18 settembre 2014
Roberta Valentini: una donna gentile con l'anima guerriera. Per la serie: colloquiando con Luca Bagatin
“Avevo 26 anni ed allora vivevo un
periodo sentimentale travagliato” - così esordisce lei,
bionda, occhi azzurri, con il suo fare un po' ingenuo ma determinato
- “fu allora che sognai di trovarmi in una foresta del Sud
America, in piena guerriglia. Nel sogno ero insieme all’uomo che
frequentavo in quel momento, alla mia amica del cuore ed il suo
allora fidanzato. Ad un certo punto, trovandoci in piena guerriglia,
non sapevamo più che fare e come ritornare nelle nostre case !”.
La mia curiosità aumenta e lei
prosegue nel raccontarmi il sogno: “Arriva alle mie spalle una
donna nera, un'enorme donna nera tutta nuda. Mi prende per mano e mi
conduce con lei, staccandomi dai miei amici e dalla persona che a
quel tempo faceva parte della mia vita, che evidentemente rimangono
preda della guerriglia”.
Immagino la scena. E' chiaramente la
Donna Selvaggia, quella che le è apparsa in sogno.
Roberta, dunque, prosegue: “Le
corro dietro e ad un certo punto mi trovo in un lungo corridoio con
una finestra in fondo. La donna nuda apre la finestra e al di sotto è
situata una ferrovia. Mi invita dunque a buttarmi sopra al treno che
sta per passare. Io salto e rimango sdraiata sul tetto del treno,
finché non giungo in una stazione tranquilla e piena di gente”.
Bel sogno davvero, Roberta !
Lei è Roberta Valentini e, quando la
conobbi ormai non molte sere fa a casa di un comune amico, ne rimasi
affascinato. Il suo sogno mi aveva davvero colpito proprio perché
del mito junghiano della Donna Selvaggia avevo parlato nel mio ultimo
saggio, “Ritratti di Donna”.
Ed ora ecco arrivare Roberta e non
posso non intervistarla, visto anche che facciamo lo stesso mestiere,
per quanto in settori molto diversi.
“Qualche tempo dopo il sogno che
feci, iniziai come a rinascere e decisi di seguire un corso –
finanziato allora dalla CEE - dedicato a ragazze che volevano
diventare giornaliste nel settore della moda”. Ho sempre amato la
moda, al punto che mia sorella mi chiama “la Regina dei saldi”!
Il corso durò nove mesi e subito dopo fui contattata per entrare a
far parte della redazione della rivista settimanale per teenager
“Cioè”. Successivamente diventai redattrice del settimanale di
gossip “Vip”, allora diretto da Paolo Mosca e vi lavorai sino al
2012. Poi c'è stato il picco discendente, anche se proseguo con le
mie collaborazioni giornalistiche”.
E' difficile per tutti, Roberta. La
crisi...i lettori sono sempre meno...il gossip poi... Cerco di
rassicurarla e proseguo, con fare sincero: so che tu lavori nel
gossip, ma ti dirò che personalmente non lo amo proprio.
“Eh, Luca, ti dirò che a me il
gossip becero disgusta. Preferirei parlare dell'anima delle persone,
più che dei loro pettegolezzi. Vorrei che le storie che racconto, le
storie delle persone che intervisto, possano essere di insegnamento
al lettore”.
So che hai intervistato Costantino
Della Gherardesca – le chiedo - un tipo molto arguto, mi pare.
“Sì, Costantino è una persona molto carina. L'ho intervistato
via Skype e mi ha raccontato della sua paura per gli spazi aperti,
l'agorafobia, che per molti versi è riuscito a vincere partecipando
a Pechino Express, che oggi conduce”.
Interrompo un attimo Roberta e cerco di
cambiare discorso, fumando ormai il mio secondo sigaro, incuriosito
dalla mia interlocutrice. Dicevamo prima che è difficile, oggi,
lavorare nel mondo del giornalismo...
“Eh già ! Ho quarant'anni e passa
e mi trovo a vivere come una venticinquenne, senza certezze !”.
Ma da dove ha origine questa crisi,
secondo te ? Le chiedo a bruciapelo.
“Secondo me un po' è una scusa
per pagare meno il dipendente. Poi c'è da dire che anche internet,
in questo senso, ha fatto sì che molti giornali perdessero ampie
fette di mercato. Oggi poi tutti vogliono apparire, sgomitare,
emergere anche a scapito degli altri... A me questa cosa non piace
molto ! Sarà che ho un'anima un po' naif ed ingenua, ma l'ambizione
non fa per me. Amo scrivere, anche perché è meglio che andare in
miniera, diciamocelo !”
Ridiamo di gusto alla battuta, e non
possiamo dire che non sia vera.
Poi le pongo la mia ultima domanda. Il
pomeriggio a chiacchierare e ad intervistarla scorre ormai via, così
come il fumo dei miei sigari Antico Toscano. Che ne pensi
dell'universo femminile ?
“Penso che purtroppo ci sia troppa
competizione e poco lavoro di squadra. A volte anche troppi
pettegolezzi, specie con le donne della mia generazione. Preferisco
relazionarmi con donne più piccole di me di qualche anno,
sinceramente”.
Penso che tutto sommato abbia ragione e
a dirlo è uno come me che ama davvero le donne e cerca di penetrarne
il mistero.
Oggi, quantomeno, ho cercato di tirare
fuori, svelare, per molti versi, l'anima di Roberta. Una donna
gentile con l'anima guerriera. Una Donna Selvaggia, a suo modo.
 Luca Bagatin (nella foto con Roberta Valentini)
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9 settembre 2014
Intervista esclusiva di Luca Bagatin al musicista Fabio Mengozzi: fra esoterismo e spiritualità
Di Fabio Mengozzi scrissi già alcuni
anni fa un articolo, che inserii anche nel mio primo saggio,
“Universo Massonico”, edito da Bastogi e con prefazione del prof.
Luigi Pruneti, allora Sovrano Gran Commendatore della Gran Loggia
d'Italia degli ALAM ed oggi Grande Oratore della stessa.
Fabio è, prima di tutto, un caro amico
con cui chiacchiero spesso di spiritualità, esoterismo e talvolta
anche di politica. Chiacchiero come fanno amabilmente due amici,
senza preconcetti né bandiere da difendere.
Fabio è un musicista di fama
internazionale che conosco da tempo. Classe
1980, di Asti, Mengozzi si è diplomato in pianoforte all'età di 19
anni al Conservatorio di Torino, presentandosi da privatista.
La
particolarità della sua musica, a sfondo esoterico, è che si avvale
delle relazioni matematiche fra le note, ovvero dei procedimenti
numerici cari a Pitagora per trasformare i numeri in musica. In
questo senso, come scrissi già nel mio precedente articolo dedicato
alla sua musica, egli ha realizzato - ispirandosi alla mistica
swedenborghiana - "Dieci frammenti celesti", una
composizione fatta di sonorità inedite e mistiche (ascoltabile anche
su youtube), realizzata, oltre che con il pianoforte, anche con
bulloni, viti, gomma e cartone, secondo il metodo ideato dal
compositore John Cage.
Fabio
Mengozzi mi ha confessato che per lui “il
Numero và colto per il suo significato qualitativo oltre che
quantitativo”.
Ed esso è inevitabilmente necessario nelle composizioni musicali, in
particolare se si rifanno alla Tradizione, alla spiritualità, alla
gnosi.
Non
posso inoltre dimenticare che Fabio, dopo l'articolo in cui parlai
delle sue opere, me ne dedicò una, ovvero “Segreta Luce”.
Composizione originale nella quale è possibile scorgere mistici
significati in essa celati.
La
musica di Fabio Mengozzi sarà peraltro co-protagonista delle
celebrazioni dell'Equinozio d'Autunno, il 20 settembre, organizzate
come ogni anno dalla Massoneria del Grande Oriente d'Italia,
Obbedienza di Palazzo Giustianiani, da poco retta da Stefano Bisi.
La
serata, prevista appunto per il 20 settembre prossimo presso la Villa
del Vascello in Via di San Pancrazio 8 a Roma, sede del GOI, prevede
un potpourri di composizioni atte a rappresentare i Quattro Elementi
naturali: Fuoco, Acqua, Aria e Terra.
Nella
fattispecie la composizione per pianoforte di Fabio Mengozzi – dal
titolo “Poema della Luce” - per la prima volta eseguito in
pubblico ed eseguito da Francesco Attesti, vuole rappresentare
l'elemento del Fuoco.
Oggi
ho la possibilità di porre qualche amichevole domanda a Fabio, per
approfondire la sua musica e le sue connessioni con l'universo
esoterico e spirituale.
Luca
Bagatin: Bene
Fabio, sappiamo già che sei un musicista di una certa fama e che sei
anche una delle poche persone che, nel nostro Paese, si occupa di
musica a sfondo esoterico. Come nasce, innanzitutto, questo tuo
interesse ?
