governo vi sono
solo persone di cuore, lontane anni luce dalla gestione del Potere ?
Quale la sua vicenda umana e politica ?
José Mujica Cordano nasce a Montevideo
nel 1935, da padre di origine basca e da madre di origine genovese e,
giovanissimo, fu influenzato dalla idee peroniste dello zio materno,
Angel Cordano. Terminato il liceo, il govane Pepe, inizierà a
frequentare gruppi studenteschi di orientamento anarchico e, negli
anni, approfondirà il pensiero di Proudhon, Bakunin, Kropotkin e
Marx, oltre che si interesserà alla letteratura ed alla biologia,
dimostrando anche particolare interesse per la professione agricola
dei genitori.
Nella seconda parte degli Anni '50,
Mujica, si avvicinerà e collaborerà a lungo con Enrique Erro, un
deputato del Partito Nazionale - Ministro dell'Industria nel 1959 -
il quale si era presentato come candidato a tutela della classe
lavoratrice e meno abbiente.
Alle elezioni del 1962, Erro, sostenuto
sempre dal giovane Mujica, si presentò nella coalizione formata da
Unione Popolare e Partito Socialista, ma ottenne solo il 2,3% dei
consensi.
Fu così che, ben presto, Pepe Mujica
si rese sempre più conto che l'Uruguay - uscito da quelle ultime
elezioni - si stava progressivamente avviando verso una deriva
autoritaria.
Fu così dunque che, poco tempo dopo,
Mujica aderirà al Movimento di Liberazione Nazionale (MLN)
Tupamaros, fondato da Raul Sendic, già militante del Partito
Socialista, il quale ispirò il suo movimento a Tupac Amaru, ovvero
all'ultimo sovrano dell'Impero inca, eroe dei popoli andini in lotta
contro gli spagnoli.
Il MLN Tupamaros, in sostanza,
attraverso l'attività di guerriglia e di assalto ad istituti
bancari, mirava a combattere la deriva autoritaria e dittatoriale dei
regimi neo-militaristi dell'Uruguay e a ridistribuire la terra ai
contadini ed ai meno abbienti.
La violenze commesse dai guerriglieri
Tupamaros, va detto, non furono mai gratuite, ma sempre dettate dalla
necessità politica di liberare il Paese dall'autoritarismo al pari
di quanto fecero, in quegli anni, i Montoneros peronisti, per
liberare l'Argentina dalla dittatura militare.
Fra i Tupamaros, dunque, anche il
nostro Mujica e Lucia Topolansky, che successivamente diverrà sua
moglie, i quali purtuttavia ribadiranno sempre la loro contrarietà
ad una deriva militarista del Movimento.
Nel 1972, Pepe Mujica, fu catturato dai
militari e spedito in carcere, ove rimarrà sino al 1985, subendo
umiliazioni e torture, sino allo stremo delle forze fisiche e
psicologiche, assieme ad altri compagni del suo Movimento.
Nel 1985, con la fine della dittatura,
Mujica ed i suoi compagni furono amnistiati e, pur ritornato alla sua
attività di agricoltore e di fioraio, non smise mai di fare
politica.
Assieme ad altri suoi compagni
Tupamaros, infatti, creò il Movimento di Partecipazione Popolare
che, alle elezioni del 1994, si presentò all'interno del Fronte
Ampio, ovvero una coalizione eterogenea di forze di sinistra e di
centro, di ispirazione socialista, cristiana e libertaria e fu eletto
quale primo tupamaros in Parlamento ed il suo stile semplice e sobrio
- con jeans e senza cravatta - lo caratterizzeranno subito quale
politico “diverso” rispetto agli altri.
Saranno proprio la sobrietà e la
ricerca della felicità per tutti, fatta anche della ricerca del
tempo libero, in luogo di una vita di lavoro e di sfruttamento del
lavoro attraverso la ricerca di una ricchezza effimera, i punti
cardine degli ideali di Pepe Mujica. Ideali agli antipodi rispetto
alla realpolitik ed alla politica tradizionale – che
inizierà ad attuare già come Ministro dell'Agricoltura nel 2005,
facendo abbassare il costo della carne per i meno abbienti - e
saranno proprio tali ideali, assieme al suo linguaggio diretto, a
renderlo popolarissimo, anche all'estero. Oltre che, come abbiamo già
scritto, la sua scelta di vivere semplicemente, continuando a
coltivare la terra - anche oggi che ricopre la carica di Presidente
dell'Uruguay - assieme a sua moglie ed a Manuela, la sua cagnetta
zoppa, permettendo ai senzatetto di utilizzare i palazzi
presidenziali.
Interessante anche la sua concezione
libertaria della rappresentanza popolare alle elezioni, molto vicina
all'idea dell'Agorà greca. In un'intervista, infatti, egli affermò:
“La gente prende molto sul serio il tema della rappresentanza e
finisce per credere di rappresentare qualcuno. Per me è un'idea
assurda, anche se la Costituzione dice varie cose, e in questo credo
di continuare ad essere un libertario. Nessuno rappresenta gli
altri”.
Nell'ottobre 2009, José Mujica è
dunque candidato del Fronte Ampio alle elezioni nazionali e ne esce
vincitore con il 52% dei consensi. Dei risultati soddisfacenti del
suo governo abbiamo già parlato. Rimane solo da aggiungere la sua
critica al consumismo ed al capitalismo, oltre che all'austerità. Lo
fa in più occasioni, anche di fronte a Capi di Stato e di Governo
distratti, in video che, purtuttavia, faranno il giro del mondo
attraverso il web.
