3 maggio 2015
Gli scontri di Milano e le manifestazioni violente rafforzano da sempre il Potere. L'alternativa è voltare le spalle al Sistema
E' chiaro che non sono teppistelli, ma
terroristi. E' grave che a chiamarli “teppistelli” sia il Capo
del Governo, che, come solitamente fa, tende a minimizzare un atto
gravissimo. Atto gravissimo che, peraltro, rafforza il Potere ed il
Governo in carica. E tutti i governi repressivi.
Come nella Genova del G8 2001, anche
questa volta è andato in onda un vero e proprio atto di guerriglia
che, anziché danneggiare i Potenti, ha danneggiato la povera gente,
la quale dovrebbe essere risarcita dagli stessi terroristi arrestati
e dalle loro famiglie, siano residenti anche nella Papua Nuova Guinea
!
Danneggiare abitazioni, automobili
private, piccoli negozi, oltre ad essere un atto di terrorismo (e
come tale andrebbe considerato e sanzionato), è un atto che con la
lotta alla globalizzazione ed al sistema economico, non ha davvero
nulla a che vedere. Anzi.
E' un danno alla cittadinanza (e cittadini sono anche i poliziotti,
con stipendi da fame, come già ci ricordò Pier Paolo Pasolini), a
persone inermi già tartassate dagli Stati e dai Governi e già
sfruttate dal capitalismo, al punto che fa pensare che i black bloc,
oltre che degli scalmanati, siano anche dei provocatori prodotti dal
sistema globalista.
Noi, che siamo cresciuti a pane
raffermo e controcultura, preferiamo ricordare un militante
controculturale e libertario puro, uno che ha subito e affrontato spesso le
angherie del governo statunitense (al punto da essere costretto ad
andare in clandestinità alla fine degli Anni '70 e a doversi
sottoporre a plastica facciale), che ha combattuto il sistema
solamente con la goliardia e la nonviolenza: Abbie Hoffman.
Abbie Hoffman fu, fra le altre cose, il
leader del partito degli Yippie e protagonista di tutte le battaglie
contro la guerra nel Vietnam negli Anni '60 e '70 e di una lotta
serrata al sistema capitalistico al punto che goliardicamente, nel
1967, si mise a gettare biglietti da un dollaro sugli scambisti della
Borsa di New York e organizzò numerosissime manifestazioni
provocatorie e nonviolente contro il Sistema (come proporre la
candidatura alle elezioni politiche di un maiale chiamato Pigasus o
facendo marciare 50.000 persone attorno al Pentagono con il proposito
di far lievitare l'edificio in aria).
Abbie Hoffman fu la persona che,
assieme a Timothy Leary (che Nixon definì “l'uomo più pericoloso
d'America”), diede più filo da torcere ai governi statunitensi ed
al Sistema politico-economico di qualsiasi altro. Ed il tutto
attraverso l'uso del cosiddetto “teatro di strada”, della
nonviolenza, della goliardia, dell'irrisione, della
de-mediaticizzazione del Sistema.
Questo i ragazzi ed i ragazzini di oggi
nemmeno lo sanno. A loro basta trasformarsi in terroristi, far
parlare di sé in televisione, postare video idioti nei cosiddetti
“social” (che di sociale non hanno proprio nulla e sono stati
ideati – non a caso - dall'ennesimo ragazzino in cerca di fama e
soldi !) e fottere la povera gente, dando così una mano al Sistema
politico-economico imperante.
Se volete fare la rivoluzione davvero,
allora fatela contro i Potenti. Che hanno nomi e cognomi e che
appaiono continuamente nei media. E soprattutto improntate la vostra
vita in modo tale che il Sistema non vi riguardi più, che sia solo
un'illusione. Smettendo così di collaborare con esso.
Non comperate più gli ultimi modelli
di smartphone; non comperate più automobili (smettete di guidare,
visto che esistono i mezzi pubblici !); non guardate la televisione
e, comunque, se lo fate, cambiate canale quando trasmettono la
pubblicità commerciale; non accettate alcuna offerta commerciale
(che è l'ennesima ruberia legalizzata !); smettete di acquistare
prodotti di marca e prodotti da multinazionali, le quali sfruttano da
sempre i lavoratori; usate la rete, ma solo per diffondere messaggi
d'amore e solo per ricercare rapporti d'amore e per comunicare
messaggi profondi e meditati, che non inseguano stupide mode o
piaceri effimeri; cercate di comprendere che i doveri (verso voi
stessi, i vostri cari, l'umanità) sono più importanti dei diritti
(leggere un rivoluzionario vero come Giuseppe Mazzini non vi farebbe
male !); smettete di andare a votare, perché i politici ricercano il
vostro voto solo per poter manipolare il vostro modo di essere e di
vivere: informatevi ed autogestitevi, quindi; iniziate a coltivare la
terra, anche un piccolo orto in casa, in modo da cercare di essere
autosufficienti il più possibile; create reti sociali, società
cooperative autentiche, con lo scopo di autogestire il vostro stesso
lavoro; smettete di dare peso agli eventi mediatici e voltate loro le
spalle.
Ritiratevi progressivamente dal
Sistema, dunque. Smettete di essere consumatori/elettori/individui
passivi. Acquisite consapevolezza spirituale e morale. Rifiutate il
materialismo ed il modernismo.
Tutte cose che spaventeranno qualsiasi
Potente, specie se attuate su vastissima scala. E che ci restituiranno un
mondo migliore e delle persone più consapevoli, spiritualmente attive, autogestite.
 Luca Bagatin
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3 aprile 2015
La fine della sovranità nazionale. L'alternativa alla dittatura del danaro proposta da Alain De Benoist
Come siamo arrivati alla crisi
economica globale ? Come siamo arrivati a perdere potere d'acquisto ?
Come siamo arrivati ad essere spremuti come limoni da Stati europei
che hanno, conseguentemente, ridotto drasticamente il welfare, i
servizi pubblici e privatizzato indiscriminatamente ?
Come siamo arrivati, dunque, a perdere
la nostra sovranità nazionale in favore di un'economia globalizzata,
governata da lobby, multinazionali e sistema bancario ?
Alain De Benoist, scrittore, filosofo
ed intellettuale francese dei nostri giorni ce lo spiega in un
bellissimo ed agile saggio che andrebbe letto da ogni cittadino e da
ogni personalità politica intellettualmente onesta, pubblicato in
Italia da Arianna Editrice con introduzione di Eduardo Zarelli e dal significativo titolo: “La fine
della sovranità – Come la dittatura del denaro toglie potere ai
popoli”.