Fabio Mengozzi: Innanzitutto
vorrei dare una definizione al termine “esoterico”, di che cosa,
in sostanza, stiamo parlando. Nell'immaginario collettivo il
termine esoterismo assume non di rado una valenza negativa, evoca
superstizioni, talismani o chissà quali oscure pratiche e ciò a
causa della cattiva interpretazione che talvolta ne viene data. In
realtà, per buona pace di coloro i quali non appena sentono parlare
di esoterismo sobbalzano inorriditi sulla sedia, tutti gli esseri
umani - sebbene in modo diversamente consapevole - partecipano in
qualche maniera ad un certo livello di esoterismo. “Esoterico”
infatti non significa altro che “nascosto”; dire che si è
“esoterici” significa semplicemente descrivere persone
consapevoli del fatto che, oltre all'apparenza, oltre al mondo
percepito dai cinque sensi, esiste anche un livello ulteriore, il cui
significato e valore sono celati, nascosti in ogni cellula del
Creato. Un livello della cui esistenza, tra l'altro, non è difficile
far esperienza e nel quale tutti si sono a vario titolo imbattuti. In
un certo senso potremmo dire che se l'uomo avesse ceduto alla
tentazione di non interpretare il mondo, si fosse accontentato della
realtà così come essa si presenta senza sondarla in alcun modo, se
egli non avesse mai sperimentato l'anelito verso la conoscenza di ciò
che appariva nascosto ai suoi occhi, allora sicuramente non si
sarebbe verificato alcun progresso e la civiltà sarebbe ferma ad
un'epoca così primordiale che il fuoco, le cui scintille erano
invisibilmente celate nello sfregamento di due pietre, di fatto non
sarebbe mai stato scoperto. Era necessario, in quell'epoca
preistorica come oggi, essere animati dal desiderio di non
contentarsi di quanto appare, ma lasciarsi pervadere dalla curiosità
di “andare oltre”, di accedere ad una realtà che si presume
esistere, benchè non chiaramente manifesta, ma tale da poter essere
indagata. Oltre il velo dell'apparenza, nella natura come nell'uomo
esiste “qualcosa d'altro”, altri significati che, a mio avviso,
sarebbe disonorevole non voler tentare di conoscere ulteriormente. Si
pensi, per esempio, al moto fluttuante delle onde del mare o al
vagare instabile delle nuvole nel cielo, oppure ancora si presti
attenzione a come avviene la crescita ordinata delle piante. Tutti
fenomeni di fronte ai quali istintivamente nasce il desiderio di
porsi un interrogativo sull'origine del Creato e sulle segrete regole
su cui si fonda, poiché si
intuisce che deve necessariamente esistere un qualcosa di celato che
ha fin dal principio animato la realtà che ci circonda. Similmente,
spostando la nostra attenzione dalla realtà esterna verso il nostro
interno, possiamo approcciarci alla realtà invisibile del mondo
interiore e, anche in questo caso, ravvisare, intuire, che si celano
in noi profondi abissi inesplorati. Questo perché noi partecipiamo
dell'universo, cogliamo la fattezza misteriosa della realtà che ci
circonda, e in qualche modo riusciamo a percepirci inseriti in un
Progetto superiore ben ordinato. Tuttavia, il semplice afflato non è
sufficiente a restituirci il senso ultimo delle cose, rimanendo la
realtà per noi ancora indecifrabile. E' necessario impegnarsi,
guardare al di fuori come all'interno di noi stessi e porci nella
giusta disposizione per, umilmente, cercare di comprendere di più
rispetto a quanto della Verità appare in superficie. Ecco allora che
il termine “esoterico” viene, in quest'accezione, restituito alla
sua dignità, e non spaventa ma anzi seduce e accarezza il
nostro intelletto e il nostro cuore. E' il desiderio di penetrare il
mistero che ogni cosa avvolge ad aver condotto gli uomini, fin dalle
epoche più remote, a ricercare il Vero e l'esoterismo è una via
che, ammettendo l'esistenza di una realtà “altra” racchiusa in
quella apparente, rappresenta un ausilio in questa estenuante
ricerca. Nel mio piccolo ho tentato,
attraverso la mia opera compositiva, di impiantare i semi della
concezione esoterica nell'ambito musicale. La mia musica è infatti
un organismo stratificato, ovvero esistono vari livelli di
comprensione dei significati sottesti: uno più esteriore che è
rappresentato dalla mera componente uditiva, ed al quale tutti
possono accedere; poi vi è un livello più profondo che è quello in
cui trova spazio la componente architettonica, vivificata
dall'applicazione di procedimenti numerici e simbolismi, il tutto
regolato dalla Sezione Aurea; infine, un livello ulteriormente
occultato nell'abisso, nel cuore dell'opera, e che nulla ha a che
vedere con l'aspetto musicale in sè. “Chi cerca di penetrare nel
Roseto dei Filosofi senza la chiave, sembra un uomo che voglia
camminare senza i piedi”, scriveva Michael Maier nella
sua Atalanta Fugiens, e similmente anche per accedere ad
ognuno dei vari livelli di cui è costituita la mia musica si deve
certamente possedere la giusta chiave; tuttavia
tengo a precisare che, contrariamente a quanto si potrebbe essere
indotti a ritenere, questa musica non è rivolta unicamente agli
specialisti del settore: il mio intento è esattamente quello
opposto, ovvero conciliare una profonda e complessa struttura
compositiva con un risultato sonoro apparentemente “semplice”, in
modo tale da non risultare destabilizzante per l'ascoltatore. Ne
sortisce una musica “falsamente non-complessa” che uditivamente
restituisce all'ascoltatore solamente una parzialità del tutto, che
in realtà è invece estremamente elaborato. Chi, per amore della
ricerca, desidererà addentrarsi nei meandri di queste architetture
musicali, potrà tentare di spingersi sino al cuore dei miei brani
musicali, intraprendendo un viaggio che, mi auguro, possa in qualche
modo arricchirlo spiritualmente. Giacché, almeno per me, il senso
ultimo della nostra esistenza e della nostra Arte consiste nel
sondare noi stessi e tutto il Creato, alla ricerca del Vero.
Luca
Bagatin: Il
Grande Oriente d'Italia, storica Obbedienza massonica, ha scelto di
far eseguire – per la prima volta in pubblico – una tua
composizione. Che ne pensi di questa scelta e come nasce ?
Fabio Mengozzi: Sono davvero
onorato che un mio lavoro possa essere presentato in un contesto così
prestigioso. E' infatti doveroso ricordare che del Grande Oriente
d'Italia fecero parte anche musicisti del calibro di Puccini, oltre
che numerosi illustri artisti e poeti quali Carducci e Quasimodo.
L'occasione di presentare il mio brano nell'ambito dei festeggiamenti
con i quali ogni anno il Grande Oriente d'Italia festeggia il XX
Settembre e l'Equinozio autunnale, è nata dalla mia consolidata
collaborazione con il pianista cortonese Francesco Attesti, un
musicista davvero raffinato ed intelligente, che ha fin dall'inizio
creduto nel mio lavoro, commissionandomi il “Mysterium” che ha
poi portato in tutto il mondo. Sono felice che sia proprio lui a
tenere la prima esecuzione assoluta del mio “Poema della Luce”,
oltretutto a Roma, città nella quale una decina di anni orsono ho
compiuto i miei studi di perfezionamento presso l'Accademia Nazionale
di Santa Cecilia, ed alla quale sono ovviamente molto legato.
Luca
Bagatin: Il
tuo “Poema della Luce”, che sarà eseguito, come abbiamo detto,
dal musicista Francesco Attesti, vuole
rappresentare l'elemento naturale e magico del Fuoco.
Ovvero ? Puoi spiegarci - per sommi capi - il significato più
profondo di tale tua composizione ?
Fabio Mengozzi:
“Poema della Luce” costituisce il terzo e conclusivo brano di
un trittico che ho voluto dedicare al tema della Luce. Nel primo dei
brani, “Segreta Luce”, l'Uomo ravvisava occultato in sé qualcosa
di recondito e superiore; con il secondo, “Ascensio ad Lucem”, si
mette allora in cammino nel tentativo di ricongiungersi all'Uno, il
Principio primo da cui ogni cosa scaturisce. “Poema della Luce”
rappresenta infine la descrizione della Luce, giammai raggiunta, ma
osservata “a sprazzi”, a frammenti, e sempre passando per le
tenebre che la precedono. Il brano, che nel frontespizio reca un
frammento tratto da “De docta ignorantia” di Nicola Cusano, si
articola dunque attraverso quattro episodi, viaggi, che
progressivamente avvicinano il peregrino verso la Luce, la quale
parzialmente infine appare al termine del brano, immobile, sotto
forma di suoni acuti. La composizione si regge sull'Ordine che
scaturisce dalla Sezione Aurea, e il materiale è organizzato
attraverso procedimenti di tipo numerico.
Luca
Bagatin: In
passato ti sei ispirato molto a Emanuel Swedenborg, noto scienziato,
mistico e massone svedese del XVIII secolo, al fine di comporre la
tua musica. Che cosa ti affascina della mistica swedenborghiana ?
Fabio Mengozzi: Ho conosciuto
l'opera di Swedenborg grazie ad un carissimo amico e immediatamente
sono stato colpito dalla cultura enciclopedica di questo grande
pensatore, così come dall'imperante misticismo di cui sono
impregnati i suoi scritti. La dottrina delle corrispondenze, in
particolare, mi ha molto affascinato: Swedenborg la espose nella sua
opera monumentale “Arcana
Cœlestia”, che consta di ben otto volumi. Il principio, volendo
brutalmente sintetizzare, è quello per cui esiste una corrispondenza
molto precisa tra realtà materiale e realtà spirituale. Da queste
letture ho tratto spunto e suggestioni per ideare “Dieci frammenti
celesti”, un brano che è stato eseguito nel 2012 a Victoria, in
Canada.
Luca Bagatin: Il XX
Settembre, le varie Obbedienze massoniche, celebrano l'Equinozio
d'Autunno, ovvero l'inizio dei lavori di Loggia. Purtuttavia sappiamo
bene che il XX Settembre è una data importante, in quanto ricorda la
Breccia di Porta Pia, ovvero la caduta del potere temporale dei Papi.
Che significato assume, per te, il XX Settembre oggi ?
Fabio Mengozzi: La
Breccia di Porta Pia concretamente è consistita nell'apertura di un
varco, in altri termini nell'abbattimento di un muro, ma noi sappiamo
che esistono molti e vari muri, non solo fisici ma anche culturali.
