18 settembre 2015
XX Settembre: ricorrenza tradita dai liberal-giolittiani ed affossata prima dai fascisti e poi dalla partitocrazia
Con il 20 Settembre 1870, l'entrata dei
bersaglieri a Porta Pia e la conseguente caduta del potere temporale
del Papa dei cattolici, si compie l'Unità d'Italia.
Data storica che, prima dell'avvento
dei fascismo - sceso a patti con la Chiesa cattolica – era anche
considerata festa nazionale.
Festa nazionale ormai cancellata e la
data pressoché dimenticata da tutti, salvo da noi anticlericali,
repubblicani, mazziniani e massoni.
Non va dimenticato che il 20 Settembre
vide per la prima vola uniti repubblicani mazziniani, socialisti e
persino liberali che, con Cavour, dichiararono “Libera Chiesa in
libero Stato”. Salvo tradire lo stesso Cavour, nel 1913, con il
patto Gentiloni voluto da quello che Gaetano Salvemini definì il
“Ministro della malavita”, Giovanni Giolitti.
Il patto, infatti, previde un accordo
fra liberali e cattolici dell'Unione Elettorale Cattolica Italiana,
che prevedeva una nutrita quantità di seggi cattolici in seno al
partito liberale. E ciò per contrastare l'avanzare dei repubblicani
e dei socialisti. Un patto che permise ai liberal-cattolici di
ottenere il 51% dei voti. Ovviamente le elezioni erano a suffragio
universale ristretto !
Ecco che lo spirito del 20 Settembre fu
tradito dai liberal-giolittiani prima e affossato dal fascismo
mussoliniano nel 1929 e dalla sedicente Repubblica italiana del 1948,
la quale, fondata sul tacito accordo fra cattolici e comunisti,
rimarrà in mano alla partitocrazia ed agli umori del Papa dei
cattolici, non più Re, ma pur sempre condizionante l'attività del
Parlamento, salvo essere contrastato dallo spirito libertario dei
radicali, repubblicani, socialisti e liberali del dopoguerra, i quali
riusciranno quantomeno ad ottenere la legge sul divorzio e
sull'aborto, confermate dal voto popolare referendario.
Di questo oggi rimane ben poco. La
Repubblica italiana rimane una non-Repubblica delle banane, ovvero
un'oligarchia di politicanti senza arte né parte. La stessa legge
sulle unioni civili che dovrebbe essere approvata è imposta da
Bruxelles e sarà sicuramente all'acqua di rose. I diritti delle
persone, come sempre da noi, calpestati in nome della stupidità
dogmatico-religiosa, che di spirituale e di umanitario non ha mai
avuto nulla.
A parte queste facili e desolanti
constatazioni, desideriamo segnalare un interessante saggio, appena
uscito per le ezioni Ibiskos, realizzato da Renato Traquandi,
repubblicano mazziniano della prima ora, che con “Le strategie
vaticane” racconta proprio le alterne vicende e rapporti fra il
nascente Stato unitario e la Chiesa cattolica. Una lettura storica e
politica interessante, che andrebbe suggerita anche al Papa dei
cattolici Francesco o Sig, Bergoglio che dir si voglia, che ci appare
piuttosto l'ennesimo burattino nelle mani di un potere che
rappresenta tutto salvo che gli insegnamenti di fratellanza, povertà
e uguaglianza dettati dal Cristo.
 Luca Bagatin
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27 agosto 2014
Aforismi e riflessioni sulla società del piacere, ovvero del dolore. By Luca Bagatin
Giovanni Giolitti un liberale ? Ma se fu il criminale che soffocò nel
sangue l'impresa libertaria di Fiume ! “Ministro della malavita” lo chiamò
Gaetano Salvemini. E non aveva torto.
Al papponismo (di Stato e di mercato)
preferisco il populismo (e l'autogestione) !
Corteggiare è certamente intrigante,
ma ho smesso di farlo parecchi anni fa.
Ho aperto a caso “Il libro rosso”
di Carl Gustav Jung e la prima frase che vi ho letto è stata:
“L'amore vede, il piacere invece è cieco”. Le cose non capitano
mai per caso.
Il gossip giornalistico è volgarità e
vera pornografia. Un Paese civile, forse, non lo incoraggerebbe.
Penso che l'obiezione fiscale, di
fronte al fatto che noi contribuenti paghiamo politicanti assai
discutibili come Antonio Razzi (e non solo !), sarebbe più che
giustificata.
L'umiltà, ammesso che sia tale, è la peggiore delle virtù.
I colori che mi affascinano di più in
una donna ? Il rosso ed il blu elettrico.
A
proposito dei limiti della democrazia diretta e dei partiti, penso
che gli italiani siano un popolo profondamente masochista o
sadomasochista, oppure la gran parte degli italiani soffre
inconsapevolmente della Sindrome di Stoccolma. Votano in massa per
partiti e sostengono governi - non ultimo il Governo Renzi - che fra
tasse e soprattasse (non ultime le varie Tari e Tasi) li/ci stanno
portando nel baratro. La questione andrebbe studiata
approfonditamente sotto il profilo psicologico ed antropologico. E la
mia non è affatto una battuta o una considerazione faceta.
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25 agosto 2014
Il "Manuale del Rivoluzionario" di Gabriele D'Annunzio
La fantasia al potere, attraverso una
critica del potere stesso, la porterà certamente Gabriele D'Annunzio
(e non certo i figli di papà del '68 italiano), il Vate della
letteratura italiana per eccellenza, il poeta armato, l'eroe
dell'impresa di Fiume e che fece della città di Fiume – occupata
con soli 1500 uomini e senza sparare un colpo – una città libera,
liberata e libertaria.
Gabriele D'Annunzio fu, secondo le
parole di Lenin, l'unico rivoluzionario dell'Italia dei suoi tempi e
da molti fu considerato un novello Giuseppe Garibaldi, per il suo
ardimento e per la sua portata socialisteggiante, dagli echi
mazziniani e garibaldini.
Ce ne ha parlato a lungo lo storico
Giordano Bruno Guerri, ma ce ne parla diffusamente – proprio
attraverso gli scritti ed i discorsi di D'Annunzo stesso – il “suo”
“Manuale del Rivoluzionario”, a cura di Emiliano Cannone ed edito
dalla Tre Editori (www.treditori.com).
Un bellissimo saggio che abbiamo scoperto e che desideriamo far
conoscere e diffondere.
Un Manuale che, non a caso, reca in
copertina un D'Annunzio nei panni di Lenin, contornato da bandiere
rosse nell'atto di prendere d'assalto il Palazzo d'Inverno.