De Benoist ci spiega che la fine del
mondo è avvenuta. Pressoché senza che ce ne rendessimo conto,
spalmata su più decenni. Nel “vecchio mondo” i bambini sapevano
leggere e scrivere, venivano ammirati gli eroi e non le vittime, la
politica non era ancora al servizio dell'economia e vi erano
frontiere che garantivano ai popoli di vivere tranquillamente,
all'interno di una società che conoscevano.
Il “nuovo mondo”, diversamente, ha
spazzato via tutto. E' diventato liquido, in nome dell'ideologia del
danaro, del capitalismo, del libero-scambismo, dell'ideologia del
desiderio – ovvero dell'egoismo - e, nei fatti, ha reso schiavi i
popoli e li ha omologati. Un mondo osannato sia da quella che De
Benoist definisce la “destra finanziaria” che dalla “sinistra
multiculturale”, che si regge su quella che è definita la
governance, ovvero una sorta di cesarismo finanziario che
governa i popoli tenendoli in disparte rispetto a qualsiasi decisione
democratica e civile.
E' così che, l'Europa, sotto la spinta
delle politiche di austerità, sta scivolando nella recessione, con
un costante aumento della disoccupazione e l'altrettanto costante
smantellamento dei servizi pubblici ed il conseguente crollo del
potere d'acquisto delle persone, che, sempre più, stanno scivolando
nella povertà.
Alain De Benoist, profondo critico del
capitalismo, spiega nel suo saggio come un tempo
l'internazionalizzazione degli scambi commerciali non ha mai
implicato l'integrazione delle diverse comunità umane in un'unica
società di mercato. Le merci potevano circolare liberamente, ma ciò
non ha mai impedito ai singoli Stati di esistere. Attualmente,
invece, assistiamo sia all'esportazione di capitali attraverso
investimenti all'estero, sia al fenomeno della delocalizzazione delle
imprese, che sfruttano manodopera a basso costo in Paesi ove è più
conveniente reperirla - o che magari hanno legislazioni meno
restrittive in materia ambientale - , causando pertanto
disoccupazione ove la manodopera è ritenuta più costosa e danni
all'ambiente e all'ecosistema.
Il capitalismo speculativo e
finanziario, dunque, ha preso il posto del capitalismo industriale e
di mercato e pertanto, siamo completamente sottomessi alla logica del
profitto e l'economia, di fatto, governa sulla politica e sui cittadini.
La globalizzazione o, come la definisce
De Benoist, la mondializzazione, volendo integrare il mercato locale
in un grande mercato planetario, ha soppresso ogni misura
protezionistica, a tutto svantaggio, peraltro, delle colture e dei
prodotti tipici locali, impoverendone i produttori e costringendoli a
chiudere le loro imprese.
La globalizzazione, dunque, il cui
processo è diventato inarrestabile nel corso degli Anni '80 e '90,
non consiste più tanto in scambi commerciali, quanto piuttosto nella
circolazione mondiale dei capitali. Il reddito finanziario diventa
così ben più importante rispetto alla funzione produttiva e così i
mercati si distaccano totalmente dalla produzione reale di beni e
servizi e, come spiega ottimamente De Benoist, l'impennata dei
dividendi degli azionisti in borsa impone che i salari dei lavoratori
diminuiscano, pur in presenza di un'elevata produttività del lavoro
!
I veri perdenti della globalizzazione,
dunque, sono i cittadini.
Sino a qualche decennio fa la politica
degli Stati si fondava su tre pilastri: sovranità economica,
sovranità militare e sovranità culturale. Oggi non è decisamente
più così.
E' così che i sostenitori della
globalizzazione e del capitalismo hanno trovato il sistema per porre
gli Stati al loro servizio attraverso l'indebitamento dei medesimi
con il sistema bancario privato e, a loro volta, gli Stati si sono
messi al servizio dei mercati finanziari e delle agenzie di
valutazione, al fine di rendersi più “appetibili” nei confronti
degli investitori privati.
E' così che la gran parte degli Stati
europei, dagli Anni '90, ha iniziato un'attività di privatizzazione
selvaggia, indiscriminata e spesso di svendita e di regalìa. I
politici che alle privatizzazioni si opponevano, del resto - come
Bettino Craxi in Italia - sappiamo bene come sono stati liquidati
(sic !). I mercati, poi, sono stati ulteriormente deregolamentati ed
il welfare state è stato ridotto all'osso, così come sono stati
ridotti all'osso i bilanci di scuola, ricerca e santità e la
legislazione sul lavoro è stata resa sempre più flessibile, ad uso
e consumo del capitale e dell'oligarchia finanziaria.
La scuola, come scrive De Benoist nel
suo saggio, è stata trasformata – da luogo di cultura e formazione
– in luogo di prestazione di servizi e anticamera del lavoro.
Conseguentemente gli Stati hanno
iniziato a rinunciare alla loro sovranità giuridica affidandosi ad
organismi internazionali; alla loro sovranità finanziaria
affidandosi, come già detto, alle banche private ed infine hanno
riununciato alla loro sovranità di bilancio affidandosi alla
Commissione europea, oggi Unione europea.
L'unico ambito nel quale gli Stati non
hanno ceduto sovranità e, anzi, hanno investito, è la cosiddetta
“lotta al terrorismo” (sic !).
Diversamente da quanto sostenuto dai
neo-liberali e dai capitalisti, l'arricchimento da parte di tutti i
Paesi, la riduzione delle ineguaglianze e l'arricchimento di tutte le
economie non c'è stato. Anzi.
La povertà, l'ineguaglianza e
l'esclusione sociale è aumentata a dismisura e oggi il 10% delle
persone controlla controlla l'85% delle ricchezze mondiali !
L'esperienza dimostra, infatti, che è
un'elevata protezione sociale e non politiche di austerità che
favoriscono l'espansione economica. Ovvero l'esatto opposto di quanto
sta avvenendo ora nella quasi totalità degli Stati d'Europa.
Venendo alla questione del debito
pubblico, Alain De Benoist dedica un'intero capitolo alla questione.
Innanzitutto ci spiega a chi dobbiamo pagare questo debito, ovvero
alle banche private, alle assicurazioni, ai mercati finanziari ed ai
fondi pensionistici. Gli istituti finanziari, poi, a loro volta,
scambiano il debito che hanno “acquistato” in prodotti finanziari
per poter speculare a loro volta sui mercati. Il debito di ogni Stato
europeo è, pertanto, in mano ad azionisti privati stranieri !
Come se non bastasse gli Stati europei,
fra il 2008 ed il 2009, hanno malauguratamente deciso di salvare le
banche dal fallimento e, pertanto, hanno dovuto a loro volta
contrarre prestiti sui mercati finanziari, aumentando così il loro
già elevato debito pubblico ! Come se non bastasse, le banche
salvate, si sono trovate così creditrici nei confronti dei propri
Stati-salvatori. Il cosiddetto “cane che si morde la coda”,
insomma !