Simbolicamente il muro rappresenta un elemento di separazione, un
ostacolo al libero fluire ed alla inclusione, una forma di
isolamento: l'uomo animato dal pregiudizio elegge dunque il muro a
strumento per tenere lontano da sé le persone e le cose che non
conosce, e che spesso teme per ignoranza, o per inconscia invidia. In
questo senso, nella società contemporanea non è difficile trovare
esempi di “nuovi muri”, che è purtroppo l'uomo ad erigere, con
lo scopo di separarsi da un altro uomo: questi muri hanno ampiamente
dimostrato di possedere un enorme potere distruttivo, i cui effetti
paiono essere ben più pericolosi dei danni prodotti dai colpi
d'artiglieria esplosi nel 1870 a Roma. Si pensi a come l'uomo,
creatura meravigliosa e sacra, cada sciaguratamente nell'errore più
miserabile, ovvero non comprendere di essere - oltre che individuo -
una parte integrante del Creato, cellula di un unico macrorganismo
assieme a tutti gli altri uomini e ad ogni altra creatura.
Ritenendosi “separato” dalla natura, opera una scissione
artificiale in virtù della quale spesso non ha remore nel compiere
il male, sia verso gli altri uomini che verso la natura, poiché
invero per ignoranza non comprende che ogni azione volta a
danneggiare un altro essere vivente è a tutti gli effetti un gesto
di autodistruzione, un male che quell'uomo fa a sé stesso: “Chi
compie il male, fa un danno a sé stesso”, diceva Socrate.
Personalmente credo che nessuno di noi si amputerebbe di propria
volontà un braccio, oppure si caverebbe un occhio, tuttavia spesso
noto che a molti non rincresce affatto essere Caino nei confronti dei
propri simili. Noi esseri umani, tutti quanti assieme, siamo un unico
essere e, in un certo senso, un Dio in divenire: se si avesse nozione
del fatto che noi tutti costituiamo un unico organismo vivente, se
l'Umanità fosse consapevole che tutti siamo fratelli poiché
proveniamo da un medesimo Principio primo al quale infine
confluiremo, allora si comprenderebbe pure l'autolesionismo insito
nel compiere il male verso un altro fratello. I muri moderni, sono
perciò questi: quelli dell'ignoranza, dell'egoismo, sono quelli
dell'intolleranza, del fanatismo e della superficialità; e le “nuove
brecce” dovrebbero essere aperte con l'Etica, con l'Amore, con la
Fratellanza.
Luca
Bagatin: La
musica che componi possiamo dire che sia in grado, per molti versi,
di risvegliare la coscienza interiore degli ascoltatori ? Qual è, a
tuo parere, il “potere”, per così dire della musica sacra,
intesa come espressione di significati nascosti, celati, esoterici e
mistici ?
Fabio
Mengozzi: Oggi viviamo in un'epoca
segnata dall'inarrestabile ascesa del progresso tecnologico,ma come
contraltare alla possibilità di poter facilmente disporre di tali
innovazioni, possiamo osservare l'espandersi a macchia d'olio di un
impoverimento spirituale molto grave, una sonnolenza che
inevitabilmente, se non si verificheranno cambiamenti significativi,
rischia di relegare l'Uomo ad una condizione di totale mancanza di
consapevolezza spirituale. Una condizione disumana. L'avvento di una
civiltà de-sensibilizzata verso il sacro è qualcosa che mi turba.
Quando l'elemento spirituale viene obliato, la vita rischia di
trascinarsi giorno per giorno il peso della nostra totale adesione
alla materialità. Le
arti, a questo proposito, certamente possono contribuire a mantenere
viva la parte spirituale che è in noi, salvandoci da una sorta di
“precariato spirituale”. Io mi occupo
di musica sin da quando a quattro anni scrissi il mio primo brano e
posso garantire che la musica, almeno per me, ha sempre rappresentato
una meravigliosa via di approfondimento e di arricchimento interiore,
un'àncora di salvezza dalla banalità che spesso ci circonda.
Pertanto consiglio vivamente a tutti di approcciarsi alla musica, con
serietà, con profondità, con intento ricettivo e parimenti invito
ad essere consapevoli della portata spirituale che è racchiusa in
essa. La tua domanda è dunque molto interessante, ma rispondervi non
è semplice.
Riguardo al potere della mia
musica, debbo però confessarti di non avere certezza riguardo al
fatto che essa sia effettivamente in grado di risvegliare nel
profondo la coscienza interiore di chiunque si trovi ad ascoltarla;
forse può essersi in taluni casi avvicinata a farlo o magari persino
riuscita. Sicuramente ciò non può valere per tutte le persone,
poiché esistono varie sensibilità e disposizioni. Ovviamente, io
avrei grandissimo piacere se, con la mia musica, potessi trasmettere
qualcosa di positivo e di utile ad altre persone. Nel corso degli
anni ho avuto modo di parlare con gli ascoltatori dei miei brani e
non nascondo di essere rimasto lusingato dai loro pareri quand'essi
erano di matrice spirituale. Mi è capitato di ricevere e-mail da
persone che, in Germania o negli Stati Uniti, avevano ascoltato i
miei brani e volevano conoscere qualcosa di più riguardo al mio
metodo compositivo. Certo queste conferme mi hanno reso intimamente
felice, e paiono deporre favorevolmente rispetto alla possibilità
che la mia musica esalti aspetti spirituali che possano venire colti
dagli ascoltatori. Ed è anche mia abitudine spesso sollecitare amici
e colleghi ad esprimermi le loro personali impressioni a seguito
dell'ascolto dei miei brani, proprio al fine di confrontarmi con le
diverse sensibilità. Tuttavia, in ultima analisi, credo che il
compito di un artista sia quello di guardare principalmente dentro sé
stesso e, in questo senso, per rispondere alla tua domanda, posso
dire che il mio lavoro compositivo rappresenta un'esigenza che esiste
preminentemente nell'intimo del mio essere, una mia necessità,
un'operazione che metterei in atto anche se dovessi essere l'unico al
mondo a poterla comprendere ed apprezzare, in quanto il mio fine è
la ricerca di ciò che è elevato, celato e superiore.
 Luca
Bagatin
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2 settembre 2010
"Teosofica.org: il sito ufficiale della Società Teosofica Italiana": articolo di Luca Bagatin tratto dal numero 6 di "Secreta Magazine" del dicembre 2009
Teosofica.org: il sito ufficiale della Società Teosofica Italiana
di Luca Bagatin
tratto dal numero 6 di "Secreta Magazine" del dicembre 2009  
Il simbolo della Società Teosofica ed i suoi fondatori: Madame Helena Petrovna Blavatsky ed il colonnello Henry Olcott
Che cos'è la Teosofia ?
Forse è più facile e semplice
cominciare con il dire che cosa non è.
Non è una religione, non è una
filosofia, non è una scienza.......e allora ?
Radha Burnier, attuale Presidente
Internazionale della Società Teosofica ha coniato la seguente
definizione: 'La Teosofia non è un genere di filosofia vuota, o
una nuova setta o religione, ma ha a che fare con l'imparare qualcosa
sulla vita e con la realizzazione della sua bellezza e del suo
significato. Quelli che la lavorano in questo senso diventano una
luce che irradia amicizia e armonia, gentilezza e amore in atto verso
tutti. Se quello che studiamo non porta un tale cambiamento sulla
qualità delle nostre relazioni e del nostro atteggiamento, allora
c'è qualcosa che manca nel nostro modo di capire la Teosofia'.
Anticamente,
la Teosofia, o sapienza divina era
considerata la dottrina cardine per entrare in contatto con il Divino
per mezzo dell'esperienza mistica.
Fu nel
1875, allorquando l'occultista russa Helena Petrovna Blavatsky ed il
colonnello americano H.S. Olcott, fondarono in India - nei pressi di
Madras - e successivamente a New York quella che denomineranno
Società Teosofica,
che essa divenne un'Istituzione o Ente Morale. Entrambi ispirati dai
Mahatma orientali Koot Hoomi e Morya.
Non è qui nostro
compito addentrarci nello specifico nella dottrina esoterica della
Società Teosofica, che è ad ogni modo composta da un sincretismo di
insegnamenti vedici, buddhisti, cristiano-esoterici e neoplatonici, i
cui fini ultimi sono fondamentalmente tre: formare un nucleo della
fratellanza universale dell'umanità senza distinzioni; incoraggiare
lo studio comparato delle religioni, filosofie e scienze ed
investigare le leggi inesplicate della natura e le facoltà latenti
nell'uomo.
Vogliamo
qui semplicemente presentare un sito dalla grafica semplice e pulita,
oltre che dai ricchi contenuti teosofici: parliamo di
www.teosofica.org
, ovvero quello della Società Teosofica Italiana, la quale fu
fondata nel 1902 ed ha sede nazionale a Vicenza, in Viale Quintino
Sella.
Il
sito si presenta dunque - in home page
- con l'immagine della copertina mensile della Rivista della Società
stessa. E dunque è modificata ogni primo giorno del mese. Immagine
accanto alla quele troviamo la riproduzione delle due colonne che si
trovano all'ingresso della sede della Società Teosofica
Internazionale - ad Adyar in India - e che recano rispettivamente le
iniziali dei due fondatori: HSO (Olcott) e HPB (la Blavatsky).
Colonne che, allegoricamente, si riferiscono in qualche modo alle
colonne Boaz e Jakin del Tempio di Salomone.
Poco
più sotto troviamo, ordinatamente disposte, le varie sezioni del
sito: Società Teosofica
(che
dà una panoramica sulla storia della Società) all'interno della
quale troviamo delle ottime sotto-sezioni:
Dichiarazione del principi dell'Associazione;
Libertà di Pensiero;
Libertà dalle Identificazioni; Significato del
nome Teosofia; L'emblema della Società Teosofica, con
una minuziosa spiegazione dei simboli esoterici che lo compongono
come il Serpente, il Sigillo di Salomone, la Swastika, la Croce
Ansata; Alcuni elementi del metodo teosofico,
nella quale riscontriamo una descrizione dei principi di tolleranza,
assenza dell'interesse economico e trasparenza; Qualche
nome di teosofo famoso,
con un ampio elenco di teosofi famosi che si sono distinti nei vari
campi: dalla letteratura (come L.F. Baum, Yeats, Lewis Carroll
ecc...) passando per la scienza (es. Thomas Edison), la psicologia
(es. Roberto Assagioli), la pittura (es. Gauguin), la politica (es.