A proposito dell'austerità praticata
anche dalla nostra Europa, Pepe Mujica afferma:
“La sobrietà è concetto ben
diverso da austerità, termine che avete prostituito in Europa,
tagliando tutto e lasciando la gente senza lavoro. Io consumo il
necessario ma non accetto lo spreco. Perché quando compro qualcosa
non la compro con i soldi, ma con il tempo della mia vita che è
servito per guadagnarli. E il tempo della vita è un bene nei
confronti del quale bisogna essere avari. Bisogna conservarlo per le
cose che ci piacciono e ci motivano. Questo tempo per se stessi io lo
chiamo libertà. E se vuoi essere libero devi essere sobrio nei
consumi. L'alternativa è farti schiavizzare dal lavoro per
permetterti consumi cospicui che però ti tolgono il tempo per
vivere... Lo spreco è invece funzionale all'accumulazione
capitalista che implica che si compri di continuo, magari
indebitandosi sino alla morte”.
Concetti semplici, ma gli unici davvero
in grado di farci riflettere relativamente alla crisi mondiale che ci
sta attanagliando e dalla quale possiamo uscire solo attraverso
persone animate da due soli valori: l'Amore e la Libertà. Ovvero la
ricerca di quella Civiltà dell'Amore che, leader come José "Pepe"
Mujica, hanno già attuato, concretamente, nel loro Paese.
 Luca Bagatin
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17 settembre 2014
Aforismi e riflessioni per la Rivoluzione dell'Amore. By Luca Bagatin
Ciò che non hanno mai compreso gli economisti ed i politici, è che - per
uscire dalle crisi (economiche, civili, umane, sociali) - è necessario
sostutuire i rapporti economici, di classe, geopolitici e politici, con
rapporti d'amore, sentimentali e sessuali.
Questo
governo è così poco credibile che, per ogni atto che fa, è
costretto ad inserire la parola "buona": "svolta
buona", "buona scuola"... Ma dubito che i cittadini
italiani siano così cretini dal lasciarsi abbindolare.
Matteo Renzi che parla di
meritocrazia mi pare più che un ossimoro.
Solo chi
ha conosciuto davvero l'Inferno può pensare di aspirare al Paradiso.
L'unico
mistero sulla vita e sulla morte di Moana è che i media, il
giornalismo (ed il giornalettismo) d'accatto, non l'hanno mai amata
né compresa. A differenza delle persone comuni.
Le
regole servono a chi non sa regolarsi. Per tutti gli altri valga il
motto: Fai ciò che vuoi sarà tutta la legge.
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4 ottobre 2012
Marx & Engels investigatori: il filo rosso del delitto
 Karl Marx e Friedrich Engels sono
universalmente conosciuti e riconosciuti come i filosofi fondatori
del socialismo scientifico, ovvero del comunismo. Nulla di nuovo, se
non fosse che due creativi insegnanti di lettere italiani, Dario
Piccotti ed Alvaro Torchio, hanno immaginato Marx ed Engels nei panni
di due investigatori della loro epoca, l'Ottocento, percorsa dalle
molte rivoluzioni: sociali, risorgimentali, anarchiche. Ed ecco
che, dopo "Indagini di classe", edito da Rubbettino,
ritroviamo i due filosofi in nuove appassionanti avventure
poliziesche in "Marx & Engels investigatori - Il filo rosso
del delitto", edito da Stampa Alternativa, con una bellissima
copertina gialla e nera, con scritte rosse. In queste sei
avventure, ambientate fra il 1862 ed il 1888, Marx ed Engels si
imbattono in Michail Bakunin, leader degli anarchici, il quale è
accusato ingiustamente dell'omicidio di un principe suo amico ed i
due tentano di scagionarlo. Nella seconda avventura i padri del
Comunismo incontrano, nella sua Caprera, il Generale Giuseppe
Garibaldi, Gran Maestro della Massoneria e grande condottiero e
patriota italiano. Si confrontano con lui relativamente alle idee
sociali, ma, pur presentando punti di contatto, non si trovano
d'accordo relativamente all'abolizione della proprietà privata. Ad
ogni modo si mettono al servizio del Generale per sventare un
attentato a lui diretto, forse ordito da Napoleone III, amico di Papa
Pio IX e grande nemico dell'anticlericale Garibaldi. Non manca,
nella terza avventura, un incontro con lo scrittore Victor Hugo,
accusato anch'egli di omicidio, ma, dotati del loro proverbiale
"materialismo investigativo", l'ineffabile coppia di
filosofi, riuscirà a risolvere anche questo caso. Più difficile
sarà risolvere il caso dei lupi mannari in Boemia e del traffico di
cadaveri di poveri operai, ordito nientepopodimentoche dal dottor
Frankenstein...ma si tratterà proprio di lui in persona, oppure di
un astuto piano per mettere in difficoltà la classe operaia ed i
suoi paladini ? L'ultima avventura vedrà solamente Friedrich
Engels protagonista. Karl Marx è ormai morto cinque anni prima, fra
le lacrime dell'inconsolabile amico. Siamo nel 1888 e a Londra
imperversa Jack Lo Squartatore, che uccide e sventara delle
prostitute nel quartiere di Whitechapel. Il fiuto del filosofo
riuscirà persino a risolvere questo caso e a far scomparire per
sempre il terribile assassino, difendendo, al contempo, l'onore
dell'opera di Karl Marx, del quale rimarrà sino alla morte custode e
depositario. Delle bellissime, spassose ed avvincenti storie noir,
con risvolti storici, politici ed economici interessantissimi. Dario
Piccotti ed Alvaro Torchio, ancora una volta, sono riusciti a rendere
vivi i teorici del pensiero comunista, rapportandoli alla realtà
dell'epoca, con, sullo sfondo, le memorabili figure di Bakunin,
Garibaldi, Mazzini, Hugo e dei tanti riformatori sociali di allora.