Il Palazzo d'Inverno di D'Annunzio fu
il potere, la casta politica, il governo di Nitti, di Vittorio
Emanuele Orlando e di Giolitti, ovvero dei parrucconi della sua
epoca. Ma il Palazzo d'Inverno di D'Annunzio fu anche l'avanzante
fascismo e quel Mussolini che cercò, in tutti i modi ma senza
riuscirvi, di zittire il Vate della Nuova Italia.
Nel Manuale è rappresentata tutta
l'anima anarchica, socialisteggiante, libertaria, antiparlamentare ed
internazionalista del Nostro. Un D'Annunzio che, non a caso, dichiara
che egli aspira ad un “comunismo senza dittatura” e che –
ben prima e meglio di altri – lancerà invettive contro la “casta
politica”, dichiarando, fra le altre cose: “La casta politica
che insudicia l'Italia da cinquant'anni, non è capace se non di
amministrare la sua propria immondizia, pronta a tutte le
turpitudini, pur che sia lasciata fingere di godersi il suo potere
impotente”.
D'Annunzio, in questo senso fu un eroe
(anti)politico e, dunque, un eroe della vera democrazia, contro i
soprusi e le ruberie del potere ed in questo senso non mancherà mai
in D'Annunzio il suo appello all'Antica Grecia, al mito greco,
all'arte ed alla bellezza in tutte le sue forme, quale valori
fondanti per l'emancipazione umana. In questo senso – lo si evince
dal Manuale stesso – egli scorgerà la natura della crisi dei suoi
tempi, che poi è anche la natura della crisi economica e sociale dei
nostri, ravvisando l'origine del problema nell'espansionismo
capitalistico e nell'imperialismo anglosassone e statunitense, ovvero
di coloro i quali egli definisce i “divoratori di carne cruda”.
In questo senso D'Annunzio scrive: “La lotta mercantile, la
lotta per la ricchezza, porta il pericolo delle più terribili
conflagrazioni marziali”. Ora sappiamo che fu profetico e nelle
sue parole non possiamo non scorgere quanto avvenne nella Seconda
Guerra Mondiale, durante la Guerra Fredda e, oggi, nel Medioriente
martoriato ed ove non vi sono eroi, bensì criminali che uccidono, in
ogni dove, vittime innocenti.
Ricchezza e potere all'origine della
morte dell'umanità stessa, dunque.
Con l'impresa di Fiume possiamo dire
che il D'Annunzio concretizzerà i suoi ideali ed i suoi principi.
Nel 1919, infatti, in opposizione al Trattato di Versailles che
negava la città di Fiume all'Italia, D'Annunzio - alla testa di un
drappello di legionari - la occupò e ne fece una città libera in
tutti i sensi, al punto che a Fiume erano tollerate e praticate le
libertà sessuali, nonché era tollerata l'omosessualità e, grazie
al contributo dell'aviatore Guido Keller e dello scrittore Giovanni
Comisso, fu fondato il gruppo Yoga – avente per simbolo la svastica
di origine vedica (che nulla aveva a che spartire con il nazismo,
anzi !) ed una rosa a cinque petali - e che proponeva una visione
esoterica e spirituale della realtà.
Non solo, in collaborazione con il
sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris, D'Annunzio redasse la
famosa Costitituzione di Fiume o Carta del Carnaro, la quale fu un
documento avanzatissimo per l'epoca, prevedendo: libertà di
associazione, libertà di divorziare, libertà religiosa e di
coscienza al punto che furono proibiti i discriminatori crocifissi
nei luogi pubblici, assistenza ai disoccupati ed ai non abbienti,
promozione di referendum, promozione della scuola pubblica,
risarcimento dei danni in caso di errore giudiziario, inviolabilità
del domicilio e altro ancora che, peraltro, non fu mai garantito
nemmeno dalla Costituzione della Repubblica italiana partitocratica,
fondata nel 1948 e nella quale viviamo tutt'oggi. Una Costituzione
tanto decantata, ma assai poco approfondita e che poco aveva a che
spartire con la vera democrazia della Repubblica Romana del 1849 e
con la Carta del Carnaro, fondata da spiriti rivoluzionari e non già
da canuti uomini politici, servi dei partiti e delle ideologie e che
il potere ha reso schiavi.
Un'impresa unica nella Storia, dunque,
quella di Fiume, purtroppo soffocata dall'imperialismo internazionale
e dal governo italiano di Giovanni Giolitti (tutt'altro che un
liberale, bensì un famoso Ministro della malavita
come lo soprannominò Gaetano Salvemini !) che, nel 1920,
inviò le truppe italiane a sgomberare a cannonate i legionari.
Da non dimenticare frasi come queste,
contenute nel “Manuale del Rivoluzionario”, che D'Annunzio lancia
quali invettive ai governanti dell'Europa e del mondo di ieri, non
dissimili da quelli di oggi. Frasi oggi attualissime, se osserviamo
la geopolitica mondiale, europea, oltre che i flussi di migranti che
approdano giornalmente sulle nostre coste, costretti ad emigrare a
causa di una crisi voluta dai Governi e dal sistema
economico-monetario: “In tutta Europa, in tutto il mondo, il
potere politico è al servizio dell'alta banca meticcia, è
sottomesso alle impostazioni ignobili dei rubatori e dei frodatori
costituiti in consorzi legali. Neppure nel peggior tempo dei
barbareschi e dei negrieri le genti furono mercanteggiate con così
fredda crudeltà. Le nazioni sono cose da mercato. La vita pubblica
non è se non un baratto immondo esercitato nel cerchio delle
istituzioni e delle leggi esauste. Fino a quando ?”.
Il “Manuale del
Rivoluzionario”, che raccoglie gli scritti anarco-libertari,
socialisti, internazionalisti ed umanitari di D'Annunzio è
certamente una fortunata opera editoriale ed il merito va certamente
all'ottimo Emiliano Cannone, giovane dottore di ricerca in
italianistica, per averlo curato con, peraltro, un'ottima nota
introduttiva e precise note a piè di pagina.
La veste editoriale
del saggio, poi, curata dalla Tre Editori, è elegantissima, anche a
dispetto dell'economico prezzo di copertina. Da notare che, la fine
di ogni capitolo del Manuale, reca il simbolo della bandiera della
Reggenza del Carnaro: un uroboro – ovvero un serpente che si morde
la coda – antico simbolo esoterico e gnostico a rappresentare la
natura ciclica delle cose, ovvero simbolo di immortalità (si
rammenti che Gabriele D'Annunzio fu peraltro iniziato alla Massoneria
della Serenissima Gran Loggia d'Italia, oggi Gran Loggia d'Italia
degli ALAM e non ne fece mai mistero), con al centro le sette stelle
dell'Orsa Maggiore.