Annie Besant, Gandhi), e altri ancora come Maria Montessori che nel
suo metodo d'insegnamento adottò ed applicò il metodo teosofico.
Proseguendo
nell'analisi delle sotto-sezioni
in
questione troviamo ancora: Gli scopi della
Società Teosofica;
L'Organizzazione Generale della S.T.,
ovvero i suoi organi dirigenti ed elettivi, le sue proprietà ed i
suoi Centri di Studio e Ricerca; La Società
Teosofica Italiana,
ovvero gli anniversari da essa festeggiati, nonché il suo indirizzo
e recapito telefonico; I Maestri di saggezza ed i
discepoli,
ovvero il concetto di Maestro e Discepolo in Teosofia; Fratellanza,
ovvero il significato profondo della Fratellanza teosofica,
comprendente anche un testo dell'eminente esponente della Società,
reverendo Leadbeater. Per finire abbiamo la sotto-sezione
Disinformazione su Teosofia e Società Teosofica,
che getta luce su tutto il ciarpame che si racconta in giro, specie
su certi media mistificatori, della Teosofia come una setta e dei
teosofi come dei cospirazionisti.
Tornando
a bomba, le altre sezioni
di
Teosofica.org
riguardano i Libri
e la letteratura teosofica (divisi
in: testi introduttivi, medi, specialistici, superiori, etici,
letterari, in modo da permettere al profano
e/o
al neo-associato di approfondire gradatamente le tematiche trattate);
Eventi e Convegni
(area
riservata ai soci ed ai profani per mezzo di un'apposita
registrazione
on-line)
per essere sempre aggiornati sugli appuntamenti principali della
S.T.I.; Indirizzi
Internazionali,
con l'elenco ed i relativi indirizzi e recapiti mail di tutte le Sedi
internazionali della Società Teosofica e del suo Quartier Generale;
Rivista Italiana di
Teosofia,
che è l'organo ufficiale mensile della S.T.I.. Ed in questa sezione
possiamo trovare l'indice degli articoli e le tematiche spirituali ed
esoteriche trattate - mese per mese - dal Segretario Generale Antonio
Girardi e da autorevoli soci o collaboratori;
Galleria Storica che
comprende un excursus storico della Società, la sua origine,
l'elenco dei Presidenti Internazionali dalla sua fondazione ad oggi,
una piccola biografia di Madame Blavatsky e del colonnello Olcott, la
storia della Società Teosofica Sezione italiana, una piccola
galleria di immagini di teosofi famosi e dei convegni teosofici
d'oggi, nonché i primi verbali della prima convocazione della
Sezione italiana del 1902.
Immancabile,
fra le sezioni, la presentazione de “La Dottrina Segreta” di
Helena Blavatsky, che, assieme a “Iside Svelata”, è considerata
la Bibbia della
Teosofia. Gli Spunti
di riflessione,
con dottissimi articoli scaricabili in pdf
sui principali testi e principi teosofici, sui Misteri di Eelusi e
sulla vita di Madame Blavatsky (molti dei quali scritti dallo storico
Segretario Generale, il triestino Edoardo Bratina).
Per
finire abbiamo gli indirizzi delle Sedi
e Gruppi teosofici
italiani, presenti praticamente in tutte le Regioni d'Italia ed i
Contatti, con
un apposito modulo on-line con il quale poter porre domande,
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direttamente alla Sezione italiana della Società Teosofica (e vi
garantisco che la risposta arriverà pressoché immediata).
Teosofica.org
è dunque il classico sito di un'Associazione – per quanto
esoterica o spirituale - dei suoi principi e dei suoi scopi. Un modo
per immergersi in una realtà purtroppo ancora oggi scarsamente
conosciuta dai
più,
ma che è patrimonio della nostra Storia e di quella dell'Umanità
intera.

Luca Bagatin
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30 agosto 2010
"MACCHE' GENIO ! SE ERA SOLTANTO UN BIDONE" di Pier Carpi
E SE LEONARDO DA VINCI FOSSE STATO UN INCAPACE ? presentazione di Luca Bagatin
Chi è abituato a leggere questo mio blog, sa che ho da sempre una
profonda ammirazione per il compianto scrittore, giornalista, regista e
fumettista Pier Carpi.
Tale ammirazione nasce dal fatto che egli, oltre ad avere utilizzato
nelle sue opere uno stile romanzesco, si è sempre occupato di personaggi
controversi (Leonardo da Vinci, Cagliostro, i Kennedy, Licio Gelli....)
e sempre con punti di vista nuovi, documentati, diversi da quanto "la
vulgata" ha voluto raccontarci di loro.
Oggi, a curarne la memoria e gli scritti, oltre alla moglie Franca
Bigliardi, c'è l'amico Salvatore Vaglica, con il quale sono in contatto
da un anno e che recentemente mi ha fatto pervenire questo scritto
inedito su Leonardo da Vinci, appunto.
Lo scritto non è tutto sommato lungo, ma la documentazione raccolta da Pier Carpi è sicuramente notevole.
Personalmente non prendo posizione in merito. Mi limito solamente ad offrirvi un ulteriore strumento di approfondimento.
 Luca Bagatin
MACCHE' GENIO ! SE ERA SOLTANTO UN BIDONE di Pier Carpi
Furbo e intrigante, non fu né ingegnere né architetto, non capiva
nulla di matematica e di anatomia, plagiò le sue celebri invenzioni, non
conosceva l'affresco ed era semianalfabeta. Ecco come la storiografia
più aggiornata ha ridimensionato il mito leonardesco. 
Messer Liunardo da Vinci, il nostro geniale Leonardo, poteva
diventare il più grande pittore di ogni tempo. Sicuramente fu uno tra i
massimi disegnatori. Ma rinunciò alla carriera per motivi venali: il
mestiere di "dipintore" non rendeva abbastanza e gli artisti vivevano
alla giornata nelle loro botteghe, come testimonia lo stesso Verrocchio,
quando si lamenta che " un cuoco guadagna più di un dipintore". non
aveva torto, poichè alla sua morte, trovò sepoltura soltanto grazie alla
generosità di un ricco allievo, che ospitò il suo corpo nella cappella
di famiglia. Botticelli e il Ghirlandaio non ebbero miglior fortuna. Scrive Kenneth Clark,
uno dei massimi esperti vinciani, dell'Università di Yale : " Possiamo
presumere che Leonardo, al pari di altri giovani di talento, trascorse
gran parte della sua vita a non fare assolutamente niente ". Infatti,
quando Leonardo venne assolto nell'ingiusto processo per sodomia,
Verrocchio rimane stupito nel vedere che, nonostante la non più giovane
età, non si decideva ad aprire bottega per conto suo. Non sapeva che il
maturo allievo aveva ben altri progetti. Arricchire, e alla svelta.
Intanto, pensava di vendicarsi di colui che lo aveva denunciato all'urna
di Palazzo Vecchio. E preparava un veleno, iniettando sostanze in un
alberello, che avrebbe germogliato pesche letali e che lui avrebbe fatto
pervenire al suo calunniatore. non sappiamo se il progetto giunse a
termine. Ma sappiamo pultroppo che Leonardo, rinunciano al mestiere di
dipintore, sprecava il suo unico talento, riscontrabile oggi in
pochissime opere, come la Monna Lisa, la Vergine delle Rocce e la
Sant'Anna. Altri quadri, come La Vergine e il bambino ( orribile per i
vistosi errori anatomici ) il San Giovanni, Il Bacco Androgino, sono
decisamente brutti e comunque in gran parte opera di suoi allievi. Da
tempo il mito leonardesco è stato scalfito da studiosi qualificati
tutt'altro che di parte, come il vinciano professor Auguste Koyré, dell'
Istitute For Advanced Studies di Princeton, che scrive: " Benché
Leonardo sia stato definito un grande scienziato e studioso, i moderni
storici respingono quasi unanimemente tale interpretazione" . Eppure
l'agiografia continua a presentarci un Leonardo. Come genio assoluto,
summa scientifica, faro del Rinascimento. Si improvvisò scultore,
combinando disastri e non scolpi mai nulla, perché ne era incapace. Si
tramandava la sua leggendaria fama di architetto e costruì soltanto una
stella. Si favoleggia delle sue invenzioni e armi segrete, che furono
plagi di lavori già noti o banali fantasticherie, e quando si tentò di
attuarle portarono al ridicolo. Si parla di lui come di grande
ingegnere, ma si limitò a tentare una ridicola e costosissima deviazione
dell'Arno, che non si poté terminare perché contro ogni legge
scientifica e naturale. Odora ancora di zolfo per la sua fama di
astrologo, ma lasciò scritto di ritenere l'astrologia una gran fandonia,
e le sue imprese occulte furono a metà tra la sete di vendetta e il
puro intrattenimento per le corti compiacenti. E' considerato un grande
anatomista, per i suoi studi e disegni sul corpo umano, e invece non ne
capiva nulla : per fortuna rimasero i disegni, i migliori della sua
produzione. Lo si saluta come l'ideatore del volo umano, ma i suoi
tentativi, basati su antichi disegni altrui, caddero nel ridicolo.
tutt'al più si può parlare di Leonardo come del precursore del mondano
deltaplano, Inoltre era semianalfabeta, scriveva in modo rozzo quanto
presuntuoso, con macroscopici errori e con linguaggio contadino. Afferma
il professor Giorgio De Santillana, dell'Università di Harvard, nel suo
A man without letters, dedicato al problema specifico : " Leonardo
scrive esattamente come i contadini del suo tempo e come quelli odierni.