Fra la fine degli Anni '40 e la metà
degli Anni '70, anche le famiglie si sono indebitate a dismisura con
le banche private, attraverso l'accensione di mutui per l'acquisto di
immobili...sino a che si è giunti al 2007 allorquando le famiglie
statunitensi – incapaci di risparmiare - non sono più state in
grado di restituire i prestiti che avevano contratto. Ecco l'inizio
della crisi globale.
Si consideri, poi, che dalla metà
degli Anni '70, negli USA, non è stato più possibile convertire le
monete in oro e ciò ha favorito la creazione di moneta
sostanzialmente virtuale e, dunque, non più legata ad un valore
reale.
Per quanto riguarda gli Stati europei
possiamo dire che la gran parte dei debiti pubblici si trova nei
conti correnti delle banche private, non essendo peraltro possibile
alla Banca Centrale Europea prestare danaro agli Stati. Le banche
private, invece, possono continuare a chiedere prestiti alla BCE a un
tasso ridicolo dell'1%, per poi prestarlo agli Stati ad un tasso che
va dal 3,5% al 7%. Se non è un vero imbroglio legalizzato a tutto
vantaggio del capitalismo finanziario questo !!!!
Va da sé, dunque, che il debito
pubblico degli Stati – con tanto di interessi - sia impagabile, per
quanto gli Stati medesimi ci stiano imponendo assurde, inutili e
dannose misure dittatoriali di austerità, con aumenti delle imposte
dirette e indirette, con lo smantellamento dei servizi pubblici, con
riduzioni del bilancio di settori chiave dell'economia nazionale, con
politiche di flessibilità del lavoro. L'effetto, dunque, è che la
crisi economica, anziché arrestarsi, finisce per aggraversi ogni
giorno di più, con conseguente disoccupazione, perdita del potere
d'acquisto e suicidi sempre più in aumento. Il capitalismo
finanziario, dunque, non va sottovalutato e si sta rivelando la
peggiore e più pericolosa delle dittature che l'Europa abbia mai
subìto.
Quali le soluzioni suggerite da Alain
De Benoist ? La BCE dovrebbe avere la possibilità di prestare danaro
agli Stati o, meglio ancora, il debito pubblico andrebbe cancellato,
ma ciò sarebbe possibile solo se tutti gli Stati fossero d'accordo
nel chiederne la cancellazione.
Come se non bastasse, il Meccanismo
Europeo di Stabilità (MES), istituito nel 2012, stabilisce che ogni
Stato membro deve contribuire in ragione del proprio PIL ad aumentare
il capitale inizialmente fissato in 80 miliardi di euro, sino ad
aumentarlo progressivamente a 700 miliardi di euro e, lo Stato
contravvenente, potrà essere processato dalla Corte di Giustizia
dell'Unione europea !
Va da sé che gli Stati dell'UE hanno
completamente perduto ogni sovranità e che i Parlamenti dei medesimi
hanno solo formalmente la possibilità di dibattere sugli
orientamenti di bilancio e sulla messa in opera.
Alain De Benoist spiega che l'uscita
dall'euro potrebbe essere una soluzione, in quanto permetterebbe la
svalutazione delle monete nazionali, ma avrà senso ed efficacia solo
se tutti i Paesi decideranno, di concerto, di uscirvi.
Oltre a tale misura – per uscire
dalla dittatura del capitalismo finanziario e dei meccanismi dell'UE
- andrebbe applicato un protezionismo
europeo e nazionalizzate le banche, socializzando il credito.
Nel saggio “Le fine della sovranità”,
De Benoist mette inoltre in guardia i lettori ed i cittadini tutti di
fronte all'istituzione del “Grande Mercato Transatlantico” che di
fatto ingloberà l'Europa nel mercato statunitense, con immensi
svantaggi per i nostri mercati, le produzioni locali, l'ambiente, i
diritti dei lavoratori.
“La fine della sovranità” è
dunque un testo di Resistenza. Un saggio per menti pensanti che
desiderano resistere ad una nuova dittatura che, questa volta, ha il
volto “rassicurante” dello speculatore finanziario, del
governatore europeo, del banchiere, del politico che si è fatto
corrompere.
Un testo agile per chi vuole capire e
non vuole farsi inglobare all'interno di un mercato che non ha scelto; da logiche
che altri - nei salotti buoni di Bruxelles o di Washington - hanno stabilito per lui.
 Luca Bagatin
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2 aprile 2015
La necessità di rilanciare la scuola pubblica, il ruolo degli insegnanti e la formazione
L'immagine è tratta dalla locandina del film-documentario (di cui si parla nell'articolo) "Educazione affettiva"
Ho sempre pensato che la professione di
insegnante sia, in assoluto, la professione più nobile e degna che
possa esistere.
La formazione, molto più della mera e
spesso mediata informazione, è lo strumento di base attraverso il
quale un bambino può non solo e non tanto approcciare al mondo
adulto, ma raggiungere la piena maturità esistenziale, che gli
permetterà di avere tutti gli strumenti – formativi, appunto –
per poter essere l'uomo o la donna del domani.
E' veramente triste, invece, assistere
da decenni – con il contributo dei Governi e degli Stati, sempre
più asserviti alle logiche dei mercati – ad una vera e propria
privatizzazione della scuola pubblica – e, dunque, della
formazione. Una privatizzazione finalizzata a trasformare gli
studenti in nuove generazioni di consumatori/lavoratori passivi e
schiavizzati da un sistema che li sta privando, sempre più, di
autentiche basi culturali, emotive, affettive e, dunque, formative.
Uno Stato civile e democratico, che ha
a cuore il benessere delle persone, non può permettersi di tagliare
i bilanci delle scuole. E non può permettersi di far entrare sponsor
o privati nelle medesime, che è ciò che, nei fatti, avviene da
decenni, inseguendo il modello statunitense che, peraltro, produce da
sempre generazioni di somari.
Mi ha fatto molto piacere, dunque,
essere stato invitato ieri – presso l'Aula dei gruppi parlamentari
della Camera dei Deputati – alla proiezione ufficiale del
film-documentario “Educazione affettiva”, di Federico Bondi e
Clemente Bicocchi, prodotto dalla Ardaco, una casa di produzione
indipendente (www.educazioneaffettiva.com).
Molte le insegnenti e gli studenti
presenti ed anche qualche politico ha fatto capolino.
Interessante e leggero il documentario,
realizzato dai bambini della quinta elementare della Scuola-Città
Pestalozzi di Firenze e dai loro insegnanti, Matteo e Paolo.