Ulteriori spunti su
cui riflettere ed approfondire attorno ad un personaggio poliedrico
quale fu Gabriele D'Annunzio, troppo frettolosamente relegato fra i
“poeti del nostro Paese”, senza rammentarne (o preferendo
piuttosto oscurarne) la portata rivoluzionaria, libertaria ed
eminentemente (anti)politica e (contro)culturale.
 Luca Bagatin
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2 agosto 2010
Per il Centenario della nascita di Mario Pannunzio, un nuovo saggio a cura del prof. Pier Franco Quaglieni
Di questo 2010 saranno in pochi a ricordare il Centenario della nascita
di Mario Pannunzio, grande giornalista liberale lucchese.
Saranno in pochi perché purtroppo - o per fortuna - Pannunzio è la
figura più scomoda del panorama politico e culturale del '900 italiano.
Scomodo a destra perché antifascista della prima ora, sin da quando
collaborava con il pur conservatore Leo Longanesi ad "Omnibus".
Scomodo a sinistra perché anticomunista sino ad essere il primo a
denunciare, sulle colonne del suo "Risorgimento Liberale", il dramma
delle foibe e poi i crimini dei gulag sovietici, nei quali finì anche
suo padre, pur militante comunista.
Scomodo a quel centro clericale democristiano che fu, nei fatti, il continuatore di certa politica conservatrice e fascista.
Mario Pannunzio, fra i fondatori del Partito Liberale Italiano, se ne
discostò allorquando il partito di Cavour, Benedetto Croce e Luigi
Einaudi, preferì l'alleanza con qualunquisti e monarchici.
Fu allora che Pannunzio fondò, nel 1949, il settimanale "Il Mondo":
espressione della cultura e della politica laica e liberaldemocratica
italiana.
A "Il Mondo" collaborò la crème del giornalismo, della politica e della
cultura del dopoguerra: da Ugo La Malfa a Giovanni Spadolini; da Ernesto
Rossi a Gaetano Salvemini, a Luigi Einaudi, a Bendetto Croce,
raccogliendo così gli ex azionisti non giacobini, i liberali, i
repubblicani, i socialisti autonomisti e tutti coloro i quali ritenevano
possibile uno spazio politico capace di contrapporsi alle due "Chiese" autoritarie:
marxista e cattolica.
Sarà dunque "Il Mondo" ed il successivo Partito Radicale dei Liberali e
dei Democratici, fondato dalla stesso Pannunzio e dalla "sinistra
liberale", a lanciare le prime battaglie contro la speculazione
edilizia, contro i monopoli, la devastazione del paesaggio, a favore del
divorzio e dei diritti delle minoranze e a denunciare il dilagante
malcostume politico che nacque all'indomani della fondazione della
Repubblica italiana.
Tutto ciò e molto altro ancora è raccontato fra le bellissime pagine di
rievocazione del saggio curato dal prof. Pier Franco Quaglieni: "Mario
Pannunzio. Da Longanesi al Mondo", edito da Rubbettino.
Si alternerano, qui, interventi di Pierluigi Battista, Marcello
Staglieno, Carla Sodini, Girolamo Cotroneo, Guglielmo Gallino, Mirella
Serri, Angiolo Bandinelli, Mario Soldati e dello stesso Quaglieni, che è
Presidente del Centro Pannunzio di Torino e che oggi è il depositario
di quanto ci è rimasto di Mario Pannunzio e della sua opera.
Un saggio fra i pochi, purtroppo, assieme a quelli di Massimo Teodori e
di Mirella Serri che sono stati pubblicati in questi ultimi anni.
Un saggio di rievocazione storica e giornalistica, di un giornalismo di
denuncia e di proposta politica che non c'è più, ma del quale si sente
assolutamente necessità in un'Italia per nulla moderna.
Un'Italia che, come scriveva lo stesso Pannunzio, ha purtroppo da sempre
espresso il proprio voto per partiti "indigeni" e conservatori: fossero
essi comunisti, cattolici e persino fascisti o monarchici.
"Su un elettorato di trenta milioni di individui" - scriveva Pannunzio
nel 1966 - "ventitue milioni vanno a partiti diciamo così indigeni che,
ad esempio, in Inghilterra e in America, in Scandinavia in pratica
neppure esistono".
Gli Amici de il Mondo ed i pannunziani si sentivano invece
rappresentati dai partiti della cosiddetta "Terza forza": liberali,
repubblicani, radicali e socialisti, i quali in Occidente erano infatti
il sale della democrazia e si contrapponevano all'oscurantismo
clericale, marxista o conservatore in genere.
Partiti che, al governo dell'Italia, argineranno sino al 1992 il
clericalismo ed il conservatorismo della Dc, ma che fondamentalmente non
riusciranno mai a costruire un'alternativa di governo alla stessa a
causa della loro esiguità e delle loro divisioni interne.
E' così che il sogno di Mario Pannunzio rimarrà incompiuto. Interrotto,
alla sua morte, dal sessantottismo, successivamente dal nascente
comporomesso storico fra le "Chiese" Dc e Pci ed ucciso del tutto dalla falsa rivoluzione di
Tangentopoli che, anziché moralizzare la vita pubblica, condannò a morte
sicura i partiti democratici e consegnò l'Italia alle mezze calzette
della politica d'oggi.