Riformatori che non avrebbero conosciuto, fortunatamente, l'orrore
del comunismo reale in Unione Sovietica, forse molto lontano persino
dalle ipotesi avanzate dallo stesso Marx, ma, ad ogni modo,
profetizzate da Giuseppe Mazzini. Il solo, l'inascoltato.
 Luca
Bagatin
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7 luglio 2012
Le indagini di Marx ed Engels
Karl Marx e Friedrich Engels. Che cosa vi fanno venire in mente ? Certo,
i massimi teorici del comunismo e del socialismo scientifico. Fini
filosofi ed economisti, per quanto non totalmente condivisibili, in
particolare nella nostra epoca. Il loro fu un sodalizio che andava,
purtuttavia, ben oltre l'attività politica ed intellettuale. Come
ricorda Eleanor Marx, figlia del celebre filosofo, i due erano uniti da
un profondo senso di amicizia, legata spesso da un fine umorismo che li
faceva ridere a crepapelle. Il lato umano, ma anche filosofico ed in
particolare umoristico del duo più celebre della Storia del comunismo, è
tratteggiato ottimamente da Dario Piccotti ed Alvaro Torchio, entrambi
laureati in Filosofia ed insegnanti di materie umanistiche. I due
autori, infatti, in "Marx ed Engels: indagini di classe"
(Rubbettino editore), immaginano il duo più celebre della Storia
imbattersi in efferati delitti ed in storie curiose, popolate di
spettri...ma davvero si tratta di fenomeni soprannaturali ? A
scoprirlo saranno gli stessi Marx ed Engels, che, indossati i panni di
investigatori per caso, riusciranno a risolvere cinque enigmi dai
risvolti sociali, psicologici e filosofici.
Nei racconti vedremo un Marx umile, a tratti iracondo, ma comunque innamorato della moglie e delle
figlie; mentre Engels, ricco industriale inglese, sarà più pragmatico e
meno idealista, ma immensamente generoso, particolarmente con l'amico. In "Delitti spiritico", Marx ed Engels si
imbatteranno in un illusionista in grado di far resuscitare i morti
ma...ecco che nel teatro ove ha luogo la rappresentazione, muore un
celebre membro della borghesia capitalista londinese !
In "Il vampiro assassinato", un celebre banchiere è trovato morto con un
paletto conficcato nel cuore all'interno del suo studio chiuso
dall'interno ! Per scagionare la classe operaia ecco pronti Marx ed
Engels ad investigare.
In "Indagine durante il congresso" ci troviamo in piena preparazione
della Prima Internazionale
dei Lavoratori, che avrebbe visto uniti per la prima volta marxisti,
mazziniani, socialisti ed anarchici. Purtuttavia uno del mambri di
spicco dell'Internazionale, Georg Eccarius, ha un problema grave da
risolvere: il suo futuro genero è stato coinvolto in un presunto omicidio.
Gli amici Marx ed Engels, saranno dunque pronti ad offrirgli i loro
servigi ed a scoprirne di più.
In "Spettri a Ramsgate", i padri del comunismo, si troveranno a
risolvere un caso, per così dire, dai risvolti "soprannaturali".
Purtuttavia il loro spirito positivista verrà loro in soccorso.
Per finire "Morte di un sovversivo", ove i due, giunti in Italia a
trovare Giuseppe Garibaldi, si imbatteranno nell'omicidio di un giovane
anarchico, seguace di Bakunin.
Lo stile dei racconti è impeccabile ed accattivante. Dei brevi "gialli
di classe" in tutti i sensi, quelli di Piccotti e Torchio, ove Storia,
analisi sociologica, economica, filosofica (da Kant ad Hegel passando
per Feuerbach) e politica si fondono con il genere giallo.
Racconti, quelli di Dario Piccotti ed Alvero Torchio, che proseguiranno
nel recente "Marx ed Engels, investigatori - Il filo rosso del delitto"
(Stampa Alternativa), che prossimamente sarà nostra cura recensire.