La sua ortografia è quella di una domestica" Il fatto di scrivere da
sinistra a destra era considerato da lui un codice impenetrabile e,
accanto a simili ingenuità non lesinava gli incensamenti alla propria
grandezza, alla smania di gloria e soprattutto di denaro. Leonardo si potrebbe definire
con la famosa frase di Robespierre : Che cos'è questo miscuglio di
genio e volgarità ? " certamente era in buona fede, rafforzato dalla
massima presunzione . Sentendosi genio incompreso. Sentendosi genio
incompreso e inaccettato, fece in modo di essere compreso, accettato e
ben pagato, senza essere un genio. In questo riuscì grazie alla sua
capacità istrionesca di convincere chiunque delle proprie fantasie, col
talento di un moderno press-agent di se stesso. Sapeva vendersi bene,
non esitava a bluffare e anche a barare e soprattutto seppe essere un
cortigiano impareggiabile. Si scatenava nell'allestire feste e fuochi
d'artificio, spettacoli e divertimenti per il signore di turno, mentre
sceglieva sempre il partito migliore, nelle diverse fazioni. Tagliò le
gambe ai nemici, fu sempre puntiglioso e vendicativo, come ricorda in
The tragic pursuit of perfection, l'esperta vinciana Antonine Vallentin :
" Leonardo aveva una sua irresponsabile passione per i tiri mancini "
Capì che il successo era dovuto alla protezione delle grandi amanti, e
se ne fece servo, lacchè, persino ruffiano, non esitando a cambiar
padrona non appena una prediletta cadeva in disgrazia.Tutto questo per
un solo scopo : vedere riconosciuti i suoi meriti di onnisciente, di
genio dei geni. Se fece di tutto, sbagliando sempre, fu per la sua
smania di arrivare, di stupire, di arricchire: solo una immensa fortuna,
pensava e scriveva, gli avrebbe consentito di dedicarsi alle grandi
opere in ogni campo dello scibile, che altrimenti non avrebbe potuto
compiere. Purtroppo non fece nulla: ci ha lasciato pochi quadri, molti
bellissimi disegni e tante follie disegnate e descritte nei suoi celebri
codici. Ma tra tutti, c'è rimasto il suo capolavoro: Leonardo, lui
stesso, la luce del Rinascimento. Era riuscito almeno in questo, a
creare la propria leggenda. Il suo semianalfabetismo è dovuto al fatto
di aver appreso a leggere e a scrivere dalla modesta matrigna Albiera,
che in seguito morì di parto. Trascurato da un padre che lo odiava, il
giovane Leonardo frequentò poco la scuola, per disertarla poi
completamente. presto a bottega dal Verrocchio, cerco di rifarsi da
autodidattica, ma commise l'errore di studiare sul testo De re militari
di Vitruvio. Non imparò né latino né italiano, ma fu affascinato dalle
armi e dalle macchine di guerra, tanto da plagiare da quel testo antichi
congegni bellici di cui si attribuì l'invenzione. A bottega, lavorava
poco e malvolentieri, soprattutto alle tavole del Verrocchio. Molti sono
i lavori di quel periodo attribuiti a Leonardo. Forse, l'angelo del
Battesimo di Cristo, ma esperti come Morelli, Thiis, Cruttwell,
Grizzoni, Siren e Bodner negano che gli altri dipinti a lui attribuiti
siano di sua mano, in particolare l'Annunciazione, già erroneamente
attribuita al Ghirlandaio, i due ritratti della Vergine e il quadro
della dama nobile, attualmente negli Stati Uniti, nel museo di Detroit,
il cui curatore, il professor W.R. Felentiner, dichiara : " il primo
dipinto senza alcun dubbio di mano di Leonardo è lo schizzo
dell'Adorazione dei Magi, da lui eseguito all'età di trent'anni". Il Verrocchio, che
aveva simpatia per il non più giovane allievo che non concludeva nulla,
lo presentò a Lorenzo il Magnifico, sollecitandogli un incarico.Ebbe un
anticipo vistoso, di ben venticinque fiorini, per dipingere un San
Bernardo in una pala d'altare. Molte altre volte prese anticipi e non
realizzò nessun lavoro, facendosi anche condannare dai tribunali. Non
aveva ancora iniziato la pala quando, dopo la congiura dei pazzi e la
dichiarazione di guerra a Firenze da Parte di Papa Sisto, vide la
possibilità di mettere finalmente in mostra il proprio genio. Presentò
alla Signoria i suoi progetti di armi micidiali e di macchine belliche,
garantendo la sconfitta nemica. Ma il Gonfaloniere respinse il tutto,
sottolineando come si trattasse di strumenti già in uso presso gli
antichi Persiani e gli stessi Romani, inattuabili e addirittura
pericolosi. Tra gli altri, il vecchio sistema persiano di mettere lame
alle ruote dei carri di guerra, per falciare la cavalleria nemica. Già
all'epoca venne scartato poichè otteneva l'effetto opposto, quello di
distruggere i carri amici e di falciare la propria cavalleria.
Consigliato di dedicarsi alla pala, naturalmente tornò ai suoi studi,
alla ricerca della grande scoperta che potesse renderlo famoso. Si
impegnò negli studi scientifici e nelle elaborazioni matematiche,
credendo di aver raggiunto risultati eccezionali. Scrive il matematico
George Sarton dell'università di Havard, nel suo Art and science:
"Nonostante tutte le asserzioni del contrario, Leonardo non era un
matematico. nel prodigioso campo della matematica era unicamente in
grado di brancolare come un cieco". infatti, fini per costruire uno
stravagante strumento musicale, un liuto, che incuriosì Nannina
Rucellai, sorella di Lorenzo. Il Magnifico, che non voleva saperne di
Leonardo che lo aveva truffato con una pala d'altare, poi con una
seconda, per la quale aveva versato un altro forte anticipo senza vedere
nulla, fu costretto dalla sorella a ricevere il genio. Ascoltò
l'esibizione con quello strano strumento e colse l'occasione per
liberarsi di Leonardo: si disse pronto a pagarlo, purché fosse lui
stesso a recarlo in dono a Ludovico Sforza, a Milano. Leonardo arrivò
così alla corte ducale, carico di sogni e di progetti. Il liuto doveva
essere soltanto la chiave per entrare nel cuore del nuovo signore e
assumere ben altri ruoli di protagonista. Il duca ricevette Leonardo,
ascoltò annoiato l'esibizione con il liuto e lo congedò. Ma il genio
trasse all'iprovviso un documento e pretese di leggerlo, tra la noia
generale: in esso, con una presunzione incredibile, si presentava come
detentore di segreti di guerra, ingegnere matematico, architetto,
scienziato in ogni campo, persino come scultore. Sapendo che il duca
aveva in progetto la costruzione di un monumento equestre in bronzo in
onore del padre, si disse in grado di eseguirne uno impareggiabile, lui
che non aveva mai scolpito nulla. Ma nessuna sua proposta colpì Ludovico
: né le armi da guerra, come le navi inattaccabili dagli esplosivi e
dal fuoco, né le bombarde a retrocarica, né i ponti mobili, né il
monumento equestre. Non offrì nessun posto al postulante e lo congedò
bruscamente. Sarebbe stata la miseria, se alcuni individui non avessero
trovato per il genio un forte anticipo per la solita pala d'altare che
non sarebbe mai stata dipinta.
Quando a Milano esplose la peste Leonardo si buttò con impegno a
risolvere il problema. Per avere un idea della sua follia, oltre che
dell'inconsistenza delle leggende che lo vogliono esperto in medicina e
grande architetto, basterà ricordare le idee che lui propose al duca,
per debellare il flagello. partendo dall'assurda convinzione che la
peste si trasmettesse via aria, consigliò semplicemente di radere al
suolo Milano e far costruire al suo posto, dieci città, di trentamila
abitanti l'una, da sistemare lungo il Ticino. Le disegnò
puntigliosamente: una parte in superficie, per i ricchi, una parte
sottoterra, per i poveri. Sistemò le fognature con scarico nel Ticino,
dimenticando che in estate, con l'abbassamento delle acque, i risultati
sarebbero stati terrificanti. E non curandosi del fatto che i poveri
delle città sotterranee dovessero vivere nelle fogne, al buio. Non
ricevette mai risposta, mentre gli arrivavano pressioni per la pala
d'altare nemmeno iniziata. Però riuscì ad avvicinare l'amante del duca,
Cecilia Gallerani, ottenendo di farle il ritratto. Attraverso lei, ebbe
finalmente l'incarico di realizzare il monumento equestre a Francesco
Sforza. Accettò con incoscienza: detestava la scultura, non aveva mai
scolpito , non sapeva nulla della fusione in bronzo. Non solo, ma non si
curò del fatto che tutti gli artisti già interpellati avessero
rifiutato l'incarico, per l'impossibilità di fondere in bronzo una
statua dalle dimensioni enormi, come il duca pretendeva. Anzi, sbalordì
tutti con l'annuncio che la sua statua sarebbe pesata cinquantamila
chili e il suo cavallo, senza il cavaliere, sarebbe stato alto quindici
metri e in grado di reggersi soltanto sulle sue zampe posteriori. Una
follia da realizzare in due anni. Due anni dopo, non c'era nulla,
nemmeno dei disegni, tanto che il duca protestò con Lorenzo de' Medici,
chiedendo che mandasse qualcuno a eseguire il lavoro al posto di
quell'incapace. Il Magnifico non trovò in Firenze un solo scultore che
accettasse di sostituire o aiutare Leonardo, a nessun prezzo, e si
limitò a inviare due disegni del Pollaiuolo, che il genio naturalmente
buttò via con disprezzo. Stava per essere licenziato quando, per sua
fortuna, in vista delle nozze del figlio del duca, si ammalò l'addetto
ai festeggiamenti e assunse quel ruolo.Nel quale seppe dare il meglio di
se stesso, facendo dimenticare cavallo e pala. Risale a quei giorni
l'unica opera architettonica veramente eseguita da Leonardo. Una
scuderia per cavalli arabi, per conto del generale Sanseverino,
comandante dell'inesistente esercito di Milano. Vezzeggiato a corte,
prese a vestirsi con eleganza, a impomatarsi e incipriarsi e persino a
lavorare. Rimise mano al cavallo con altri sistemi, ridimensionandolo ma
non cambiando nulla, e riprese i suoi studi di anatomia. Basta vedere i
disegni del tempo, per constatare quanta fosse la sua ignoranza in
materia. Nella celebre rappresentazione del coito, nel pene sono
disegnati due canali, uno per sperma e urina e un altro per una non
meglio precisa anima. Intanto il duca cambiò amante e Leonardo si
affrettò ad attaccarsi a lei, per non perdere il posto di festaiolo di
corte, abbandonando la vecchia benefattrice. E ottenne l'incarico di
dipingere la celebre Ultima Cena. Aveva accettato con la consueta
incoscienza, poiché non aveva mai dipinto su muri e non conosceva
nemmeno i rudimenti della tecnica. Intascò l'anticipo e pensò ad altre
invenzioni, che potessero arricchirlo: una industria con macchine capaci
di affilare aghi, in grado, scrive lui stesso, di fruttargli ben
sessantamila fiorini l'anno; un orditorio, ancora più redditizio, quindi
una macchina per cuscinetti a rulli. Ma ecco la realtà scuoterlo: il re
di Francia marciava alla conquista di Milano. Doveva salvare il ducato e
le sue prebende, fece progetti di difesa, disegnò macchine di guerra.