Luca Bagatin
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20 dicembre 2008
"I profeti disarmati": l'ultimo saggio di Mirella Serri
Antifascisti contro “antifascisti”. Liberali e democratici contro fascisti rossi o comunisti. Profeti disarmati contro i “redenti”, ovvero i convertiti al sistema parlamentare democratico manovrati da Josef Stalin. Questa la cosiddetta “guerra delle due sinistre” che la professoressa Mirella Serri ci racconta nel suo “I profeti disarmati” (edizioni “Il Corbaccio”). Guerra culturale e politica “combattuta” - per così dire – fra il 1945 ed il 1948: da una parte il fronte liberale e democratico di Mario Pannunzio (ma anche di Gaetano Salvemini, Benedetto Croce, Ernesto Rossi, Luigi Einaudi) e del suo “Risorgimento Liberale”; dall'altra il fronte social-stalinian-comunista di Palmiro Togliatti e della sua “L'Unità”. Una guerra senza esclusione di colpi che purtroppo ebbe i suoi morti in casa democratica e liberale sin dai tempi della Guerra di Spagna: squadracce comuniste agli ordini di Stalin spedite a massacrare anarchici e repubblicani; squadracce comuniste nel primo dopoguerra in spedizione punitiva contro esponenti liberali, democristiani, qualunquisti, socialisti e rispettive sedi. Interi Comuni in mano al Partito Comunista (Caulonia fra questi, che venne chiamata "Repubblica Rossa") in preda all'espropriazione ed alle violenze contro chiunque non la pensasse come i “rossi” con falce e martello. Violenze di cui è piena la nostra Storia, passati sotto silenzio e denunciati solamente dal piccolo quotidiano liberale di Mario Pannunzio testé citato. Eventi minimizzati da “L'Unità” di allora, che chiamava i liberali con gli appellativi: “fascisti” e “uomini senza qualità”. Mentre invece proprio quei liberali, fascisti non lo furono mai. Chi fu fascista furono invece numerosissimi esponenti del PCI di allora ed i nomi sono tutti riportati nel saggio di Mirella Serri con tanto di accurata documentazione. Così come la professoressa Serri documenta il “caso Audisio”, ovvero il caso del famoso comandante partigiano comunista Walter Audisio e dei benefici che egli ottiene dal fascismo. Un libro che restituisce dignità al liberalismo italiano ed alla sua stampa di cui Mario Pannunzio fu interprete prima con “Risorgimento Liberale” e poi, nel 1949, con “Il Mondo”. Ed egli fu anche espressione del “nuovo liberalismo”. Proveniente dalla file del Partito Liberale Italiano, Pannunzio, ne esaltava le caratteristiche progressiste, in contrasto con i privilegi e gli interessi costituiti dell'alta finanza e dell'alta borghesia. Al punto che lo stesso Pannunzio coniò questa definizione: “Essere liberali significa essere socialisti in modo assai più avveduto e attuale di quel che credono gli epigoni di Marx”. Ciò peraltro mi ricorda la definizione che mi diede Sergio Stanzani, già deputato Radicale e fra i fondatori del primo Partito Radicale, nel 1955, con Ernesto Rossi e Pannunzio stesso, quanto lo intervistai nell'ambito del VI Congresso di Radicali Italiani l'anno scorso a Padova, quando mi disse che i liberali sono gli unici socialisti possibili proprio in quanto le libertà sono alla base della società e dei suoi bisogni. “Guerra delle due sinistre”, così la definizione di Mirella Serri. Meglio forse sarebbe definirla “guerra fra liberali e conservatori”. Ovvero fra i sostenitori dello Stato laico e garante delle libertà individuali, civili ed economiche ed i sostenitori dello Stato etico, comunista, fascista o clericale che sia e che fosse. Sarebbe ora di ricordare che quel Palmiro Togliatti presente purtroppo ancora nella toponomastica della nostra povera Italia, fu amico del dittatore Stalin e seguì sempre le sue direttive; votò in favore dell'articolo 7 della Costituzione assieme alla DC per l'inserimento dei fascisti Patti Lateranensi che sancirono la religione cattolica come la religione di Stato e fu fiero oppositore di tutti i laici, liberali e democratici presenti nella cultura e nell'arco parlamentare italiano. La professoressa Mirella Serri ce lo ricorda egregiamente con questo illuminante saggio con tanto di foto in copertina di Luigi Einaudi, Ernesto Rossi, Mario Pannunzio e Gaetano Salvemini: i profeti disarmati le cui idee hanno trionfato in tutte le democrazie occidentali, salvo nella nostra. Purtroppo.
 Luca Bagatin
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15 novembre 2008
LA "NOSTRA" STORIA NON E' LA "LORO"
Il libro di Mirella Serri "I profeti disarmati: la guerra fra le due sinistre" edito dal Corbaccio, getta nuova luce sulla stagione politica antifascista dei laici italiani. Laici italiani, ovvero degli "Amici del Mondo", tanto cari a Massimo Teodori che ne ha realizzato ben due splendidi volumi. Il primo, edito nel 1998 dalla Fondazione Liberal, è una raccolta di scritti dei liberali, socialisti e repubblicani italiani che combatterono con grande determinazione il comunismo in tutte le sue forme dittatoriali e conservatrici. Il secondo è recentissimo. Con il suo "Storia dei laici nell'Italia clericale e comunista", Teodori racconta quella ricca stagione intellettuale che ha dato voce al Partito Liberale e a quello Repubblicano e che ha dato vita al primo partito dei diritti civili italiano: quello Radicale. Con "I profeti disarmati", sul quale mi riprometto di tornare anche in un mio prossimo articolo sull'argimento, la professoressa Serri vuole ripercorrere lo scontro fra le due principali culture dell'antifascismo cosiddetto "di sinistra": quella liberale e quella comunista. In generale il volume mi appare appassionante ed agile dal punto di vista stilistico, grafico ed editoriale. Purtuttavia non condivido una certa impostazione, assai indulgente nei confronti dei comunisti italiani e del loro partito che per me e per la gran parte dei laici è e rimane un partito antidemocratico e conservatore. "Ultraconservatore" lo definiva Mario Pannunzio - fra i protagonisti del volume - direttore e fondatore dei quotidiano "Risorgimento Liberale" prima e de "Il Mondo" dopo, nel 1947, espressione del liberalismo italiano. E Mario Pannunzio, assieme a Luigi Einaudi, Benedetto Croce, Ernesto Rossi, Gaetano Salvemini ed altri, furono gli animatori proprio dell'antifascismo democratico italiano: anticomunista ed anticlericale proprio in quanto comunismo e clericalismo erano, sono e rimangono espressioni conservatrici ed assai poco inclini alla democrazia ed alla civlità