Luca Bagatin
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21 febbraio 2012
"Il lenzuolo del fantasma" di Bruno Auricchio, ovvero quell'inchiesta di Agostino Cordova che colpì dei cittadini onesti
Pochissimi sanno che, negli anni '90, un'inchiesta senza alcun
fondamento, introdusse in
Italia una nuova Santa Inquisizione. Una Santa Inquisizione guidata
dall'allora magistrato di Palmi Agostino Cordova, il quale scatenò una
vera e propria battaglia inquisitoria contro cittadini onesti, rei unicamente di appartenere alla
Massoneria. Di tutto ciò nessuno ricorda pressochè nulla, oppure si
continua ancora a nascondere la verità, nonostante ci
siano state sentenze definitive che hanno stabilito che Cordova aveva
torto marcio. Ma, oramai, molte famiglie e molte carriere erano state
distrutte. Storia di ordinaria ingiustizia in un Paese nel quale il
magistrato sembra avere ragione anche quando ha torto. Bruno
Auricchio, avvocato penalista veneziano, con il suo sagace saggio "Il
lenzuolo del fantasma" (Edizioni Giuseppe Laterza), con prefazione di
Luigi Danesin e del prof. Aldo A. Mola, racconta di quella terribile
inchiesta. E lo fa con tanto di documentazione alla mano, oltre che con
la sua consueta ironia, atta a smontare pezzo per pezzo le astruse
teorie del Cordova. Auricchio, innanzitutto, racconta chi è e che cosa
fa il massone e quali sono i suoi presunti "segreti" e ciò in
particolare a beneficio di chi di Massoneria non sa nulla, spesso per
sua cattiva volontà di approfondimento. Esistono infatti in
commercio, da sempre, un sacco di volumi su questa nobile istituzione
millenaria, alcuni riportanti anche i rituali dei suoi affiliati,
tutt'altro che segreti. Il vero segreto massonico, come spiega anche
l'Auricchio, risiede nel cuore di ciascun Iniziato, il quale, per mezzo
del cammino spirituale massonico e dei suoi rituali, modifica la propria
coscienza interiore. Il massone, in sostanza, non è forse
dissimile dal cattolico che, anzichè frequentare una Loggia massonica,
frequenta una Chiesa. Con l'unica fondamentale differenza che la
Massoneria non è una Chiesa e non presenta dogmi, bensì è una scuola
filosofica di libertà. Non si spiegherebbe, infatti, come mai siano
stati massoni numerosissimi letterati, musicisti, politici, condottieri,
sicenziati e persino religiosi. Fra i massoni famosi, infatti, troviamo
Oscar Wilde, Mozart, Buffalo Bill, Zapata, Garibaldi, Meucci, Fermi,
Bakunin e numerosissimi altri. Strano, forse, che queste cose il
magistrato di Palmi Agostino Cordova non le conoscesse, si chiede Bruno
Auricchio nel suo saggio e ce lo chiediamo noi stessi. E' peraltro
noto che le Obbedienze massoniche non sono affatto segrete ed i loro
elenchi possono essere accessibili, in qualsiasi momento, alle autorità
competenti. Bruno Auricchio, ad ogni modo, ricorda di come negli anni
'90 ci fosse grande fervore giudiziario. Furono anni nei
quali vi erano magistrati, come Antonio Di Pietro, che amavano mettersi
in gran mostra. Tutto ciò come se il sistema delle tangenti nel mondo
politico non fosse arcinoto e potesse essere debellato quarant'anni
prima ! Auricchio fa notare, inoltre, come il Consiglio Superiore
della Magistratura (CSM) sia da sempre un vero e proprio "parlamentino"
con tanto di fazioni ed ideologie politiche di riferimento, quindi
tutt'altro che lontano dalla politica partitica, come in realtà dovrebbe
essere al fine di garantire la totale imparzialità degli organi
giudicanti. Il CSM, infatti, è composto da: Magistratura Indipendente
(destra moderata); Unità per la Costituzione (centro); Movimento per la
Giustizia (di orientamento verde); Magistratura Demcoratica (sinistra). L'Italia,
in questo senso, rappresenta un caso unico al mondo di politicizzazione
della magistratura. Caso curioso, invece, il fatto che, con delibera
del CSM, in Italia sia stato fatto
divieto ad un massone di essere magistrato. Ma come ? Un politico può
fare il magistrato ed un cittadino che fa parte di un'organizzazione
spirituale e non politica non può ? Questo, come spiega l'autore de
"Il lenzuolo del fantasma", sembra "giustificato" - si fa per dire - dal
fatto che, nell'immaginario collettivo, "i massoni si aiutano fra
loro". Immaginario collettivo, appunto. Visto che invece abbiamo
assistito piuttosto a molti casi di "raccomandazione" perché il tizio
tale aveva la tessera del tal partito politico...piuttosto che perché
questo era massone o cattolico o ebreo, o buddhista. In tutto ciò
ecco giungere la sciagurata inchiesta Cordova, partita da Palmi, per poi
estendersi in tutta Italia, con gran nocumento dei cittadini onesti che
ne saranno ingiustamente colpiti. Agostino Cordova, magistrato,
evidentemente era completamente digiuno di Massoneria. Ipotizzò infatti
un "teorema" totalmente privo di qualsiasi fondamento e
disse: poichè qui in Calabria c'è la 'ndrangheta ed in Sicilia la mafia
che tramano contro la stabilità dello Stato, allora dietro a loro c'è
la Massoneria che trama nel segreto. Tutto ciò, ad ogni modo, era e
rimaneva un teorema astratto ed un magistrato non può certo basarsi su
congetture, bensì dovrebbe farlo per mezzo di prove concrete, indizi, magari raccolti da Polizia e
Carabinieri, prima di lanciare accuse ed inchieste. Ma il Cordova
aveva già stabilito che i massoni italiani erano tutti colpevoli e,
dunque, da inquisire. Fu così che si attivò per acquisire tutti gli
elenchi dei massoni italiani, alcuni dei quali finiranno anche in pasto
ai media, come se fossero una lista di proscrizione, fatta di
delinquenti abituali. Inutile dire che le più colpite furono le due
maggiori Obbedienze massoniche italiane: Grande Oriente d'Italia e Gran
Loggia d'Italia, con il maggior numero di iscritti. Persone comuni,
liberi professionisti, pensionati, operai.