Il film-documentario racconta alcuni
momenti della vita scolastica della classe, l'ultima gita, le lezioni
di educazione affettiva per imparare a rapportarsi con l'altro ed
infine i consigli che i maestri danno agli allievi, nel difficile
passaggio che accompagna i bambini verso l'adolescenza.
E' un film, a parer mio, che nella sua
semplicità aiuta a riflettere sul ruolo centrale dell'insegnante, sin
dalle scuole elementari. Ruolo spesso non compreso sia dai genitori
dei ragazzi, che dalla classe politica italiana che, forse, non ha
nemmeno le basi formative per comprenderlo.
Ruolo spesso marginale o
marginalizzato. Così come ritenuta marginale o marginalizzata è
l'educazione affettiva ed anche quella sessuale che – salvo una
proposta di legge dell'On. Ilona Staller negli Anni '80 ed oggi
dell'On. Valentina Vezzali (che presto intervisteremo) – è
ritenuta tabù nelle scuole italiane.
Fa piacere che, ogni tanto, anche la
politica getti uno sguardo su tali tematiche.
Farebbe ancor più piacere che si
invertisse la rotta, ovvero che si iniziasse a fare spallucce di
fronte ai tanti vincoli di bilancio e, dunque, si investisse di più
nella scuola pubblica, nella formazione degli insegnanti, nella
stabilizzazione di tutti i precari (senza costringerli a pagare fior
fior di quattrini per abilitarsi !), nell'istituzione di corsi di
educazione affettiva e sessuale sin dalle scuole elementari !
Sarebbe una bella utopia, ma un'utopia
lucida e concreta, sulla quale sarà opportuno iniziare a ragionare e
sulla quale sarebbe urgente attivarsi.
 Luca Bagatin
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31 marzo 2015
"Politica VS Sensualità": riflessioni (anti)politiche e (contro)culturali by Luca Bagatin
"Ragazzo
e ragazza, l'uno tra le braccia dell'altra, Maggie e Jack, nella
triste pista da ballo della vita, già demoralizzati, gli angoli
della bocca pieni di rinuncia, le spalle che si afflosciano,
accigliati, le menti prevenute - l'amore è amaro, dolce è la
morte"
(Jack Kerouac)
 Viviamo
in un'epoca di apparente ricchezza e di reale povertà (interiore,
economica...). Questa la conseguenza della globalizzazione e del
capitalismo. Ovvero dell'egoismo.
Un
tempo si chiamavano usurai e falsari. Oggi si chiamano
banchieri. L'alternativa alla crisi economica mondiale può essere
l'esproprio e la conseguente nazonalizzazione/socializzazione del
sistema bancario privato. Prima lo si comprende meglio è.
Ogni
qual volta sento proferire dalla bocca di un politico o di un
imprenditore le parole "crescita", "innovazione"
e "competitività" dalla mia bocca fuoriesce un rutto.
Le
battute a sfondo sessuale non hanno mai fatto male a nessuno.
Anzi. E' la malizia che fa male, tanto quanto l'ipocrisia
umana. Due aspetti che rifuggo il più possibile.
Barack Obama
paragonò il Colosseo di Roma ad un campo da baseball. Questo il
livello culturale del Presidente di una Repubblica federale che con
la cultura ha sempre fatto a cazzotti. Perdendo inesorabilmente.
Più
conosco "sexy star" e più mi rendo conto di quanto siano
interessanti e diverse dagli "stereotipi", dalla "vulgata"
che le vorrebbe tutte corpo e nulla di più. La parte più erotica
di una "sexy star" (e di una donna, in generale) è
l'anima. Ed è la parte che mi piace sempre scoprire...di più.
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18 febbraio 2015
Un pensiero e un augurio ad Emma
Ho conosciuto di persona Emma
nell'aprile del 1999 ed allora le regalai una poesia che scrissi per
lei e che qualche giornale pubblicò anche.
Recitava così:
Emma Bonino,
una dei tanti radicali scalzi che popolavano negli anni ‘70 le
piazze delle città per affermare i diritti di tutti, anche dei
più derelitti di questo mondo, contro un regime violento,
burocratico, partitocratico e clericale, che aveva in gloria solo
la gestione del Potere: la poltrona sicura di Ministro, Cardinale o
Presidente. Emma Bonino: una donna, un simbolo dell’Europa e
per l’Europa, a dispetto di chi ha cercato e cerca di oscurarla con
ogni mezzo. Emma Bonino: oggi di nuovo alla ribalta come degna
Commissaria europea, sempre in prima linea per l’affermazione dei
diritti umani, civili e politici, come ieri, più di ieri. Loro,
i Potenti, forse ti saranno avversi, ma è certo che la gente è con
te e con le tue battaglie di libertà e legalità. Un augurio
di cuore! Una speranza dal profondo! ....magari una piacevole
utopia: Emma for President
A quei tempi credevo molto nel percorso
politico portato avanti dai Radicali che, proprio nell'aprile di
quell'anno, a Monastier di Treviso, fondarono la “Lista Emma
Bonino”.
Qualche mese prima, del resto, avevo
condotto – senza alcun mezzo e solamente con l'aiuto della radicale
Paola Scaramuzza – la campagna per “Emma Bonino al Quirinale”,
nella città di Pordenone. Città che, peraltro, alle elezioni
europee, le regalerà il secondo posto con oltre il 14% dei consensi.
Anche allora, gli unici a fare campagna elettorale, fummo solamente
Paola ed io.
Radicale ad ogni modo non sono mai
stato. O, meglio, non sono mai stato un pannelliano. Diciamo che mi
riconosco molto di più nel Partito Radicale di Mario Pannunzio, più
che in quello di Pannella. Boniniano lo sono stato a tratti, anche
se, con gli anni, penso che il percorso più interessante lo abbia
fatto chi pur frequentava quei “luoghi libertari”, ma voleva
rimanere libero di essere sé stesso, senza sporcarsi troppo nelle
Istituzioni e ricercare piuttosto un'alternativa alla politica
parlamentare e mediatica. Parlo dell'esperienza del Partito
dell'Amore che, in questi anni, sono pressoché l'unico che ha
tentato di ricostruirne e raccontarne, sotto il profilo
giornalistico, la storia e la storia dei suoi protagonisti.
Oggi mi fa male al cuore vedere Emma
con quel turbante africano in testa, ma al contempo mi rafforza. Mi
fa pensare alla forza dei radicali storici che hanno sempre mostrato
il loro corpo – fosse nudo o malato – per un bene superiore.
Sono e sono sempre stato vicino alle
battaglie per la libertà di cura per i malati, per la ricerca
scientifica, per il diritto all'affettività ed alla sessualità per
i disabili, per l'eutanasia, per il diritto a decidere sulla propria
vita e/o sulla propria morte.