occidentale. Civilità occidentale che si fonda prima di tutto sul valore della laicità e quindi sul rispetto per le opinioni e le diversità altrui, quale arricchimento dell'intera società ed umanità. Mirella Serri definisce il gruppo di Pannunzio i "liberal di sinistra", purtuttavia ritengo che tale definizione non sia propriamente corretta. Non lo è in quanto "liberal" è un termine che deriva dalla cultura anglosassone ed in special modo da quella statunitense ed indica genericamente il "progressista" e spesso il "socialdemocratico". Ora, Pannunzio, così come Einaudi, Croce, Rossi e tutti gli "Amici de Il Mondo", non erano affatto dei "socialdemocratici". Bensì dei liberali a pieno titolo. Liberali politici che fondarono e fondano la loro cultura in John Loke ed il suo principio di resistenza ad un governo e ad uno Stato ingiusto. E che non hanno alcuna simpatia per lo Stato assistenziale e per quello Etico, ai quali si conrappongono proprio per riaffermare la libertà del singolo individuo. Libertà economica, sociale e civile. Ecco perché il liberale non può definirsi "liberal" e tantomeno genericamente "di sinistra". Egli racchiude in sé infatti il liberismo economico ed il libertarismo civile e democratico. Che poi i partiti laici e la cultura pannunziana e quindi quella de "Il Mondo" fosse una cultura progressista, questo è più che certo. Una cultura che in Italia ha conosciuto un florido sviluppo nel Risorgimento cavouriano, ma certamente ed incontrastabilmente in quello di matrice repubblicana mazziniana e garibaldina. Una cultura che ha dato determinanti contibuti durante la Guerra di Spagna contro il fascismo franchista grazie alle Brigate di Giustizia e Libertà dei fratelli Rosselli e a quelle Garibaldi guidate dal repubblicano Randolfo Pacciardi, audace partigiano antifascista ed anticomunista. Anticomunista proprio anche in quanto conobbe e vide i massacri compiuti dai comunisti nei confronti dei "compagni" anarchici, repubblicani e socialisti, voluti da Stalin, sanguinario dittatore al pari di Hitler. Una cultura, quella laica liberaldemocratica e liberalsocialista, attivissima durante la Resistenza in Italia con il Partito d'Azione che ebbe fra le sue fila numerosissimi martiri, ma che purtroppo terminò troppo presto la sua azione politica, nel 1947, in quanto non riuscì a contenere al suo interno le varie tendenze e culture che andavano da quella liberale-crociana a quella socialista. E così fu del tutto normale una rottura fra i liberali ed i comunisti all'interno della concentrazione delle forze antifasciste. I liberali non perdonerammo mai ai comunisti talune compromissioni con il Regime fascista ed il rifiuto di ritirarsi sull'Aventino assieme alle altre forze antifasciste all'indomani del delitto Matteotti. E poi non dimentichiamoci che i comunisti, a differenza degli antifascisti liberali e democratici, votarono compatti con la Democrazia Cristiana, nel 1946, per l'introduzione nella Costituzione Repubblicana del clericalissimo Articolo 7 che introduceva i Patti Lateranensi firmati da Mussolini con il Vaticano nell'ordinamento del nuovo Stato democratico italiano. Due culture, insomma, quella liberale e comunista, del tutto contrapposte che nel libro vengono indicate come le "due sinistre". Con la differenza, forse, che mentre i libeeraldemocratici e liberalsocialisti puntavano ad una vera aggregazione delle forze laiche capaci di contrastare il clericalismo ed il nuovo fascismo, i comunisti avevano nel loro DNA posizioni fasciste (non a caso Mussolini era un socialista massimalista) e conservatrici che per moltissimi versi permettevano loro di strizzare l'occhio alla Dc. I laici italiani, pannunziani ed ernestorossiani (che furono poi espressione istituzionale del PLI, del PRI, del primo Partito Radicale e dei socialisti non marxisti), puntavano ad una Terza Forza liberale e riformatrice che amavano finanche definire "Partito della Democrazia". I comunisti, diversamente, da una parte incameravano i rubli di Mosca e dall'altra aprivano alla grande industria ed alle banche diventando un partito profondamente borghese e conformista. Permettetemi una riflessione conclusiva. Oggi la cultura liberaldemocratica e liberalsocialista - dopo la falsa rivoluzione di Tangentopoli - è drammaticamente minoritaria e pressoché assente e ciò non è certo un bel segnale in un Paese come il nostro che purtroppo non ha ancora completamente consolidato la sua vocazione democratica. Diversamente, la cultura comunista, oggi postcomunista, ha messo in piedi con gli ex democristiani un partito che si autoproclama "democratico". Ed è alleato ad un partito giustizialista ed antilaico. La Storia si ripete. Il Pci che strizza l'occhio alla Dc e fa di tutto per ostacolare i laici. Fintanto che non vi sarà anche nel nostro Paese un forte Partito Liberaldemocratico, laico e libertario come in tutta Europa, che sappia contrapporsi alla culture conservatrici di destra e sinistra, l'Italia non potrà essere, ovvero definirsi, un Paese autenticamente civile e progredito. Mario Pannunzio ed i "pazzi malinconici" de "Il Mondo" l'avevano capito sin dagli anni '50 del secolo scorso. Luca Bagatin (nella foto con Aldo Chiarle, partigiano socialista della Brigata Garibaldi, che mi ha insegnato che non si può essere veri antifascisti senza essere anche anticomunisti ed anticlericali)
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29 settembre 2008
Il ruolo dei Laici e dei Liberali per il futuro dell'Italia
Massimo Teodori, professore di Storia delle istituzioni degli Stati
Uniti d'America all'Università di Perugia e già parlamentare del
Partito Radicale prima e di Forza Italia poi, con "Storia dei laici
nell'Italia clericale e comunista", completa un po' il ciclo di quei
libri "clandestini" e "vieti" in quest'Italia, appunto, che ha visto i
laici, liberaldemocratici, repubblicani e liberalsocialisti, relegati
da sempre in un ruolo marginale. Pur essendo i vincitori della Storia e
avendo costruito anche in questo Paese, le fondamenta di uno Stato
civile, democratico e liberale. Altro libro "vieto" è l'ormai quasi
introvabile "Il Mondo 1949/66: Ragione ed illusione borghese" di Paolo
Bonetti ed edito da Laterza negli anni che furono e che narra
l'avventura del liberale Mario Pannunzio, del suo settimanale laico e
dei suoi redattori "pazzi malinconici", già provenienti dalle file del
Partito d'Azione, del Partito Repubblicano e del Partito Liberale.