Cittadini italiani paganti le tasse come tanti altri. Con la sola
"abitudine" di frequentare Logge massoniche per la loro evoluzione
spirituale ed interiore ! Fatto sta che, tutto ciò, dopo aver fatto
spendere alle casse dello Stato fior fior di quattrini per l'inchiesta
ed aver rovinato numerose famiglie e carriere, non portò a nulla. Nessun
reato era stato commesso. Come volevasi dimostrare: un teorema senza
prove, è e rimane una congettura. E fu così che - come documenta
Bruno Auricchio - la Suprema Corte di Cassazione stabilì che Agostino
Cordova aveva palesemente violato la Costituzione della Repubblica
Italiana agli Articoli 13 e 14, che stabiliscono che la libertà
personale ed il domicilio sono inviolabili e non sono ammesse forme di
detenzione, ispezione e perquisizione se non per atto motivato. Inoltre
il Cordova aveva violato gli articoli 247 e 253 del codice di procedura
penale. Purtroppo, però, il danno economico per le
casse dello Stato era ormai stato fatto e così il danno morale per i
cittadini ingiustamente coinvolti. Il 23 settembre del 2003, il
magistrato Cordova, sarà peraltro allontanato dal Tribunale di Napoli e
giudicato inadeguato. Nel saggio "Il lenzuolo del fantasma" si
racconta di tutto ciò e di molto altro. Si racconta di come il 17 febbraio
2004, la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo sancì il pieno diritto
dei magistrati di appartenere a qualsiasi associazione legittima e
quindi anche alla Massoneria.
Si parla della Legge
Spadolini-Anselmi e di come le Obbedienze massoniche italiane non siano
nè possano essere definite segrete. Si racconta di come un Paese che
vuole essere veramente civile e democratico, non possa minare il
principio di libertà. E di come i cittadini onesti, di qualsiasi fede
o orientamento siano, abbiano il pieno diritto di sentirsi liberi di
essere liberi.
 Luca Bagatin
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7 gennaio 2009
Storie sorprendenti di Liberi Muratori (certi e presunti)
Quaranta storie sorprendenti di ben quaranta Liberi Muratori sorprendenti. Storie di massoni dunque, divisi in tre precise epoche storiche: Secolo dei Lumi, Secolo delle Rivoluzioni e Secolo breve. Dal mistico Swedenborg al discusso Licio Gelli. Passando per Casanova, il Marchese De Sade, Bakunin, Garibaldi, Aleister Crowley, Salvador Allende e moltissimi altri. Così l'autore Lino Sacchi, massone anch'egli del Grande Oriente d'Italia e del Rito Scozzese Antico ed Accettato, con il suo “Storie sorprendenti di Liberi Muratori (certi e presunti)” (Edizioni L'Età dell'Acquario) ci conduce in un ironico e storico viaggio fra le vite più assurde della più misteriosa e famosa confraternita mondiale: la Massoneria. Incontreremo moltissimi mistici, occultisti, teosofi. Qualche ateo (strano a dirsi in un'istituzione che per regola non li accetterebbe), diversi rivoluzionari, intellettuali, romanzieri e persino un presunto satanista. E così approfondiremo anche l'evoluzione dell'Istituzione massonica: da club per nobili ed intellettuali a luogo di ritrovo di rivoluzionari dalle idee socialisteggianti e repubblicane sino ad avventurieri, ed ancora, amanti dell'occulto. Brevi biografie, per quanto trattino di innumerevoli figure sconosciute ai più. Figure sulle quali si getta nuova luce sulle ombre che spesso li hanno screditati (vedi Albert Pike, accusato dagli antimassoni di essere fondatore del Ku Klux Klan e di altre scempiaggini, quando in realtà fu fervente antirazzista e filantropo, oltre che grande studioso della Massoneria avendo dato alla luce peraltro il volumone “Morals and Dogma” ad uso anche dei profani). Un solo appunto sulla piccola biografia del conte Alessandro Cagliostro: Lino Sacchi sembra accettare la tesi che lo attesta come un imbonitore ed un imbroglione, quando egli pare fosse in realtà un Grande Iniziato, come attestato anche da fonti teosofiche e dalle ottime biografie “Cagliostro: il Maestro sconosciuto” di Pier Carpi e quella di Marc Haven. Certamente un ottimo manuale di facile consultazione per i lettori più attenti e curiosi.
 Luca Bagatin
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10 gennaio 2008
Renato Traquandi ed il suo Ideario Repubblicano
   Renato Traquandi di Arezzo è militante del Partito Repubblicano
Italiano di lungo corso, nonché parente stretto dell'eroe del
Partito d'Azione Nello Traquandi, le cui spoglie mortali riposano nel cimitero di Trespiano accanto a quelle di Carlo e Nello Rosselli, Ernesto Rossi e Gaetano Salvemini.
