NOVITA’STORICHE NEL
MUSEO DELLA GRAN LOGGIA D’ITALIA
di Aldo A. Mola

Nella foto, a sinistra, il Sovrano Gran Commendatore Gran Maestro della Gran Loggia d'Italia prof. Luigi Pruneti e, a destra, particolare della sala del Tempio della GLDI
Paolo Thaon di Revel,
ministro della Marina nei primi anni del governo Mussolini e Duca del
Mare, cinse ai fianchi il grembiulino di massone e, col 33° grado,
fu membro del Supremo Consiglio del Rito scozzese antico e accettato.
E’ una delle rivelazioni offerte dal Museo della Massoneria, aperto
da martedì 10 luglio in Roma, a Palazzo Vitelleschi (via S. Nicola
de’ Cesarini 3), sede della Gran Loggia d’Italia, che in questi
giorni ospita l’Associazione internazionale dei musei massonici.
Oltre a cimeli, libri rari, diplomi, un ritratto autografato da
“Joseph Mazzini” e molti gioielli di loggia, il Museo anticipa
alcuni dei ventimila e più nomi elencati in registri matricolari
tra il 1915 e il 1925. Il Piemonte vi ha parte di spicco. Tra gli
affiliati alla Gran Loggia figurano infatti Vittorio Valletta, che
per decenni fu lo stratega della Fiat e rimase al suo comando anche
quando, su istigazione di Giorgio Amendola, i “partigiani”
volevano ammazzare sia lui sia Giovanni Agnelli, “epurato” dal
rango di senatore ed estromesso dall’impresa da lui stesso fondata.
Era un’Italia difficile quella: va ricordato in tempi nei quali si
rischiano risparmi e proprietà, ma almeno la vita pare ancora al
sicuro.
Tra altri massoni
iniziati o regolarizzati nelle file della Gran Loggia, di
orientamento monarchico e “istituzionale”, figura il poi
Maresciallo d’Italia Ugo Cavallero, di Casale Monferrato: una terra
che dette molti militari, da Tancredi Saletta a Pietro Badoglio
(massone secondo Dunstano Cancellieri, ma senza prova documentaria) e
Angelo Gatti (iniziato alla “Propaganda massonica”). In una
loggia di Torino entrò Italo Balbo, che poi passò alla “Savonarola”
di Ferrara, alla quale aderì Edmondo Rossoni, massimo sindacalista
mussoliniano, massone all’indomani della dichiarazione di
incompatibilità tra Logge e Partito nazionale fascista. Della
“Cavalieri di Scozia” di Torino fece parte Matteo Ceirano,
pioniere dell’industria automobilistica, come suo fratello
Giovanni Battista (che invece fu membro della “Giordano Bruno”).
Tante storie diverse, perché così è degli uomini: puntini nello
Spazio.
Fortemente voluto da Luigi
Pruneti, gran maestro della Gran Loggia, e arricchito con la sciarpa
massonica di Ernesto Nathan, sindaco di Roma, lettere di Pietro
Nenni, Filippo Turati, Carlo Rosselli e una miriade di documenti, il
Museo della Gran Loggia non ha certo la dotazione dell’Archivio
Segreto Vaticano, però, grazie ad Annalisa Santini, presenta tutte
le bolle di scomunica della massoneria, da Clemente XII a Benedetto
XIV, da Pio VIII a Leone XIII: umori antichi, lontanissimi dalla
serenità espressa da papa Benedetto XVI all’ascolto della Nona
Sinfonia di Ludwig van Beethoven, la “più massonica” tra le
opere del grande compositore.
Questi cimeli illustrano
quasi tre secoli di massoneria in Italia, un Paese su questa
frontiera un po’ attardato rispetto a Gran Bretagna, Francia e alla
stessa Spagna che conta una banca dati perfettamente ordinata, un
Museo virtuale e un corso di laurea in storia della massoneria presso
l’Uned (Università nazionale di educazione a distanza).
Iniziative culturali di
questo taglio diffondono tolleranza in un Paese nel quale qualcuno
ancora sospetta che i massoni abbiano volto di capro e coda di
Belzebù. L’antimassonismo – ricorda Daniel Pipes in Il
Lato oscuro della storia (Lindau)
- è sempre stato il balsamo di chi crede al “grande complotto”
quale motore della storia. Quando le cose vanno male si cerca un
capro espiatorio anziché domandarsi chi dove come e quando ha
sbagliato. Credere nel Maligno è più comodo che capire e fare con
senso di responsabilità. E’ quanto insegna questo Museo. Esso non
impone, propone. Non detta ma dialoga e auspica il concorso di chi
serba documenti e voglia valorizzarli. La storia d’Italia è fatta
anche di queste carte, di simboli, gioielli indossati da persone che
dettero via alla grande Italia, dal Settecento di Vittorio Alfieri
all’Ottocento di De Sanctis Carducci e Pascoli, al Novecento di
Quasimodo, Totò, Claudio Villa ( affiliato alla P2 di Licio Gelli!)
e tanti altri come il saluzzese Nino Bolla, scrittore e
sceneggiatore, monarchico tutto d’un pezzo, affiliato alla Loggia
Nazionale, o Curzio Malaparte. Quanto ne traluce, anche da una visita
sommaria, dice che questo Museo non è sepolcreto di anticaglie ma
vita.

Aldo A. Mola