Nonché i contributi di quei socialisti in dissenso con la linea
marxista del Psi di allora. Massimo
Teodori ci regalò anche, non molti anni fa, un volumetto da lui curato
dal titolo "L'anticomunismo democratico in Italia: Liberali e
Socialisti che non taquero su Stalin e Togliatti", edito dalla
Fondazione Liberal ed in cui sono raccolti gli scritti di quei
democratici e antifascisti italiani che si opposero con pari forza al
comunismo sovietico ed italiano, con le sue violenze ed il suo
autoritarismo. Infine, sempre il Teodori, scrisse un pamphlet di
denuncia nei confronti dei cosiddetti "atei devoti" o "laici pentiti",
ovvero tutti quei politici e intellettuali che, partendo da posizioni
laiche o financo atee, si ritrovano oggi a reggere la veste del Papa
dei cattolici e plaudono alle sue ingerenze nella politica dello Stato
Italiano. Con "Storia dei laici", abbiamo
ulteriormente modo di approfondire un antico filone storico e culturale
che ha le sue radici nel Risorgimento mazziniano, garibaldino e
cavouriano e che prosegue nella costituzione delle prime Società
Operaie di Mutuo Soccorso da una parte e nell'edificazione dell'Italia
Liberale dall'altra. E così, la lotta al fascismo prima in nome
della Repubblica ed al comunismo in nome della Libertà e dei valori
occidentali passando per la lotta ai monopoli, ai Poteri Forti, alla
speculazione edilizia, per il divorzio e la suola pubblica. E così si va da Salvemini a Pannunzio, da Ernesto Rossi a Luigi Einaudi e Ugo La Malfa. Pazzi
malinconici, ma mai velleitari. Lucidi sognatori in perenne dialogo ed
al governo con la Democrazia Cristiana, ma capaci di offrire
un'alternativa ed un'argine laico ed occidentale ad essa ed al suo
clericalismo imperante. I laici di allora sognavano una Terza Forza
liberaldemocratica e liberalsocialista che li unificasse. Il progetto
fallì miseramente, spesso a causa di divisioni e gelosie dei vari
partiti di riferimento. Una riflessione sulla situazione attuale si impone. Io
sono fra coloro i quali ritengono che non si possa minimamente stare
dalla parte dell'attuale opposizione di matrice cattocomunista e
inconsistente su tutti i fronti, oltre che alleata ad un partito
reazionario come l'Italia dei Valori. L'attuale governo Berlusconi
non è la panacea di tutti i mali, ma ha saputo dimostrare di risolverne
taluni con misure liberali e financo socialiste: dalla cosiddetta Robin
Tax sui petrolieri, alla lotta ai fannulloni, alla detassazione degli
straordinari, all'emergenza rifiuti in Campania, alla recente proposta
di Brunetta in favore dei diritti alle coppie di fatto. Non a caso gli storici partiti laici (dal PLI al PRI al Nuovo PSI ai Riformatori Liberali) hanno, negli anni, preferito
sostenere sempre la CdL o il PdL piuttosto che l'Ulivo o il Pd. Certo,
trattasi di un governo a sovranità limitata (Berlusconi non è eterno) e
con, ahinoi, forti componenti reazionarie e sfasciste (penso alla
fallimentare e proibizionista "guerra alla droga" o alla "guerra alle
puttane e relativi cllienti"). E' per questo che oggi si può e si
deve costruire l'alternativa per l'alternanza (come diceva Pannella,
peccato che lui sia così confusionista da essere finito in pasto ai
nipotini di Berlinguer e di Dossetti). L'alternativa a partire dal
sostegno contingente a questo governo, ma per garantire, nell'arco dei
prossimi 5-10 anni, un'alternanza alla conservazione del PdL. Per
costruire un vero Partito della Libertà, della Laicità, della
Democrazia Liberale. Un partito ancorato all'Internazionale Liberale e
all'ELDR e che possa finalmente garantire anche all'Italia un vero
bipolarismo o bipartitismo, se è questo che la maggioranza degli
italiani vuole. Ma un vero bipartitismo-bipolarismo,
presuppone l'esistenza di culture politiche omogenee e radicate nella
Storia dell'Europa e dell'Occidente. E quindi: Liberali contro Conservatori. Mi
viene in mente la Gran Bretagna, ma anche la Francia, ove i laburisti e
i socialisti hanno perso tutto il loro appeal riformatore, mentre i
liberali avanzano. Portatori di nuovi diritti, di nuove opportunità
individuali e quindi sociali. In Italia la cosiddetta sinistra ha
spazzato via il Partito Socialista prima, osteggia da sempre i Laici e
i Liberali e, quando decide di fare opposizione, si appella al parolaio
Di Pietro e ai suoi girotondi modaioli.
E' anche per questo che i Laici e quindi i Liberali di cui parla anche
Massimo Teodori nel suo saggio, forti della loro Storia e cultura di
governo, avrebbero la possibilità di fare un salto di qualità.
Non tanto e non solo per il loro bene, quanto per quello dell'Italia
che altrimenti non conoscerà mai più una vera alternanza di governo
capace di garantire il futuro a tutti noi ed alle generazioni future.

Luca Bagatin
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22 marzo 2008
L'ALTERNATIVA LAICA E LIBERALE AL REGIME
Con l'avvento della Seconda Repubblica abbiamo assistito alla pressoché
totale scomparsa dei laici dal panorama politico italiano. Dal 25 % al
2 o 3 %. La caduta della Prima Repubblica per mezzo della "falsa
rivoluzione giudiziaria" che consegnò alla "giustizia" i principali
esponenti dei partiti democratici e liberali che aveveno governato
l'Italia dal 1948 ha, di fatto, portando al governo populisti,
macchiette e incompententi del calibro di Silvio Berlusconi, Umberto
Bossi, Romano Prodi, Massimo D'Alema, Pecoraro Scanio & Co(mpagnia
rossa). Ovvero, in soldoni, ha portato al dissesto economico,
finanziario e civile di questi ultimi 15 anni. Ora, posto che il
fenomeno della corruzione e del finanziamento illegale alla politica
non è affatto debellato (anzi !), non si capisce che cosa Veltroni e
Berlusconi, oggi, abbiano in più dei loro predecessori: Bettino Craxi,
Ugo La Malfa, Luigi Einaudi e i loro eredi politici liberali,
liberalsocialisti e riformatori. Esemplificando direi che i due principali candidati premier hanno unicamente una gran faccia tosta. La
faccia tosta di prendere in giro gli italiani da quindici anni a questa
parte; di aver confezionato ad arte due "partiti-detersivo" che non
vogliono dire assolutamente nulla sia sotto il profilo storico che
politico e culturale; nonché la faccia tosta di predicare
appartenemente bene salvo imbrogliare le carte una volta al governo e