Di questo sono e sarò per sempre grato
ai Radicali, che sono anche stati i miei primi maestri di scuola politica,
quando non ero ancora maggiorenne.
Poi, come succede con i vecchi amori,
ma soprattutto come succede agli spiriti liberi, abbiamo preso strade
diverse.
Non ho mai amato questo dialogo
continuo dei Radicali con destra e sinistra. Non ho mai accettato il
dialogo con Berlusconi prima e con Prodi successivamente e l'entrata
di Emma nel Governo Prodi del 2006. L'ho visto come un passaggio
completamente estraneo alla storia ed alla cultura libertaria che,
con i cattocomunisti, non ha mai avuto nulla a che spartire.
E non ho nemmeno condiviso l'entusiasmo ed il sostegno
dei nuovi Radicali per la globalizzazione tout-court, per il
cosmopolitismo/immigrazionismo tout-court, per l'europeismo tout-court.
Da allora direi che ho anche smesso di
andare a votare perché, le rare volte che ho votato in vita mia, o
lo facevo per i socialisti, oppure per i verdi oppure per i radicali.
Ma quando i primi sono scomparsi ed i secondi hanno seguito strade a
parer mio fra il velleitario, il globalista e l'istituzionale, ho
preferito prenderne le distanze.
Però mi è sempre rimasto un forte
senso di affetto per Emma ed anche per Pannella che, come testimonia
anche un'intervista che mi fece Radio Radicale, proposi candidato al
Quirinale nel 2013. Pannella, infondo, è l'ultimo Padre Nobile di
quella che dovrebbe essere una Repubblica e che invece, forse, ne è
solo il suo simulacro. Ovvero nei fatti è una monarchia/oligarchia di partiti.
Sono certo che Emma la spunterà ancora
una volta ed il suo ottimismo contagerà molte persone che si trovano
a vivere situazioni simili.
Un abbraccio con il cuore, da uno dei
tanti vostri ex compagni di strada !
 Luca Bagatin
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7 febbraio 2015
"La felicità al potere": il saggio di José "Pepe" Mujica, Presidente dell'Amore
José “Pepe” Mujica. Un fioraio, un
agricoltore, un uomo umile, anzi, un ex Capo di Stato.
Sembra una contraddizione in termini ed
invece non lo è, perché “Pepe” Mujica è ed è stato tutto
questo.
L'ex Presidente dell'Uruguay che ha
stupito e commosso il mondo, sia per la sua scelta di vita umile che
per le sue politiche di governo libertarie e socialiste che hanno
portato il Paese a legalizzare la cannabis, i matrimoni omosessuali,
ridurre la disoccupazione ed il tasso di povertà ed aumentare il PIL
del del 6% in dieci anni, per la prima
volta si racconta in un libro.
Ed il libro che lo vede protagonista è,
sorprendentemente, edito in Italia dalla EIR Edizioni
(www.editorieir.it)
e porta un titolo davvero entusiasmante: “La felicità al potere”.
Eh sì, perché José Mujica è il
Presidente che predica la felicità e lo fa in modo semplice. Per lui
la felicità è assenza di desideri materiali, ovvero è la ricerca
della vera libertà, che implica l'avere molto tempo libero per fare
ciò che ci piace di più. Ovvero non essere legati alla materialità
delle cose, degli oggetti accumulati in anni e anni di duro lavoro,
senza aver assaporato il succo della vita, che Mujica, non a caso,
considera “quasi miracolosa”.
José Mujica sembra un utopista - ma se
lo è - è certamente un visionario, un lucido utopista che ha
elaborato questa sua semplice concezione di vita nei lunghi anni di
prigionia e di tortura, allorquando combatteva la dittatura militare
nel suo Paese come guerrigliero tupamaro, catturato dal regime negli
Anni '70 e liberato solo nel 1985.
E la sua vita avventurosa e
affascinante - della quale diedi ampio resoconto in un articolo pubblicato ad ottobre dello scorso anno - è riportata anche ne “La
felicità al potere”, grazie alla ricostruzione romanzata di
Massimo Sgroi.
La prefazione al saggio è curata dallo
stesso Mujica ed è accattivante e commovente sin dalle prime frasi.
E' un'elogio dell'Italia e delle sue lotte operaie, socialiste,
liberali, garibaldine, anarchiche e delle similitudini fra la nostra
cultura e quella dell'America Latina.
“La felicità al potere”, che
consta di una bellissima intervista fatta all'ex Presidente da
Cristina Guarnieri, raccoglie prevalentemente i discorsi pubblici
dell'ex Presidente Mujica, ovvero raccoglie la sua filosofia politica
e le sue concezioni di vita.
Critica del consumismo, delle politiche
che hanno devastato l'ambiente, critica del materialismo, delle
politiche di marketing, ovvero di tutti quegli aspetti forieri di
sfruttamento dell'uomo e di creazione di quei bisogni/prodotti
indotti che costringono l'individuo a lavorare tutto il giorno per
poterseli permettere, senza però avere più tempo libero da dedicare
alla famiglia, all'amore, agli affetti, agli amici, agli hobby.
Visione di una società aperta nei
confronti di tutti, anche dei vecchi nemici che Mujica non a caso ha
perdonato, attraverso un processo di pacificazione nazionale.
Laicità dello Stato.
Visione di un'economia che veda
prevalere le necessità dei più bisognosi e che non insegua le
statistiche, i numeri, il mero consenso popolare.
Risoluzione dei problemi ecologici a
partire dalla prevenzione e dal non incoraggiamento di politiche o
economie che devastano la natura e l'ecosistema.
E, non per ultima, diffusione
dell'educazione e della cultura, che è il vero humus per rendere una
civiltà degna di questo nome.
José “Pepe” Mujica è un uomo del
nostro tempo, che ha attraversato – da combattente – il Ventesimo
secolo e ha dimostrato, nel Ventunesimo secolo, che si può governare
con amore e sentimento. Coinvolgendo la cittadinanza anche in
progetti di autogestione delle imprese, dialogando con le persone e
aiutandole ad uscire dalla crisi umana che ci attanaglia attraverso
la ricerca della liberazione dalla necessità, ovvero attraverso la
ricerca della felicità e di un nuovo umanesimo sociale.
Mujica, dall'ottobre scorso, dopo la
nuova vittoria alle elezioni del suo partito – il Fronte Ampio - ha
un degno successore al governo dell'Uruguay in Tabaré Vazquez e nel
suo Vice Raul Sendic, figlio dell'omonimo guerrigliero tupamaro che
diede il via alla lotta contro la dittatura militare.
