27 ottobre 2012
L'invito di www.lucabagatin.ilcannocchiale.it al NON voto in Sicilia
Di fronte alla presenza di 32 indagati in pressoché tutte le liste
(salvo il M5Stelle di Grillo) presenti alle elezioni amministrative
siciliane di domani; di fronte ad un fronte unico, da destra a
sinistra, di continuità con le politiche nefaste di questi anni attuate da Raffaele Lombardo ed infine, di fronte alla
ingiusta mancata presentazione della lista civica "LeAli alla Sicilia"
guidata dal giornalista Davide Giacalone , il presente blog invita TUTTI gli
elettori onesti della Sicilia a NON ANDARE A VOTARE. Al fine di non essere complici di questo sistema di illegalità e di omologazione a volontà oligarchiche. Riportiamo di seguito anche le dichiarazioni di Società Aperta, il movimento politico-culturale guidato da Enrico Cisnetto ed un articolo di Davide Giacalone. Buon NON voto, nel segno della trasparenza e del coraggio.
L.B.
Da Terzarepubblica, organo di Società Aperta
A
proposito di Sicilia, due parole sono dovute per quel tentativo – la
lista “LeAli alla Sicilia” capitanata da Davide Giacalone – che Società
Aperta ha condiviso e sottoscritto con entusiasmo, e che non ha nemmeno
varcato la soglia del voto. La lista non è stata ammessa: per la
presenza di un candidato con la fedina penale sporca – salvo aver
scoperto dopo che trattavasi di un clamoroso caso di omonimia – e per un
ritardo nella presentazione delle firme raccolte, segno di un deficit
organizzativo e di risorse che certifica come in queste circostanze la
buona volontà non sia sufficiente. Giacalone ci ha provato a combattere a
mani nude contro chi le aveva piene di soldi, ed ha comunque vinto –
anche senza essere presente al voto – per essere riuscito a marcare la
differenza tra chi è portatore di idee e di progetti e chi, invece,
sguazza in quel potere che ha portato la Sicilia al disastro. È poco e
molto, nello stesso tempo. Dopo il voto, che sarà comunque significativo
per quanto potrà poi accadere in Lombardia e nel Lazio e quindi a
livello nazionale, sarà il caso di ripartire da quel “tanto” senza per
questo dimenticare le ragioni di quel “poco”.
 Domenica si aprono le urne, intanto hanno chiuso, chiudono e chiuderanno
le aziende. Da ultimo quelle edili, che hanno deciso di fermare tutti i
cantieri pubblici, perché la regione, in Sicilia, è già fallita e non
paga. Né pagherà. Farà solo crescere il debito. Per avere un’idea della
campagna elettorale, nell’isola, basterà osservare che di questo, vale a
dire del problema più grosso e pressante, neanche s’è parlato. Quando
si conteranno i voti ci saranno due sconfitti, un profittatore e un
vincitore.
1. Il centro destra ne uscirà sconfitto perché c’è entrato spappolato. I
vertici nazionali hanno sperato di evitarlo, piegandosi a candidare
Gianfranco Micciché. Lo annunciarono ufficialmente, dimostrandosi
incapaci di capire che un pezzo del loro mondo non lo avrebbe mai
digerito e che lo stesso Micciché era ormai preso nel gioco di Raffaele
Lombardo. Eppure hanno sperato di tenerlo, accettando che fosse Micciché
a indicare la seconda scelta: Nello Musumeci. Non è bastato, la rottura
s’è consumata. Così non hanno l’unità, non hanno una candidato forte,
non hanno una linea politica. Dietro Musumeci c’è il vuoto. Accanto a
Musumeci c’è un Angelino Alfano che spera di vederlo vincere, in modo da
trovare la forza per affermare la propria leadership, anche in vista
delle primarie. Mentre Musumeci è un galantuomo figlio di una cultura
estremista, la cui campagna elettorale (come anche quella della
sinistra) s’è ridotta a fare il verso alle cose più scialbe e
insignificanti dell’antipolitica. Sono onesto, dice di sé. Bella cosa,
ma gli servirà a nulla con la regione in deafult e privo di maggioranza.
2. Il centro sinistra perderà le elezioni, perché anche su questo fronte
la spaccatura è insanabile: in Italia il Pd è alleato di Sel e diviso
dall’Udc, in Sicilia è alleato dell’Udc e diviso da Sel. Se vincessero
non sarebbe una vittoria della linea della segreteria nazionale e se
perdessero sarebbe una sua sconfitta. Non una bella prospettiva. Se
Rosario Crocetta dovesse prendere un voto più di Musumeci si troverebbe a
governare con i lombardiani. Se ne prenderà uno in meno si verificherà
la rottura con i casiniani. Un obbrobrio trasformista. Dietro Crocetta
ci sono liste più solide di quelle che accompagnano Musumeci, anche
perché il mondo degli affari ha guardato più a sinistra che a destra.
L’ex sindaco di Gela si fa un vanto della propria esperienza
amministrativa, ma il posto dove lo voteranno meno è proprio la sua
citta. Lo conoscono. In un dibattito pubblico disse che i dipendenti
regionali in esubero potrebbero essere assunti nei comuni. Delirio,
unito alla consapevolezza che ragionare seriamente non porta voti.
3. I lombardiani osservano la campagna dei due perdenti che si
contendono la falsa vittoria, e si fregano le mani. A guidare la terza
compagine c’è un Micciché pronto a dire qualsiasi cosa, compreso
lisciare il pelo all’indipendentismo. Ma rischia: la trattativa di
potere, una volta chiuse le urne, tornerà nelle mani di Lombardo. Posto
che Lombardo e Micciché, alleati, si disprezzano con sicula passione. Il
presidente uscente, che intanto piazza il figlio, ha una posizione
forte: l’Udc è il suo partito d’origine; il Pd è quello che lo ha
appoggiato; il Pdl quello che lo ha portato alla presidenza. O fanno un
accordo fra di loro, assai improbabile, o uno di loro deve mettersi
d’accordo con lui. Intanto si toglie uno sfizio: mentre gli altri negano
il default, bollandolo come persecuzione delle demoniache forze
nordiche (lo dissero anche a me, che sono siciliano), lui fa dire ad un
suo assessore (Armao) che è imminente. Ma per colpa degli altri. Fossimo
al circo, non resterebbe che applaudire il giocoliere. Purtroppo è il
circo ad essere in noi.
4. Il vincitore delle elezioni è Beppe Grillo, che ha fatto una campagna
perfetta. Ha saputo parlare alla pancia degli elettori di destra, che
considerano ripugnante questa politica. S’è rivolto a quelli di
sinistra, dimostrando facilmente che non sono i loro beniamini gli
antagonisti dell’affarismo e del malgoverno, posto che alcuni ne sono i
protagonisti. Ha fatto un fischio alla marea di elettori che non provano
alcun gusto a votare, invitandoli a portare il pernacchio nell’urna. Si
dice: non ha proposte e programmi. Ne ha più degli altri, se è per
questo. Ma è una discussione inutile: vince perché dimostra che gli
altri sono in stato confusionale, nonché di saper sfruttare la
confusione. Per il resto, Parma docet: mica vuol governare.
Leggo analisti e politici che dicono: attendiamo le elezioni siciliane,
per capire e orientarci. Ma che minchia ci dovete capire? Un’accozzaglia
di perdenti popolerà un Parlamento regionale senza sapere cosa fare e
lasciando affondare l’economia. Leonardo Sciascia vedeva avanzare la
“linea della palma”. Qui una politica agonizzante vedrà dilagare la
linea della salma.
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