rimangiarsi tutte le promesse (peraltro già di per sé limitate: si
pensi alla proposta di una assai misera riduzione delle imposte quando
invece l'Italia avrebbe bisogno di una radicale riduzione delle imposte
a fronte di una radicale riduzione della spesa pubblica). Il gioco è
ormai chiaro a tutti: Veltroni e Berlusconi mirano al pareggio per
instaurare, assieme, un vero e proprio regime mediatico alla faccia di
chi, come noi, crede ancora ai sempiterni e maggioritari in Europa
valori liberali e laici. L'Italia, lo scriviamo da tempo, avrebbe
bisogno d'altro. Ovvero di buona amministrazione riformatrice come
negli anni in cui Psi, Psdi, Pri e Pli decisero di allearsi alla Dc sia
per contenerne le spinte clericali sia per dare stabilità ad un Paese
martoriato dal fascismo e minacciato, ad Est ed al suo interno, dal
comunismo. Fu così che molti di noi, dal 1948 ad oggi, scelsero l'"alternativa laica e democratica" alle Chiese totalitarie Dc e Pci. E
così nel '48 votammo magari per il Psdi (allora Psli ovvero Partito
Socialista dei Lavoratori Italiani) di Saragat in antagonismo allo
stalinismo di socialisti e comunisti; negli anni '60 votammo il Pri di
Ugo La Malfa le cui ricette economiche risollevarono l'economia in
crisi e le garantirono il cosiddetto "Boom economico" che ci avvicinò
all'Europa; negli anni '80 sostenemmo il tanto odiato craxismo ovvero
il dinamismo ed il Made in Italy e la lotta all'inflazione; negli anni
'90 scegliemmo l'opzione Radical-pannelliana che denunciava tanto gli
sprechi nella pubblica amministrazione e il connubio esistente sin
dagli anni '70 fra Dc e Pci, quanto il giustizialismo dilagante che
voleva mettere alla gogna chi "dava fastidio" proprio a queste due
Chiese (si pensi all'"affaire" Craxi). Oggi, con lo stesso spirito
d'allora, ritengo che, per chi come noi ha nel sangue i valori laici e
riformatori, l'unica alternativa sia il pur piccolo Partito Liberale
Italiano che, con coraggio, si presenterà in tutta Italia alle elezioni
del 13 e 14 aprile proprio contro il Veltrusconismo, ma soprattuto per
una radicale riduzione delle imposte per garantire lo sviluppo, per le
libertà civili e la ricerca scientifica che guardi al merito e non alle
clientele e per un vero abbattimento degli enti pubblici inutili quali
Province e comunità montane. Siamo degli utopici utopisti ? Dei
velleitari ? Dei pazzi malinconici come ci definiva e definiva sé
stesso il nostro maestro Gaetano Salvemini ? Non credo. Penso piuttosto che siamo degli amanti della libertà a 360 gradi. E dell'intelligenza. Di
un'intelligenza che "vedette mediatiche" come il sig. Veltroni e il sig.
Berlusconi vorrebbero spegnere con i loro slogan e i loro faccioni
debordanti di falsità per continuare a fare il bello ed il cattivo
tempo alle spalle di chi lavora, o, non certo a causa sua, è disoccupato; paga le tasse e crede ancora nei
valori di laicità e democrazia.
Luca Bagatin
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15 febbraio 2008
Marco Pannella scrive (anche) a Luca Bagatin. Luca Bagatin gli risponde (financo per le rime !)
Caro Luca,
ti mando in anteprima la pagina pubblicitaria
che giovedì 14 febbrario troverai su il Riformista (segnalalo per
favore a quante più persone possibili, in ufficio, al lavoro, agli
amici). Come vedi non ci arrendiamo, è possibile che l'appello sortisca
gli effetti che speriamo.
Che ti pare dell'appello?
Ciao,
Marco (pannella@radicali.it)
Caro Marco, mi pare che siano soldi buttati e per una causa non solo
persa ma anche indegna della storia radicale che si abbassa al disegno
cattocomunista e neoautoritario di Veltroni & Co (che peraltro vi ha recentemente insultati anche per bocca di Fassino). Sono deluso di
voi da molto tempo, ovvero da quando fondaste la Rosa nel Pugno con i boselliani
(che peraltro vi tradirono...come loro costume del resto) e vi alleaste
a Prodi. L'unica alternativa Laica, Liberale, Socialista, Radicale,
Repubblicana è quella di costruire una Terza Forza Liberaldemocratica e
Liberalsocialista per costruire un Eldr italiano contrapposto al
conservatorismo del Pd e del Pdl, peraltro indegni eredi financo del
socialismo e del popolarismo europeo. Ma la lezione dei Salvemini, dei Rossi, dei Pannunzio e di tutto il Mondo ve la siete davvero scordata ? Un caro saluto.
 Luca Bagatin (burroughs279@yahoo.it)
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2 febbraio 2008
"IL MONDO" 1949/1966 - RAGIONE E ILLUSIONE BORGHESE
  Mai testata giornalistica fu più liberale de "Il Mondo", il settimanale
fondato e diretto da Mario Pannunzio dal 19 febbraio 1949 all'8 marzo
1966. Diciassette anni di battaglie laiche, liberali, libertarie e
riformatrici in un'Italia da sempre (oggi ancor più di ieri, peraltro)
pasticciona, burocratica, clericale, socialcomunista e socialfascista. Diciassette
anni di denunce di un "sistema" corrotto e corruttore fatto di
sottogoverno delle maggioranze (che videro protagonisti Dc e Pci in
primis, abbracciati sino alla morte....ed oggi non a caso uniti nel
Partito Democratico sostenuto dai Poteri Forti !); di ingerenza
vaticana (per quanto allora fosse in qualche modo arginata dalla Dc
alla quale va dato comunque il merito di essere un partito di gran
lunga più laico degli attuali Pd, Forza Italia, Alleanza Nazionale e
potremmo continuare nell'elenco dei partiti baciapile dell'Italia
d'oggi) e di connubio fra mondo politico e mondo economico (aspetto che
oggi ha raggiunto l'apice al punto che è l'economia - guidata da un
capitalismo straccione, antiliberista ed antiliberale - a governare la
politica !). I diciassette anni pannunziani de "Il Mondo", animati
da spiriti liberi, da "pazzi malinconici" borghesi sino al midollo, da
liberali, repubblicani, socialisti e laici senza tessera, furono forse
gli anni più "utopici" proprio perché inusitatamente realistici e
concreti dell'Italia del dopoguerra. Anni in cui i partiti laici
Pri, Pli e Psdi (ai quali "Il Mondo" faceva per molti versi
riferimento) avevano giustamente dato il loro sostegno alla politica
filo-occidentale ed atlantica di De Gasperi e via via tentato di
ricostruire un' Italia martoriata dalla guerra e dal fascismo. Il tutto
con la feroce opposizione dei comunisti e dei socialisti nenniani