Ma ricevette soltanto l'incarico di sistemare i tubi di riscaldamento
nel bagno della duchessa. Ridotto a idraulico, rinunciò. Ma solo perché
non era riuscito a risolvere nemmeno quel piccolo problema. Inoltre era
preoccupato per l'Ultima Cena, che già andava sgretolandosi, perdendo i
colori, deformandosi. L'opera è celebre e sin troppo lodata, ma in
effetti è molto brutta. Il famoso critico Bernard Berenson tra i massimi
esperti vinciani, scrive "E' un'assordante, fragorosa lite su una pizza
di mercato napoletano ". Il disegno è sbagliato, con vistosi errori di
calcolo, estremamente rozzo, per un dipinto privo di senso religioso e
platealmente teatrale. Già guardando le mani si può capire quali siano
gli errori del disegno di base. Come scrive Kenneth Clark, già poco dopo
che l'affresco fu ultimato, il muro era già screpolato e crepato in
modo disastroso. Ciò che vediamo dell'Ultima Cena " è oggi in gran parte
opera del tempo e dei restauratori. Le smorfie sono solo ciò che il
tempo e il restauro ci hanno lasciato ".Incapace di risolvere il
problema idraulico della duchessa, Leonardo ottenne udienza da Ludovico.
Ci fu una lite per compensi arretrati, dopo le proposte per il fallito
monumento, ma il duca temeva soprattutto i francesi. Chiese a Leonardo
di fare tutto il possibile per difendere la città e gli donò una vigna.
Il genio militare visitò le fortificazioni e, dopo giorni e giorni di
riflessioni, concluse testualmente " Poiché il potere delle artiglierie è
aumentato di un terzo, i bastioni dovranno essere fatti d' un terzo più
forti ". Il problema per lui era così risolto. Attese l'arrivo dei
francesi e si mise al loro servizio. Fu introdotto presso Cesare Borgia,
che lo lodò per le fortificazioni di Milano. Leonardo si tenne gli
elogi, ben guardandosi dal rivelare che il costruttore non era affatto
lui. Si disse onorato di servire anche la famiglia Borgia, si fece
fissare un lauto stipendio e rimase in attesa di ordini. Ma ecco tornare
Ludovico, con un esercito di svizzeri e tedeschi. Leonardo coi suoi
collaboratori fuggi a Mantova. Incontrò il matematico fracescano Luca
Pacioli, che lo indusse a mettere i suoi segreti militari al servizio di
Venezia, minacciata dai Turchi. Leonardo non esitò, raggiunse la
Serenissima e giurò che grazie alle sue invenzioni e armi segrete,
avrebbe affondato la flotta di Reis Kemal Pascià, ancorata in laguna.
Presentò il suo progetto del palombaro, che in realtà aveva copiato dai
disegni del senese Giacomo Mariano. Ebbe denaro e collaborazione, mise
in mare i suoi " sommozzatori ", ma nessuna nave nemica venne affondata o
scalfita e Leonardo dovette fuggire. Chiamato da Cesare Borgia, lavoro
per lui, con i soliti risultati. Disegnò un progetto allucinante e
irrealizzabile per prosciugare le paludi di Piombino, quindi fu
incaricato di far saltare la fortezza di Arezzo, che resisteva al
Valentino. Predispose nuovi formidabili esplosivi che non ebbero nessun
risultato, tanto che la città fu presa per fame. Anche il Borgia si
stancò di quell'individuo inconcludente ed esoso, che finì per tornare a
Firenze: dell'Ultima Cena si parlava molto e siccome nessuno l'aveva
vista, poteva vivere campando di tanta fama. Ma il suo incontro con
Niccolò Machiavelli lo distolse dal sogno di passare una serena
vecchiaia dipingendo. C'era la guerra con Pisa e Leonardo fu incaricato
di usare i suoi segreti militari a favore di Firenze. Il genio considerò
che i pisani potevano combattere solo perchè ricevevano viveri e
rifornimenti via acqua, sull' Arno. Così decise di deviarne il corso . E
fu preso sul serio. Machiavelli si lasciò convincere dall'idea di non
far passare più l'Arno per Pisa e concesse a Leonardo denaro, cantieri,
uomini a volontà. I comandanti militari risero dell' impresa, ma
dovettero obbedire e ci misero tutto l'impegno. Mentre essi lavoravano,
Leonardo studiò un altro progetto, per due canali d'Arno verso Firenze:
uno per fare arrivare le merci direttamente dal mare, l'altro per legare
via mare le città alleate, come Pistoia, Serravalle, Prato. Nonostante
la delusione per lo stallo della deviazione dell'Arno, la Signoria si
lasciò convincere anche in questa seconda assurda impresa, per la quale
Leonardo aveva calcolato un guadagno di ben duecentomila fiorini l'anno.
Intanto assunse anche l'incarico di dipingere la Battaglia di Anghiari,
impresa che finì miseramente per incapacità, così come caddero nel
ridicolo le costose e folli deviazioni dell'arno e i canali. Per
arrivare a Serravalle, l'acqua avrebbe dovuto salire di ben
centocinquanta metri e Leonardo pensò di costruire una enorme pompa
aspirante, che non si fece mai. Scrive il professor Ralph Raeder,
studioso vinciano e ingegnere: " Il progetto e i disegni per il canale
d'Arno formano una pagina di calcoli labirintici, un documento di
delirio matematico" .
Ma venne la resa dei conti. La Signoria pretese che terminasse i
lavori per i quali era stato pagato, cominciando dalla Battaglia di
Anghieri. Contemporaneamente una secca dell'Arno interruppe i lavori dei
canali e della deviazione, poiché le acque non potevano essere
manovrate. I lavoratori protestarono e si rifiutarono di proseguire
nella folle impresa. La Signoria ordinò che proseguissero. E fu il
disastro. Le piogge, quasi un diluvio travolse tutto. in un amibente
sempre più ostile, Leonardo pensò di risolvere tutti i propri problemi
diventando ricco grazie alla realizzazione del volo umano. Sono sin
troppo note le disavventure in proposito, mentre progetti e disegni non
avevano alcuna consistenza e tantomeno possibilità di realizzazione.
Scrive Ivor B. Hart, direttore dei servizi didattici del Ministero
dell'aviazione britannica: " Si può affermare senz'altro che, nel
complesso, i disegni di macchine volanti eseguiti da Leonardo sono di
scarsa incidenza scientifica.Si tratta di semplici curiosità, di
splendide illustrazioni eseguite da un genio con la passione della
meccanica, che si abbandona senza remore ai propri sogni, speranze,
illusioni" . Anche la leggenda del Leonardo precursore dell'elicottero è
smentita autorevolmente, sia dagli studi del Professor Ladislao Reti
sugli elicotteri e i giroplani, sia da H. C Gibbs - Smith, nell'analisi
specifica fatta in Origins of the Helicopter. inoltre un primordiale
elicottero è dipinto persino su un quadro sacro, con Gesù Bambino
intento " a giocare con un oggetto simile a un elicottero", del 1460 e
oggi conservato nel museo di Le Mans. Dopo la famosa contesa con la
Signoria e il conseguente sequestro dei centocinquanta fiorini lasciati
in garanzia per i lavori non eseguiti, Leonardo fu ancora a Milano
presso il vicerè. Riprese il suo adorato ruolo di cortigiano e
organizzatore di grandi feste. Ma non smise mai con i suoi sogni di
genialità e ricchezza. Nemmeno quando, usurpando una fama di costruttore
e architetto, seguì il re di Francia, riuscendo finalmente a vivere in
un castello, come un principe. Pensava a nuove invenzioni, come una
lacca indelebile, a costruire armi micidiali, trabocchetti diabolici da
sistemare in sotterranei. Propose di costruire una nuova reggia, che per
fortuna non gli fu affidata. Riprese i suoi studi sul corpo umano,
lasciando testimonianze patetiche: " La lunghezza dei palmi è stessa di
quella del piede... La lunghezza del dito più lungo è uguale a quello
della larghezza della bocca... La larghezza del calcagno è uguale a
quella del polso... Il piede è lungo quanto l'intera testa di un uomo...
Dall'ombelico ai genitali vi è la lunghezza di una faccia..." Ma non
costruì nulla, nemmeno la torre traforata nel castello di Blois, che gli
venne erroneamente attribuita. Disegnò progetti di palazzi e giardini
all'italiana, la ricostruzione della reggia, parti anatomiche, lavorò
alla seconda tavola della Vergine delle Rocce e portò a termine quella
Monna Lisa che doveva renderlo immortale. La vera testimonianza di un
genio e di un talento sprecati. A ricordarci che davvero Leonardo
avrebbe potuto diventare uno dei massimi pittori di ogni tempo, c'è
appunto la Monna Lisa. Una tela che il re, dopo la scomparsa
dell'artista, incamerò senza versare un soldo. In quella solitudine
principesca, integro nei suoi sogni non realizzati e quindi vivi, messer
Liunardo da Vinci riceveva ospiti, parlava, dissertava, teneva una sua
corte, si compiaceva di insegnare ciò che non aveva mai saputo. Era la
sua ultima grande festa di corte, ma stavolta da protagonista. Ma ormai,
senza più illusioni, aveva scritto " Ho sprecato le mie ore".