L'Uruguay è dunque diventato un
piccolo faro nel mondo (in)globalizzato.
E “La felicità al potere” è un
saggio che può aiutarci a scoprire le chiavi per un'alternativa
possibile e necessaria.
 Luca Bagatin
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4 febbraio 2015
La "Società delle Donne di Ipazia" ed il suo Manifesto. Intervista esclusiva di Luca Bagatin alla co-fondatrice e Presidente Enza D'Alonzo
 
Ipazia
fu, per l'Antichità, l'equivalente al femminile di Giordano Bruno.
Fu una martire del libero pensiero. Fu una filosofa uccisa dal
fanatismo religioso – tema di strettissima attualità, peraltro –
del IV-V secolo d.C.
A Ipazia, Enza
d'Alonzo - editore della “Gaia Scienza” - assieme a Giuliana Tomasicchio e a Francesca Ferri, ha dedicato una nuova associazione
interculturale tutta al femminile: la “Società delle Donne di
Ipazia”, appunto.
Il
Manifesto dell'associazione è molto interessante, sia sotto il
profilo culturale che politico-ideale.
E'
un'associazione che si richiama innanzitutto ad Alain de Benoist,
l'intellettuale francese fondatore della Novelle Droite, la Nuova
Destra, ovvero un connubio fra tematiche tipiche della destra,
ecologismo, socialismo e comunitarismo. Una chiave di lettura, che,
in sostanza, definirei de-ideologizzata ed alternativa alle ideologie
tipiche del Novecento, che hanno voluto dividere il mondo in blocchi
contrapposti.
Il
Manifesto delle Donne di Ipazia propone, dunque, una Cultura Felice,
ovvero una rivoluzione culturale che abbraccia il multiculturalismo,
ma a partire dalla valorizzazione della propria intima ed orgogliosa
identità.
Molteplici
sono le tematiche trattate dal Manifesto, che vanno dalla
valorizzazione della famiglia (con una forte critica agli abusi di
certi servizi sociali), sino al riconoscimento delle unioni civili di
coppie etero ed omosessuali. Tematiche che vanno a toccare anche
laecondizione dei detenuti nelle carceri - in particolare delle madri
detenute - sino ai diritti di cittadinanza per gli stranieri ed alla
valorizzazione del patriomonio artistico ed ambientale del nostro
Paese.
Un'associazione
che, in sostanza, come enunciato nelle premesse del Manifesto stesso,
guardi all'affratellamento dei popoli, ad una società più giusta
e più umana, diversamente moderna, attenta ai diritti della donna e
dell'uomo in un rapporto non più conflittuale.
In
questo senso ho voluto proporre un'intervista amichevole alla
fondatrice dell'Associazione, ovvero a Enza D'Alonzo.
Luca Bagatin:
Bene Enza, prospettive ambiziose quelle
della Società delle Donne di Ipazia. Ma, dimmi, come nasce l'idea di
fondare un'associazione di donne e, peraltro, di dedicarla ad Ipazia,
personaggio spesso dimenticato ?
Enza
D'Alonzo: Ipazia, è stata martire del
chiuso e becero bigottismo fanatico della sua epoca. Figura di
spicco, ed ahinoi, poco conosciuta oggi, era - per dirla con termini
moderni - una " dura" che andava di villaggio in villaggio
per far conoscere il suo messaggio filosofico, progressista e
anticlericale.
Avvolta
nel suo mantello nero, era instancabile nel portare avanti i suoi
ideali di libera pensatrice.
Donna
di indole fiera, di libero pensiero e vasta sapienza, rare doti
dell'epoca, specie per una donna; dovettero ammazzarla, torturarla e
strapparle gli occhi da viva per tentare di bloccare con la morte il
suo spirito indomito. Ignorando che una mente così elevata e
luminosa sopravvive sempre all’oscurantismo del suo tempo.
Le
"Donne d’Ipazia", si richiamano appunto, simbolicamente,
a questa splendida espressione di universo femminile: per forza,
grinta, determinazione, spirito creativo e innovativo.
Luca Bagatin:
Come dicevo vi ispirate allo scrittore Alain de Benoist ed alla
“nuova destra”. Come mai la necessità di rifarvi ad un certo
tipo di valori che, per molti versi, comprendendo ideali
apparentemente contrapposti (una visione di destra ed una visione
comunitaria/socialista), vanno di fatto oltre le ideologie ?
Enza
D'Alonzo: Perché le ideologie fanno
morire l'azione. Il pensiero da cui scaturisce l'azione non può
essere di destra o di sinistra e a volte langue e muore, consumandosi
in salotti pseudo- intellettuali. In questo periodo storico le cose
fanno dette...e fatte: in maniera giusta, concreta e solidale.
Il
nostro programma va oltre la “nouvelle droite” di Alain de
Benoist. E’ un programma sensato, che addirittura potrebbe sembrare
di sinistra, ammesso che mettersi al servizio degli altri, aiutando i
bisognosi e i più deboli creando nuove opportunità lavorative, sia
un programma di sinistra o non invece di semplice buon senso.
Perché
aiutare chi ha sogni infranti e incubi diurni, vuole semplicemente
significare: "al di là del bene e del male", al di là di
destra e sinistra, concentrati solo sullo scopo principale, cioè ciò
che è davvero giusto e doveroso fare.
Luca Bagatin:
Qual è, in sostanza, lo scopo (e/o gli scopi) primario (i) della
vostra associazione ?
Enza D'Alonzo:
L’odierna società divide in maniera
manichea i buoni dai cattivi. I cattivi sono ovviamente gli ultimi, i
negletti, i paria. Le “Donne d’Ipazia” vogliono ridare la
speranza e la dignità dell'esistenza ai perdenti, ai più
sfortunati, a coloro che devono riabilitarsi, creando opportunità
concrete.
Intendiamo
portare avanti un forte impegno civile, con una specifica piattaforma
di servizi (centrati sull'utente) rivolti a tutti i cittadini
italiani e agli stranieri: dai percorsi di sostegno per le detenute
madri da reinserire nella società civile, alla tutela della
famiglia, dei minori, della donna, dei cosiddetti "cittadini
invisibili", ossia coloro i quali hanno perso casa, lavoro e
speranza, ma non la loro dignità.
Al progetto di una banca civile
per una micro-finanza etica, onde attuare un concreto piano di
sostegno e finanziamento etico alle famiglie già formate o in corso
di formazione, che versano in stato di difficoltà economica.
Uno
sportello di consulenza legale h24. Progetti territoriali e ridisegno
bio-culturale delle realtà urbane, sociali, turistiche,
ecoambientali, orti urbani, free energy, etc.. All’organizzazione
di eventi filantropici mirati, allo studio insomma di problemi e
soluzioni concrete per il miglioramento della qualità della vita. La
realizzazione di una Libera Università Interculturale.