allora sostenuti dalla dittatura sovietica. E così, gli "Amici de il
Mondo", ovvero i suoi collaboratori e simpatizzanti (dai padri del
Liberalismo italiano Benedetto Croce e Luigi Einaudi, agli azionisti
Ernesto Rossi, Gaetano Salvemini e Aldo Garosci; dal liberista Panfilo
Gentile, ai repubblicani Ugo La Malfa e Adolfo Battaglia, sino ad un
giovanissimo Marco Pannella, tanto per citarne alcuni) contribuirono a
creare le basi per una cultura "alternativa" e "dell'alternativa" al
monolitismo conservatore democristiano e marxista che permeava la
società italiana da poco uscita dal fascismo di cui proprio
democristiani e marxisti furono i diretti continuatori sotto il profilo
ideologico, politico e culturale. E così "Il Mondo" ospitò fra le
sue colonne intellettuali del calibro di Orwell, Thomas Mann, Ennio
Flaiano e Alberto Arbasino, nonché, dal 1955, organizzò i "Convegni del
Mondo" come risposta laica ai problemi che attanagliavano l'Italia di
quegli anni (e, è il caso di dirlo, l'Italia di questi anni): dal
rapporto fra Stato e Chiesa al nucleare; dalla lotta ai monopoli alla
questione della scuola sino all'unificazione europea di cui "Il Mondo"
fu tra i più accesi sostenitori. Mario Pannunzio, padre de "Il
Mondo", fu rarissimo esempio di professionismo giornalistico: egli
leggeva personalmente ogni singolo articolo, si occupava personalmente
della stesura dei titoli e delle didascalie nonché della scelta delle
foto e dell'impaginazione. Ogni settimana ne uscive così un giornale, a
detta anche dei maggiori critici dell'epoca, "elegante", "raffinato" ed
"europeo". Certo l'indipendenza dal potere economico e politico del
giornale costò cara al punto che esso dovette chiudere prematuramente
nel '66 con grande felicità di tutti i suoi denigratori (missini e
comunisti in primo luogo). Certo "Il Mondo" lasciò il solco nel
mondo laico. Esso fu il primo a teorizzare la costituzione di una Terza
Forza comprendente liberali, repubblicani, socialisti e
socialdemocratici capace di contrapporsi alla Dc ed al Pci (ricordiamo
in questo senso l'articolo "Qualche sasso in capponaia" di Gaetano
Salvemini, pubblicato nel dicembre del 1949). Grazie al contributo
ideale di questo piccolo-grande settimanale liberale e attraverso una
scissione del Partito Liberale Italiano, nacque il Partito Radicale
dei Liberali e dei Democratici, il cui simbolo era la Minerva con il
berretto frigio, e che recuperò la tradizione risorgimentale di Felice
Cavallotti e prima ancora quella di Giuseppe Mazzini e le cui battaglie
politiche si concretizzarono nella lotta alla speculazione edilizia
(contro i cosiddetti "palazzinari", quelli che ci sono ancora oggi,
guarda un po' !), nella lotta ai Poteri Forti (in particolare negli
intrecci fra la Dc e la Federconsorzi) e nelle battaglie per uno Stato
ed una scuola laica e pubblica. La battaglia radicale, rarissimo
esempio di volontà di modernizzazione e di occidentalizzazione del
nostro Paese, rimase tuttavia puro velleitarismo ed "Il Mondo" si trovò
costretto a ripiegare nella teorizzazione del Centro-Sinistra (l'unico
vero Centro-Sinistra che l'Italia conobbe mai) attraverso la proposta
di far entrare il Psi nella coalizione di Governo, all'indomani della Rivoluzione d'Ungheria del '56 in cui esso aveva condannato lo
stalinismo e si avviava verso l'abiura del marxismo). Sappiamo bene
anche oggi che le istanze laiche, liberali, liberiste, anticlericali e
libertarie, tipiche della storia e della cultura de "Il Mondo", vengono
ancora bollate come astrusità velleitarie. Esse infatti sono da sempre
un pericolo nei confronti dell'Ordine costituito dal monolitismo
"catto-comun-clerical-fascista" che da un quindicennio a questa parte ha
preso nomi e simboli pittoreschi, così, tanto per dare una mano di
vernice: i già citati Partito Democratico, Forza Italia, Alleanza
Nazionale, Sinistra Comunista Arcobaleno, Lega Nord, Udeur ecc... Nel
rileggere oggi le pagine di quel bellissimo libro di Paolo Bonetti "Il
Mondo 1949/66 - Ragione ed illusione borghese" edito nel 1975 da
Laterza, viene una grande nostalgia. Forse allora erano altri tempi.
Allora la politica (intesa a 360 gradi, non certo come mera ideologia)
aveva un senso in ogni aspetto della vita ed era vissuta dai suoi
militanti proprio come mezzo di confronto e d'elevazione financo
intellettuale. Oggi, o meglio, dal '92 ad oggi, la politica fa veramente ribrezzo e chi se ne occupa ancora ha secondo me un grande stomaco. Parlando nello specifico della cosiddetta "area laica", vedo da troppo tempo solo grandi polveroni: tanto fumo e niente arrosto. I
socialisti sono divisi e, se proprio esistono ancora, hanno messo in
piedi un partito di reduci "sasso in capponaia" e "utile idiota" di
Veltroni & Co. I repubblicani ancora non mi è chiaro che cosa
vogliono fare: se rimanere con Berlusconi per ottenere ancora qualche
posto in Parlamento (da inascoltati), oppure finalmente cercheranno di
porsi come apripista di un Partito dei Liberali e dei Riformatori in
Italia (nel frattempo personalmente ho dato la mia adesione al loro
movimento giovanile - la Federazione Giovanile Repubblicana - perché
senza di questi giovani il partito di La Malfa e Nucara sarebbe davvero
perso per sempre); i liberali non si sa davvero più dove siano e,
quanto ai radicali di Pannella e Bonino, dopo essere stati imbrogliati
da Enrico Boselli e dallo Sdi nell'affaire Rosa nel Pugno, oggi sono
inspiegabilmente i più accaniti sostenitori del cattocomunismo prodiano
(ma non erano contro l'accanimento terapeutico ?). Un'alternativa,
forse, ci sarebbe ancora (ma sottolineo il "forse" !): la nascita o la
ri-nascita, all'interno di questi partiti, di nuclei di persone
pensanti (in questo senso Beppe Grillo ha profondamente ragione, altro
che antipolitica !), di spiriti liberi che non si lascino cooptare o
raggirare dai "caporioni" dei loro rispettivi gruppi dirigenti. Se
lo scanzonato ma concretissimo spirito di Ernesto Rossi e degli "Amici
de Il Mondo" aleggiasse ancora in casa laica sono certo che tutti ne trarrebbero immenso e produttivo vantaggio.
Peccato che...siamo pressoché totalmente pessimisti in questo senso.
   
Luca Bagatin
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