Assieme ad Aldo Chiarle (per quanto riguarda la tradizione socialista),
al prof. Nicola Terracciano (per quanto riguarda la tradizione
azionista) e a Massimo Teodori (per quanto riguarda il liberalismo
radicale), è una delle mie "icone laiche": un "mostro sacro" di
passione politica e culturale e per questo non posso fare a meno di
conservare ogni suo appassionante articolo che leggo sulla Voce
Repubblicana. Con Renato, sino a che non ha cambiato indirizzo di posta elettronica (non conosco ancora quello nuovo), ci siamo sentiti in più di un'occasione per scambiarci alcune opinioni e debbo dire che mi piacerebbe molto conoscerlo di persona per stringergli fraternamente la mano.
Il suo ultimo articolo, apparso sempre sull'organo ufficiale del PRI il 2 ed il 3
gennaio, è quello che segue: una vera e propria immersione nella
cultura mazziniana con gli occhi e l'esperienza di uno la cui scorza è
bella coriacea !

Luca Bagatin
    Ideario Repubblicano
Ho
aspettato due settimane dal convegno di Milano della Voce Repubblicana,
egregiamente tenuto alla fine del mese di ottobre del corrente anno,
con lusinghieri risultati, prima di mettermi al computer e buttar giù
quanto nei miei pensieri si andava arroccando da mesi. In altri
ambienti e in circostanze analoghe, persone alquanto a noi affini
sovente si interrogano sui quesiti dell’esistenza, fornendo, ciascuno a
suo modo, risposte variegate sul “ chi siamo, da dove veniamo, dove
vogliamo andare?” In questo tempo il Partito Repubblicano Italiano,
pur mai stato un partito così detto “ di massa”, è pressoché ridotto ai
minimi termini, e non soltanto rispetto al consenso elettorale, ma per
le esigue risorse e la scarsa presa che ancora riesce ad ottenere sul
fronte della agorà culturale, nazionale e non solo. Sono passati
oltre dodici decadi dai patti di fratellanza, dalla scapigliatura
repubblicana, dall’economia associazionista, ed oggi ancora il nostro
Partito può fregiarsi, senza peraltro essere smentito da chicchessia,
di essere il più antico tra le formazioni politiche italiane. Certo
che si, dal 1885 ad oggi, la società italiana è profondamente mutata,
ed anche il P.R.I. non è più quello che aveva posto al primo punto del
suo programma la forma repubblicana dello Stato. Nato come partito
formato da piccoli coltivatori, mezzadri, artigiani e piccoli
funzionari statali, in alcune regioni particolarmente ostili al potere
papale e regio, come la Romagna, le Marche, il Lazio e la Sicilia,
presto divenne un partito di respiro nazionale, in cui militavano anche
operai, impiegati, imprenditori ed intellettuali, assieme a qualche, se
pur minima, presenza di militari di carriera. La crescita delle
attenzioni verso le tematiche mazziniane e risorgimentali è sempre
stata vivace e penetrante, nelle variegate categorie che nel corso dei
decenni si sono andate formando nella società italiana. Se, dal 1831 al
1848, l’esigenza primaria era l’Italia una, libera, repubblicana, dalla
prima guerra di indipendenza alla prima guerra mondiale l’impegno dei
molti “progressisti” si incentrò sullo stato sociale delle classi e
sulle rivendicazioni operaie, le quali, sì, erano state ben messe in
evidenza da Giuseppe Mazzini, ma che non avevano ne il tempo ne la
voglia di evolversi attraverso la cultura e le buone azioni prospettate
dalla democrazia. Questo determinò situazioni di autentico disagio
tra militanti formatisi al repubblicanesimo per eredità familiare o
frequentazioni di ambienti a loro compatibili e i nuovi aderenti,
attratti da generica simpatia o solidarietà per gli atteggiamenti di
attenzione ai problemi politici, economici e sociali, ma privi di
maturazione ideologica. Durante tutto il periodo dello stato
monarchico, pervicacemente tenuto dalla famiglia francese dei Savoia,
poco amata dalla quasi totalità degli italiani, capitava spesso di
sentire militanti del partito repubblicano che sostenevano tesi
classiste o liberiste, alcuni si dichiaravano libertari, incentrando la
principale ed accanita loro lotta sul problema dei rapporti stato –
chiesa. E’ in quei decenni che nascono gli antagonismi e le
contraddizioni; i sudditi giustamente reclamano diritti, riconoscendo
alla dinastia sovrana il tributo dei doveri cui si assoggettano, e
quasi non si accorgono di assumere posizioni in netto contrasto con la
dottrina storica del P.R.I. , che non ha dogma univoci, come la presa
del potere da parte delle masse operaiste predicata dal marxismo, ne la
fede necessaria a credere in redenzioni ultraterrene, come il clero
asserisce.. Il P.R.I. non ha schemi prefissati, manifesti da divulgare,
testi sacri da esporre a laudazione, non presuppone schemi prefissati,
regolamentazioni utopistiche, meccanicismi deterministici: sotto questo
aspetto il P.R.I. è il vero erede della grande polemica tra Mazzini e
Bakunin e prende le distanze dai tanti seguaci di Marx e Engels. Ovviamente
il P.R.I. una sua dottrina ce l’ha, eccome! Non si tratta comunque di
utopia solitaria e agguerrita come quella social comunista, ne tanto
meno della rassegnata vocazione al martirio di chi crede che la