 Pier Carpi
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13 maggio 2010
Vincenzo Cacace: artista esoterico
VINCENZO CACACE: ARTISTA ESOTERICO di Luca Bagatin TRATTO DAL NUMERO 5 (Maggio-Agosto 2010) DI "YR MAGAZINE" Organo dell'Arco Reale in Italia - Rito di York
 
Vincenzo Cacace è un artista della
provincia di Caserta, nato a Nusco (Av) nel 1949 e diplomato
all’Istituto d’Arte di Torre del Greco (Na) ed all’Accademia di
Belle Arti di Napoli, Allievo del Bresciani, del Brancaccio
e del Barisani, le sue opere pittoriche racchiudono profondi
significati esoterici tipici della Tradizione iniziatica. Penetrando nella home page del suo sito
www.webalice.it/vincenzocacace
- “fili legati alla fantasia” - possiamo infatti notare l'ampio
utilizzo che egli fa dell'allegoria, in particolare legata al Tempio
di Salomone ed alle Colonne Boaz e Jakin.
Ed è infatti una fantasia allegorica e
simbolica il filo conduttore delle sue opere che possiamo ammirare
alle sezioni grafica e pittura.
Nella prima – impreziosita dalle recensioni di Gino
Grassi, Salvatore Di Bartolomeo ed Angelo Calabrese, possiamo notare
il tratto grafico che riprende pressoché in toto il mito e la
tradizione greco-romana.
Nella sezione pittura,
invece, siamo catapultati in una dimensione onirica, junghiana, fatta
di luoghi-nonluoghi immaginari ed immaginifici, di città sospese,
con ampio utilizzo del colore azzurro a simboleggiare cielo ed acqua.
Luoghi popolati da figure angeliche, ma anche da teneri amanti,
uomini pensanti, ancestrali battaglie e da templi e colonne elevati
ad una Divinità che l'individuo ricerca in sé stesso e mira a
raggiungere.
Una Divinità raffigurata dall'Occhio
onniveggente del Grande Architetto dell'Universo della Tradizione
esoterica occidentale.
“Ordine e Caos”, tema principale di
ben due opere del Cacace, che riprende il motto “Ordo ab Chao”
del Rito Scozzese Antico ed Accettato della Libera Muratoria, ovvero
l'impegno che l'Iniziato si assume nel rimettere ordine nel caos: il
cammino verso il perfezionamento interiore, ovvero verso la Divinità.
Il sito di Vincenzo Cacace è, anche
alla sezione link e contatti,
impreziosito da ulteriori recensioni di critici d'arte che ne
esaltano le capacità artistiche e pittoriche.   
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8 dicembre 2009
Dan Brown: uno spirito laico e spiritualista contro la barbarie dogmatica e materialista
Sono un divoratore di thriller, in particolare di thriller esoterici,
ma Dan Brown non è decisamente il mio scrittore preferito, nel settore. Non
che non sia bravo, per carità, solamente non è particolarmente
brillante come ad esempio i suoi "colleghi" Eric Giacometti e Jacques
Ravenne, autori di numerosissimi thriller a sfondo massonico che da
anni stanno spopolando in Francia e prendendo piede anche in Italia. Dan
Brown, sin dal suo primo libro approdato in Italia - Il Codice Da Vinci
- mi ha subito lasciato perplesso per il semplice fatto che è stato
immeritatamente pompato dai mass-media. E si noti che la storia di
Maria Maddalena sposa di Gesù era arcinota e diffusa in numerose
pubblicazioni (ricordiamo qui, per tutti, le Edizioni Amrita)
precedenti. Delle quali nessun media ha mai pressoché accennato. Ridicole sono peraltro le critiche alle opere di Dan
Brown provenienti dalla Chiesa cattolica, visto che si tratta di
letteratura e visto anche che la Storia della Chiesa è piena zeppa di
mistificazioni sin dalla sua fondazione ad opera dell'Imperatore
Costantino. E non c'era certo bisogno di un Dan Brown qualsiasi per
rivelarlo. E' sufficiente approfondire la sua storia e la sua
iconografia (a partire dalla Croce, simbolo mutuato dall'Antico Egitto
e che nulla ha a che vedere con la morte di Gesù). Ad ogni modo, da
studioso ed appassionato di Massoneria ed Esoterismo, non potevo
lasciarmi sfuggire "Il simbolo perduto", l'ultimo romanzo di Brown di
cui, molto probabilmente, vi parlerò più diffusamente in un altro
articolo. Finalmente Dan Brown abbandona le disquisizioni attorno
alla Chiesa cattolica ed al Vaticano e ci parla della Massoneria - in
particolare di quella americana - e del simbolismo ad essa riferita. Gli Stati
Uniti d'America sono una grande democrazia e lo sono grazie ai massoni. Dan
Brown parte proprio da questo concetto e lo sviluppa via via parlando
dei Padri fondatori degli USA: George Washington in primis. Qui, più che parlare del romanzo in sé, mi interessa piuttosto approfondire le interessantissime e
condivisibili affermazioni che Dan Brown ha rilasciato al settimanale Panorama il 29 ottobre scorso. Brown
irride alla "teoria del complotto" che vede la Massoneria come
un'organizzazione di complottardi e - pur non essendo massone - si
dichiara apertamente benevolo nei confronti della Massoneria in quanto
"modello straordinario di tolleranza spirituale a livello globale". A
differenza del Vaticano e quindi della Chiesa cattolica che, secondo
Brown, esaspera il conflitto religioso e lo definisce "una struttura di
potere antica e sorpassata rispetto a un mondo diventato sempre più
piccolo dove persone di fedi completamente diverse vivono gomito a
gomito". E' in questo senso che Dan Brown plaude alla Massoneria in
quanto foriera di "una spiritualità diversa, più aperta e tollerante"
in quanto aperata a tutte le fedi e concezioni spirituali. Un
discorso di questo tipo farebbe subito venire i travasi di bile alle
alte Gerarchie Vaticane e sicuramente anche alla nostra triste ed
incolta classe politica, sempre meno laica e sempre più china di fronte
alle elucubrazioni dettate dalla "fede". L'approccio
spirituale di Dan Brown mi piace decisamente e lo condivido. In special
modo quando, nell'intervista, parla di come si sia allontanato da una
fede dogmatica inculcatagli da bambino perché un prete gli rispose che
non era da "bambini educati" porsi delle domande su Dio (mi ricorda me
stesso all'età di 10 anni, quando smisi di frequentare la Chiesa per lo
stesso motivo !) . Dan Brown afferma ad ogni modo di essere deista e
spiritualista, un po' come i massoni, e porta a sostegno una
particolare scienza - la noetica - di cui parla diffusamente anche ne
"Il simbolo perduto", che afferma come i pensieri degli individui
abbiano una massa, che possano influenzare la materia, specialmente
quando molte persone si concentrano sullo stesso obiettivo.
Mi ha colpito anche molto la passione di Dan Brown - da me condivisa -
per le opere di Mark Twain, decisamente sottovalutate in Italia, ma dai
profondissimi contenuti morali e filosofici.
Brown afferma che l'ultimo libro che ha letto è stato "Lettere dalla
Terra", di Twain, ove il protagonista, Satana, è stato mandato sulla
Terra per conto di Dio a studiare l'Umanità. Ed ove Satana ne trae come
conclusione che gli esseri umani hanno delle concezioni folli in fatto
di sesso e religione.
Un Dan Brown decisamente inconsueto, profondamente laico e profondamente spirituale.
Un figlio dell'America a Stelle e Strisce ove una profonda concezione
dello Stato laico convive con una profonda concezione morale e
spirituale dell'individuo e dell'Universo che si trova a vivere.
L'esatto opposto della nostra trista Penisola ove crocifissi,
telefonini, Grandi Fratelli e banalità politiche sono unite a formare
un Circo Barnum di ignoranza e stupidità profondamente radicate.

Luca Bagatin
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22 agosto 2009
ALCHIMIA A SAN LEO
E
mentre i soliti portatori di zizzania senza costrutto disquisiscono del
presunto esoterismo presente a Villa Certosa (che sia vero o meno, poco
francamente importa), a San Leo, nel Montefeltro, si disquisice
dottamente di esoterismo serio e dei nuovi orizzonti dello spirito,
nell'ambito di AlchimiAlchimie. Un incontro di liberi pensatori per
rendere onore al Grande Iniziato, conte Alessandro Cagliostro, che
proprio nella fortezza di San Leo fu ingiustamente imprigionato e,
dalla quale, secondo la leggenda, riuscì a smaterializzarsi ed a
uscirne (visto e considerato che il suo corpo fisico non fu mai
trovato). Dal 22 al 26 agosto si terranno dunque conferenze ed
incontri con Erwin Laszlo, presidente del Club di Budapest e filosofo
della scienza; Gabriele Mandel, maestro Sufi; Luigi Pruneti, Sovrano
Gran Commendatore Gran Maestro della Gran Loggia d'Italia degli ALAM;
nonché lo psicoterapeuta Alessandro Meluzzi. Gli
argomenti trattati saranno, oltre all'alchimia e l'esoterismo, anche le
culture dei Nativi d'America, i Catari, la misteriosofia di Templari e
Maya. Inoltre vi sarà l'occasione per incontrare gli esponenti di 10 religioni diverse in un franco confronto-incontro. Previsti per tutte le giornate spettacoli itineranti ah hoc con musica celtica ed irlandese. Segnalo
inoltre che saranno presenti i miei amici e colleghi di "Secreta
Magazine" e del Rito di York del Grande Oriente d'Italia, che
presenteranno questa nuova accattivante rivista del mistero in edicola
dal giugno scorso e con la quale collaboro con entusiasmo. Un incontro che si rinnova, nel solco del Sacro e del Libero Pensiero senza dogmi o pregiudizi.