All’ambizioso
progetto della prevenzione e assistenza sanitaria specializzata, con
la realizzazione di un Ospedale Sociale d’Ipazia per le fasce
metropolitane più deboli, da far nascere inizialmente nel cuore
cittadino di Bari, sostenuto da amici medici di tutta eccellenza
internazionale nelle loro competenze e qualificato personale
volontario, e con l’aiuto di fondi UE che stiamo individuando…
E
tanto altro ancora, che si può trovare illustrato nel nostro sito
web ufficiale: www.donneipazia.net.
Luca Bagatin:
Noto spesso che parlate di cultura dei diritti ed anche di
multiculturalismo, ma fortemente ancorato al recupero della propria
identità. Pensi che si siano perduti, nell'Occidente cosiddetto
“democratico”, questo tipo di valori? E, se sì, perché a tuo
parere ?
Enza D'Alonzo:
Certamente, i valori si stanno purtroppo perdendo. Alla vecchia e
cara cultura dei nostri avi, assistiamo oggigiorno ad una generale
omologazione di massa ed azzeramento delle diversità e qualità
personali. Il sistema dominante ci vuole tutti uguali e tutti in
fila. Il “diverso” è visto con sospetto e viene monitorato e
controllato costantemente, perché nella loro logica perversa non
deve sfuggire, non può e non deve pensare con la propria testa. Devi
essere una rotella dell'ingranaggio, far parte di un appiattimento
generalizzato.
Lo straniero è
visto con sospetto, spesso con paura, ma ciò dipende da un falso
concetto di democrazia occidentale che trova proprio nel
multiculturalismo il proprio limite. Sì perché sarebbe invece
preferibile parlare di interculturalismo, termine più appropriato a
dare l’idea di quella necessaria dialettica civile fra i vari
popoli che, nel rispetto delle rispettive tradizioni, preservando le
rispettive identità, porti ad uno scambio di conoscenze e narrazioni
che possa essere vero arricchimento culturale per entrambi, e non
promiscua miscela di antagoniste ignoranze.
La tumultuosa
società del nostro tempo confonde tutto, si eliminano polarità,
generi, gerarchie, classi, ruoli, differenze, peculiarità...invece
di armonizzare ognuno e ogni cosa in un tutto naturale, in cui ogni
personalità si ponga come strumento insostituibile di un’orchestra
universale, senza perdersi individualmente nel mare del nulla, ma
ritrovandosi in sintonia nell’armonia del tutto. Viceversa, si
provocherà il caos, l'indefinito, il noto Kali Yuga, l’età
oscura, predetto millenni addietro nei libri sacri della tradizione
Indù.
Luca
Bagatin: Il valore delle donne.
L'associazione è dedicata alle donne, in primis e, come sai, la
figura femminile è figura a me cara al punto che le ho dedicato un
saggio, “Ritratti di Donna”. Pensi che le donne siano il punto
cardine per cambiare il mondo, ovvero siano in grado di mutare i
rapporti di forza che per molti versi opprimono la nostra società
(cultura patriarcale, media, potere, politica, sfruttamento del corpo
femminile a scopo commerciale, marketing...) ?
Enza
D'Alonzo: La donna è parte della
natura, ma ancor più è lei Natura stessa. Non la si può
imbrigliare. Ma solo conoscere. Perché scorre, dall’Alfa
all’Omega.
Diamo
alla luce figli e quando non siamo in gestazione fisica partoriamo
idee, progetti, propositi, strategie.
Fa
parte della nostra tradizione e cultura l'accudimento della prole, la
vicinanza agli anziani ed ai più deboli, la tolleranza, la
comprensione per il compagno della propria vita, la comprensione
della vita.
Già
aver raggiunto le quote rose in politica ritengo che sia un buon
risultato, tenendo presente che all'inizio del secolo ci era
addirittura negato il voto, perché, come dice Simon de Beavoir,
siamo il "Secondo sesso".
Sempre
più donne stanno oggi ai posti di comando, senza peraltro perdere
tutto ciò che connota più strettamente la natura femminile; anzi
ritengo che gestiscano il ruolo ottenuto esercitando una inconscia
"economia domestica", dove l'oculatezza, la riservatezza, e
la lungimiranza sono sempre principi solidissimi e validi.
Nessuno
però, deve porre limiti di alcun tipo, perché il limite tocca
imporselo ciascuno di noi, quando si arriva a conoscere con socratica
convinzione e con estrema consapevolezza, ciò che può fare e ciò
che non può fare.
Il
mondo può cambiare, sì, ma prima dobbiamo cambiare noi stessi.
Da
qui il senso e il compito sacrale della donna.
 Luca Bagatin
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15 ottobre 2014
José "Pepe" Mujica: un Presidente che ha saputo incarnare i principi umanitari d'Amore e di Libertà
Un anno e mezzo fa, nel maggio 2013,
dopo quasi vent'anni di attività politica nell'area laica e
libertaria, decisi di fondare “Amore e Libertà”
(www.amoreeliberta.altervista.org – www.amoreeliberta.blogspot.it),
un pensatoio (anti)politico e (contro)culturale alternativo alla
partitocrazia ed al malaffare politico italiano, europeo e non solo.
Un pensatoio che nasceva in antitesi al
sistema dei partiti, al potere politico, alla globalizzazione che
ingloba, che, ispirato ad Anita Garibaldi, ma anche a suo marito
Giuseppe ed a Mazzini, proponesse un elenco di punti concreti:
dall'autogestione delle imprese sino alla legalizzazione della
cannabis; dal riconoscimento del matrimonio
omosessuale sino alla legalizzazione del suicidio e dell'eutanasia; dall'abolizione degli enti pubblici inutili sino
ad un sistema elettorale ricalcato sull'esempio dell'Agorà greca.
Nel corso di quest'anno e mezzo, il mio
attivismo nell'ambito di “Amore e Libertà”, mi ha portato a
studiare e ad approfondire diverse figure storico-politiche che,
eredi di Garibaldi e di Mazzini, ma anche di Simon Bolivar, si sono
ispirate, nella loro azione politica ed istituzionale, ai principi di
amore e libertà. Ovvero ad una visione umanitaria e sentimentale
dell'esistenza.
Ho osservato che, pressoché tutte
queste figure, provenivano da quell'America Latina vilipesa e
sfruttata dagli opposti imperialismi: sovietico (sino alla caduta del
Muro di Berlino) e statunitense.
Fra costoro Juan Domingo Peron e sua
moglie Evita, Hugo Chavez, Evo Morales (rieletto di recente a
Presidente della Bolivia), Nestor Kirchner e...José Mujica, detto
affettuosamente “Pepe”.