sofferenza terrena sia il viatico per il futuro celestiale della post
mortem, bensì del maturato convincimento che una preparazione
culturale, impermeata sulla conoscenza ed il progresso scientifico,
costituisca la base, in un ambito storico geografico quale quello
italiano, per il benessere di una comunità integrata. E’ divenuto
luogo comune tra gli storici definire la prima guerra mondiale
combattuta sul fronte del Carso, sull’Isonzo e sul Piave, come “ quarta
guerra di indipendenza”, tagliando corto, con questa lapidaria
definizione, ai disagi delle popolazioni della Corsica, dell’Istria, e
delle altre numerose zone dove forte è l’identità italiana. I
carbonari, gli aderenti alla Giovine Italia, i Martiri di Belfiore, i
fratelli Bandiera, Mazzini e il giovane Garibaldi si erano fatti tutti
un’idea diversa di come dell’Italia, una, libera e quindi repubblicana
e nel 1919 ancora non c’era ne il tempo ne la voglia di prospettare ai
più, e quindi raggiungere democraticamente questo obiettivo. Scrisse
Giuseppe Tramarollo, mitico e ineguagliabile presidente, nel periodo
tra il 1970 e il 1980 della Associazione Mazziniana Italiana, che per
tal motivo era componente d’onore del Consiglio Nazionale del Partito
che quella distinzione faceva del partito fondato da Giuseppe Mazzini
“… una formazione che può trovare similarità, ma non identità fuori
della penisola. Per il P.R.I. non ci sono possibilità di adesioni
dottrinarie e disciplinari come la internazionale socialista o quella
liberale o quella cristiana, per non parlare del rapporto
internazionalista dei partiti comunisti. Al Parlamento Europeo di
Strasburgo i deputati repubblicani, dopo aver aderito, per necessità di
collocazione, al partito socialista, hanno potuto benissimo aderire a
quello liberale, trovandosi, però, parimenti a disagio. Questo fa
del P.R.I. una formazione storica, e non storicista, estremamente
diffidente delle ricette universali valide per tutti i tempi e per
tutti i paesi; viene da qui la critica mazziniana al socialismo
utopistico anglo tedesco francese che è ben sintetizzata
nell’avvertimento ai delegati del Congresso di Roma del 1871 delle
Società Operaie , da cui uscì il celebre Patto di Fratellanza, che è la
prima organizzazione nazionale del lavoro italiano:….. ^^ Se
l’emancipazione operaia è universale, le diverse condizioni dei popoli
fanno diversi i modi e a ciascun popolo appartiene essenzialmente il
segreto della scelta di quei modi^^. Riconosce però che solo nella
fase della trasformazione dei sistemi, utili alla perdita dei poteri
monarchici e clericali, con l’avvento della democrazia e della
tecnologia, che sono prodotti della cultura e della ricerca
scientifica, la pregiudiziale del territorio e della popolazione ivi
cresciuta resti valida. Bisogna diffonderlo a chiare lettere che
fu Giuseppe Mazzini ad intuire che solo per un determinato lasso di
tempo la storia umana sarebbe stata determinata dal concetto etico
politico delle nazionalità., cioè in volontà politiche definite
linguisticamente, etnicamente, territorialmente…. “ La Patria sacra, oggi, sparirà forse un giorno, quando ogni individuo rispecchierà in se la coscienza dell’umanità”. Ancor
oggi, in piena globalizzazione, e lo dimostrano le recenti vicende
della decolonizzazione e de il sorgere dei paesi denominati “terzo
mondo”, la nazionalità dei popoli è ancora viva e vitale, con le sue
degenerazioni come nazionalismo, imperialismo, razzismo. Nella
disgregazione dell’imperialismo sovietico forte è stato il ruolo, quasi
sempre vincente, della nazionalità, che mai era stata domata dal
bolscevismo russo, che in settant’anni di potere assoluto aveva
praticato un vero e proprio genocidio linguistico, oltre che umano. Mazzini,
dunque, aveva disconosciuto il potere in mano alla chiesa, senza mai
rinnegare Dio, cui soleva coniugare i termini Patria e Famiglia, ed
ancora non accettava i fermenti internazionalisti, riconoscendo al
contempo con l’intuizione della Terza Roma e La Giovine Europa, i cui
postulati già presagivano l’abbattimento dei confini. Terzo
carattere del repubblicanesimo è il “laicismo”, che non significa
affatto anti clericalismo, divieto a svolgere e divulgare gli
insegnamenti religiosi, ma presa di distanza tra i problemi dello
spirito e la gestione della società civile; il Campanile per nutrire
l’anima e la Torre Civica per custodire al meglio la persona fisica,
secondo la tradizione umanistica classica. All’opposto della concezione laica dello stato c’è il modello confessionale. Confessionali
sono l’attuale stato italiano, come quello spagnolo, confessionali sono
gli stati arabi, che fondano la società civile sul diritto cranico,
confessionali sono i paesi marxisti, che hanno una pedagogia, una
estetica, una morale, prettamente di stato. L’ideale repubblicano
laico è quello dell’articolo 7 della Costituzione Repubblicana Romana
del 1849 che recita: “ Dalla credenza religiosa non dipende l’esercizio
dei diritti civili e politici”. Anche il 1° emendamento della