 Luca Bagatin "Io non sono di nessuna epoca e di nessun luogo; al di fuori del tempo e dello spazio, il mio essere spirituale vive la sua eterna esistenza...” (conte Alessandro Cagliostro)
Annie
Besant, eminente rappresentante della Società Teosofica e grande
riformatrice dell'Ottocento britannico, affermò che il conte Cagliostro
appare di tanto in tanto, in diversi punti della terra e che è
immortale. Chi scrive ha preparato un articolo di prossima
pubblicazione su riviste specializzate che tratterà approfonditamente
la figura di Cagliostro, al di là delle stupidaggini abitualmente
raccontate a sproposito (anche da Wikipedia, sia detto per inciso).
Luca Bagatin
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18 agosto 2007
Due Grandi Iniziati: il Conte di Cagliostro e Giacomo Casanova
  Chi era il Conte di Cagliostro ?
Un ciarlatano e un imbonitore, oppure un Grande Iniziato ed uno studioso delle scienze occulte ?
Sin da ragazzino ci furono due figure storiche che colpirono il mio immaginario: quella appunto di Cagliostro e quella di Giacomo Casanova, guarda caso entrambi esoteristi e massoni e forse fu l'empatia che mi suscitò l'approfondire la loro storia e le loro avventure che mi portò negli anni ad addentrarmi nel sentiero delle Società Esoteriche.
  Lessi tutta l'ampia autobiografia di Casanova all'età di 14 anni. Il grande amatore del '700 fu persona di gran cuore e di passione sfrenata per la libertà individuale e collettiva che lo porterà più e più volte ad essere perseguitato dall'Inquisizione oltre che dalla nobiltà dell'epoca.
Egli non era nobile per nascita, ma il suo animo e la sua tempra lo può configurare quale raro esempio di nobiltà d'animo e di passione per l'esoterismo che lo porterà infatti nel 1750, a Lione, ad aderire alla Massoneria. E' un'idea completamente errata il ritenere che il Casanova vi abbia aderito per ottenerne favori personali e lo conferma una delle sue più belle massime la quale recita: “Coloro che entrano nella Massoneria solo per carpirne il segreto possono ritrovarsi delusi: può infatti accadere loro di vivere per cinquant'anni come Maestri Massoni senza riuscirvi. Il mistero della Massoneria è per sua natura inviolabile: il Massone lo conosce solo per intuizione, non per averlo appreso. Lo scopre a forza di frequentare la Loggia, di osservare, di ragionare e di dedurre. Quando lo ha conosciuto, si guarda bene dal far parte della scoperta a chicchessia, sia pure il miglior amico Massone, perché se costui non è stato capace di penetrare il mistero, non sarà nemmeno capace di profittarne se lo apprenderà da altri. Il mistero rimarrà sempre tale. Ciò che avviene nella Loggia deve rimanere segreto, ma chi è così indiscreto e poco scrupoloso da rivelarlo non rivela l'essenziale: come potrebbe, se non lo conosce? Conoscendolo, non lo rivelerebbe”.
Nella sua vita egli ebbe ad incontrare l'altra splendida figura d'alchimista dal grande cuore che fu il Conte di Cagliostro il quale viene erroneamente ritenuto un ciarlatano ed un imbonitore, ma a ciò vi è una spiegazione delineata ad esempio nella bella biografia di Pier Carpi edita dalle Edizioni Mediterranee dal titolo: "Cagliostro. Il maestro sconosciuto", nel quale si dimostra come il Conte di Cagliostro fosse un Grande Iniziato e un veggente dai grandi poteri che utilizzò sempre a beneficio dei bisognosi.
Sono riuscito a trovare presso il sito www.latrilogiadelliosono.it un sunto dell'analisi biografica di Cagliostro che vi riporto qui di seguito:
Alessandro nacque a Palermo quale discendente della famiglia portoghese dei Cagliostro. Quando raggiunse la notorietà per le opere di bene che compiva in tutta Europa, cominciò a divenire personaggio scomodo per la chiesa; se egli fu scomodo da vivo lo è ancor più oggi da morto.
Grande scalpore suscitò in tutta Europa l’improvvisa notizia, divulgata abilmente da molti giornali e riviste, dell’inatteso arresto del conte di Cagliostro. Il fatto ebbe luogo a Roma, il 27 dicembre 1789, per ordine di papa Pio VI che, preoccupato dai racconti sugli eccezionali poteri e sulle gesta del nostro avventuriero, decise di rimettere nelle mani dell’Inquisizione romana la sorte del più pericoloso interprete dell’inquietudine, dello spirito avventuroso e fantastico che caratterizzò il "Secolo dei Lumi". Cagliostro, che aveva riattivato il Rito della Massoneria Egiziana ed il suo titolo fu quello di Grande Cofto, di colui che è il discendente dei sacerdoti egiziani, si trovò così a dover fronteggiare i metodi spietati e cruenti del più temuto tribunale dell’epoca, il Sant’Uffizio. Era stato istituito nel 1542 da papa Paolo III su consiglio del cardinale Gian Pietro Carafa (futuro papa Paolo IV), reduce dalla Spagna dove aveva assistito personalmente alla repressione di ogni tendenza eretica ad opera del feroce organismo inquisitorio perfezionato da Tomas de Torquemada, il primo e più famoso "grande inquisitore", che aveva mandato a morte migliaia di presunti eretici.
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La cella di Cagliostro |
Per giungere ad imprigionare Cagliostro, fu montata ad arte l’accusa: venne assoldato un sosia, un certo Giuseppe Balsamo e, in un clima di millantatori e ciarlatani (propri del periodo dell’Illuminismo), Balsamo compì imprese nefande col nome e sotto le sembianze del Conte; questo fu sufficiente a procurarsi decine di testimoni che, inconsapevolmente, avrebbero potuto testimoniare in un futuro processo contro il vero Cagliostro il giorno in cui sarebbe stato arrestato. E' da notare la straordinaria somiglianza tra il Conte e Giuseppe Balsamo:
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litografia di Cagliostro |
litografia di Balsamo | Il piano prevedeva anche che il Conte rientrasse a Roma. In quel momento era in Francia e si trovò ingiustamente coinvolto nel furto della collana di Maria Antonietta; poteva un Essere che creava cose dal nulla essere interessato ad un gioiello per quanto prezioso potesse essere?
Il Conte partì dalla Francia, ma invece di tornare a Roma andò in Inghilterra; Maria Antonietta fece chiamare a corte a Parigi il giornalista esule Morande, il quale era stato reietto poiché sul suo giornale liberista francese scriveva di “cose non gradite alla corte”, in quanto doveva comunicargli di cose importanti...
In realtà ella promise a Morande che se per mezzo del suo giornale avesse sollevato l’opinione pubblica inglese contro Cagliostro, avrebbe potuto far rientro in Francia. Ma perché Maria Antonietta ce l’aveva tanto con il Conte? La Regina era molto amica di Saint-Germain il cui compito era quello di raddrizzare le sorti disastrose a cui l'Europa stava andando incontro; Cagliostro, insieme a Saint-Germain erano i due personaggi più importanti dell’epoca incaricati dalla Fratellanza Bianca a questo scopo. Eppure Cagliostro entrò in antipatia alla Regina poiché, contrariamente a Saint-Germain, egli le disse troppo bruscamente che in futuro non ci sarebbe stato più un Luigi XVIII sul trono di Francia: in quel momento Maria Antonietta era incinta del futuro re.
Cagliostro, al contrario di Saint-Germain, non usava metodi, potremmo dire, diplomatici.
Comunque così fu che per compimento del piano, Cagliostro rientrò a Roma ove venne arrestato e processato ed alla fine del processo venne murato in una cella del carcere di San Leo nelle Marche. Gli atti del processo non sono mai stati resi noti ed in realtà egli non è mai morto: la tomba venne occultata così bene da essere sfuggita a tre secoli di ricerche ed a qualsiasi morboso tentativo di individuazione. Si dice (vedi Cagliostro il Taumaturgo - Pier Carpi) che quando Napoleone andò a San Leo trovò la prigione murata e Cagliostro non c’era".
Come si può ben notare.....lo zampino di coloro i quali, siano essi Potere Religioso o Potere Statuale, antepongono il loro ego e la loro menzogna alla libertà dello Spirito e della Coscienza individuale è sempre presente.
Purtuttavia ritengo che l'esempio di Cagliostro, di Casanova e del Conte di Saint Germain, altra figura che meriterà futuro approfondimento, siano rari ma concreti esempi di vite vissute in pienezza al di là delle convenzioni e dei dogmi, per il trionfo del Vero, del Bello e del Buono
Luca Bagatin
PS: di seguito vorrei riportarvi una parte del più bel testo spirituale del Conte di Cagliostro (tratto da www.latrilogiadelliosono.it):
"Io sono un Uomo libero, di nessuna epoca e di nessun luogo; al di fuori del tempo e dello spazio il mio Essere spirituale vive la sua eterna esistenza e, se m’immergo nel mio pensiero, se proietto il mio Spirito verso un modo di vivere lontano da quello che voi regolarmente percepite, io divengo Colui che desidero. Partecipando coscientemente all’Essere Assoluto, io regolo la mia azione secondo il meglio che mi circonda. Mettete la data di ieri, se volete, o quella di domani, se potete, per l’orgoglio illusorio di una consapevolezza che forse non sarà mai la vostra. IO SONO COLUI CHE È. Non ho che un Padre; diverse circostanze della mia vita mi hanno fatto giungere a questa grande e commovente Verità, ma i misteri di questa origine ed i rapporti che mi uniscono a questo Padre Sconosciuto, sono e restano i miei segreti".
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