Costituzione U.S.A. è per noi positivo: “ Il Congresso mai potrà fare
alcuna legge per il riconoscimento di qualsiasi religione, tanto meno
proibirne il libero culto”. Pertanto ribadiamo con fermezza che il
laicismo professato dal P.R.I. non è indifferenza di fronte alla
esigenza religiosa dello spirito umano; questo atteggiamento nasce
invece da una concezione religiosa della vita umana, che rispetta la
personalità nei suoi diritti individuali ( libertà civili) e nelle
formazioni sociali ( famiglia, partito, associazione, chiesa). Dalle
cose dette fin qui, allora, il P.R.I. è un partito mazziniano? Solo al
Vate si ispirano tutti coloro i quali in questo partito operano? Certo,
nella cultura repubblicana in alta considerazione sono tenuti gli
insegnamenti mazziniani, ma come ben sanno i tanti che in questo
partito militano, nel P.R.I. è ben presente l’illuminismo di Cattaneo,
così come non sono mai stati cestinati i contributi di Bovio con il suo
idealismo, il positivismo di Ghisleri e Conti, il patriottismo
militaresco di Pacciardi. Se si riconosce la funzione portante del
Mazzini per l’unità d’Italia, e si è laici e democraticamente portati
al confronto culturale delle idee, oltre che favorevoli alla
divulgazione ed allo sviluppo della ricerca scientifica, si può
benissimo essere repubblicani. Non è invece possibile essere
repubblicani del P.R.I. e marxisti, repubblicani e anarchici, come
invece è possibile essere repubblicani e credenti, facendo fare al
cervello un sano lavoro di selezione con il sale del ragionamento. Un
altro concetto respinto dal repubblicanesimo italiano è quello di
sovrastruttura: diritto, morale, arte non sono sovrastrutture
dell’unica determinazione economica, ma categorie universali e
permanenti, anche se i contenuti variano secondo una precisa evoluzione
storica. Nell’ambito di questa concezione antimaterialistica,
antideterministica, antimeccanicistica c’è ampio spazio per il
liberalismo economico di Cattaneo, come per molti postulati del
socialismo democratico nord europeo. Contro il concetto totalitario :
“Tutto nello stato, tutto per lo stato, nulla contro lo stato”, il
repubblicano contrappone il motto mazziniano: “ Tutto per
l’associazione nella libertà”. Secondo l’etica repubblicana non è
l’economia la forza trasformatrice del mondo ma l’educazione e la
conoscenza, entrambe incentrate nel sistema scolastico prima e nelle
forme associative ( circolo, partito, sindacato) e istituzionali ( enti
locali, legislazione statale, pubblica e privata gestione delle
risorse. L’educazione scolastica resta fondamentale e spetta allo
stato, almeno nella fascia dell’obbligo, per formare i futuri cittadini
ed abituarli a capire il mondo che li circonda. Possiamo dunque
concludere che il P.R.I. è l’opportunità della cultura laica per il
senso dello stato e garanzia primordiale, perché senza repubblica non
c’è piena democrazia, non c’è piena libertà, non c’è progresso sociale,
non si risolvono i disagi civili e le problematiche di sviluppo del
mezzogiorno. Quale funzione può avere oggi il P.R.I.? Esiste una
continuità di comportamenti dei partiti politici italiani sul proscenio
partitico; tuttora il consenso viene ricercato secondo il principio del
voto di scambio. Il cittadino elettore domanda soddisfazioni: la
promozione nel posto di lavoro, l’aumento di stipendio, la pensione,
l’occupazione dei rampolli, la licenza edilizia, la pratica di condono,
il posto al ricovero per l’anziano genitore, e le mille e mille altre
soluzioni ai problemi di tutti i giorni. E le segreterie politiche si
organizzano e promettono l’interesse e la probabile soluzione. Il
P.R.I. offre agli elettori la possibilità del “ voto della ragione”
come Giovanni Spadolini definiva il consenso che al P.R.I. arrivò nel
primo lustro degli anni “80”, quando venne superata la vetta altissima
del 5%. Già Ghisleri, Conti, Pacciardi e La Malfa avevano
identificato per il P.R.I. una funzione illuministica, contro ogni
genere di fanatismo e ogni minaccia all’unità nazionale. Ghisleri
diceva che “…il P.R.I. è depositario di una dottrina più culturalmente
avanzata perciò liberatrice ed antagonista di quella marxista e di
quella cattolica”, ponendolo in prima linea contro il male maggiore di
oggi, che è quel modo di agire reso celebre dal principe di Lampedusa e
dal recente film Il Vicerè. Ricordate? Cambiare tutto per non cambiare
nulla. Brigare così, parlando di voler procedere a fare riforme, per
poi partorire sgangherate soluzioni a vantaggio dei soliti noti, non
porterà alcun vantaggio al Paese. Dall’una e dall’altra parte
delle sponde del bipartitismo si continua a parlare e a discutere
dell’aria fritta e del sesso degli angeli. Sta al Partito
repubblicano Italiano rompere ogni indugio e porre all’elettorato
risoluzioni al modello di società, di economia, di organizzazione dello
stato per l’energia, l’ambiente, il sociale, il diritto al lavoro e ad
una vecchiaia serena. Oltre che un patrimonio da salvaguardare abbiamo una reputazione da difendere!
Renato Traquandi
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