Quest'ultimo, attuale Presidente
dell'Uruguay (terra che peraltro ospitò i coniugi Garibaldi per ben
sette anni ove, peraltro, si sposarono nel 1842) dal 2009 ha, assieme
alla moglie Lucia Topolansky, deciso di continuare a vivere in
povertà, come agricoltore, in una modesta casa di campagna.
La cosa che più mi ha colpito di
Mujica, assieme alla sua coerente scelta di vita, sono anche i
risultati ottenuti dal suo governo ed il fatto che il programma
portato avanti dalla sua compagine governativa – il Fronte Ampio –
è esattamente il programma del movimento che ho fondato nel 2013,
ovvero “Amore e Libertà”. E lui, "Pepe" Mujica, è anche riuscito
ad attuarlo concretamente.
Penso al progetto di autogestione delle
imprese da parte dei lavoratori; alla legalizzazione della marjiuana;
agli investimenti nella scuola e nell'educazione, triplicati in pochi
anni; alla legalizzazione del matrimonio omosessuale e l'adozione di
bambini da parte di coppie gay. Tutte riforme che, dal 2005 ad oggi,
sono state attuate e non sono affatto state imposte ai cittadini,
bensì sono nate - come ama ricordare lo stesso Mujica - anche e
proprio su ispirazione dei suoi stessi concittadini.
La grandezza del Presidente Mujica,
infatti, è anche questa: dare al Parlamento ed ai cittadini la più
ampia centralità possibile della vita politica del Paese, al punto
che il suo governo non ha mai attuato nulla per decreto.
I risultati, del resto, si sono visti e
sono anche stati ottimi: in Uruguay l'indice di disoccupazione è
sceso al 6%; i salari sono in aumento; il PIL è cresciuto del 6% in
dieci anni ed il tasso di povertà è diminuito dal 39% al 6%.
Ma chi è José Alberto “Pepe”
Mujica Cordano ? Questo Presidente che incarna così bene gli ideali
tipici di una possibile Civiltà dell'Amore, ove al governo vi sono
solo persone di cuore, lontane anni luce dalla gestione del Potere ?
Quale la sua vicenda umana e politica ?
José Mujica Cordano nasce a Montevideo
nel 1935, da padre di origine basca e da madre di origine genovese e,
giovanissimo, fu influenzato dalla idee peroniste dello zio materno,
Angel Cordano. Terminato il liceo, il govane Pepe, inizierà a
frequentare gruppi studenteschi di orientamento anarchico e, negli
anni, approfondirà il pensiero di Proudhon, Bakunin, Kropotkin e
Marx, oltre che si interesserà alla letteratura ed alla biologia,
dimostrando anche particolare interesse per la professione agricola
dei genitori.
Nella seconda parte degli Anni '50,
Mujica, si avvicinerà e collaborerà a lungo con Enrique Erro, un
deputato del Partito Nazionale - Ministro dell'Industria nel 1959 -
il quale si era presentato come candidato a tutela della classe
lavoratrice e meno abbiente.
Alle elezioni del 1962, Erro, sostenuto
sempre dal giovane Mujica, si presentò nella coalizione formata da
Unione Popolare e Partito Socialista, ma ottenne solo il 2,3% dei
consensi.
Fu così che, ben presto, Pepe Mujica
si rese sempre più conto che l'Uruguay - uscito da quelle ultime
elezioni - si stava progressivamente avviando verso una deriva
autoritaria.
Fu così dunque che, poco tempo dopo,
Mujica aderirà al Movimento di Liberazione Nazionale (MLN)
Tupamaros, fondato da Raul Sendic, già militante del Partito
Socialista, il quale ispirò il suo movimento a Tupac Amaru, ovvero
all'ultimo sovrano dell'Impero inca, eroe dei popoli andini in lotta
contro gli spagnoli.
Il MLN Tupamaros, in sostanza,
attraverso l'attività di guerriglia e di assalto ad istituti
bancari, mirava a combattere la deriva autoritaria e dittatoriale dei
regimi neo-militaristi dell'Uruguay e a ridistribuire la terra ai
contadini ed ai meno abbienti.
La violenze commesse dai guerriglieri
Tupamaros, va detto, non furono mai gratuite, ma sempre dettate dalla
necessità politica di liberare il Paese dall'autoritarismo al pari
di quanto fecero, in quegli anni, i Montoneros peronisti, per
liberare l'Argentina dalla dittatura militare.
Fra i Tupamaros, dunque, anche il
nostro Mujica e Lucia Topolansky, che successivamente diverrà sua
moglie, i quali purtuttavia ribadiranno sempre la loro contrarietà
ad una deriva militarista del Movimento.
Nel 1972, Pepe Mujica, fu catturato dai
militari e spedito in carcere, ove rimarrà sino al 1985, subendo
umiliazioni e torture, sino allo stremo delle forze fisiche e
psicologiche, assieme ad altri compagni del suo Movimento.
Nel 1985, con la fine della dittatura,
Mujica ed i suoi compagni furono amnistiati e, pur ritornato alla sua
attività di agricoltore e di fioraio, non smise mai di fare
politica.
Assieme ad altri suoi compagni
Tupamaros, infatti, creò il Movimento di Partecipazione Popolare
che, alle elezioni del 1994, si presentò all'interno del Fronte
Ampio, ovvero una coalizione eterogenea di forze di sinistra e di
centro, di ispirazione socialista, cristiana e libertaria e fu eletto
quale primo tupamaros in Parlamento ed il suo stile semplice e sobrio
- con jeans e senza cravatta - lo caratterizzeranno subito quale
politico “diverso” rispetto agli altri.
Saranno proprio la sobrietà e la
ricerca della felicità per tutti, fatta anche della ricerca del
tempo libero, in luogo di una vita di lavoro e di sfruttamento del
lavoro attraverso la ricerca di una ricchezza effimera, i punti
cardine degli ideali di Pepe Mujica. Ideali agli antipodi rispetto
alla realpolitik ed alla politica tradizionale – che
inizierà ad attuare già come Ministro dell'Agricoltura nel 2005,
facendo abbassare il costo della carne per i meno abbienti - e
saranno proprio tali ideali, assieme al suo linguaggio diretto, a
renderlo popolarissimo, anche all'estero. Oltre che, come abbiamo già
scritto, la sua scelta di vivere semplicemente, continuando a
coltivare la terra - anche oggi che ricopre la carica di Presidente
dell'Uruguay - assieme a sua moglie ed a Manuela, la sua cagnetta
zoppa, permettendo ai senzatetto di utilizzare i palazzi
presidenziali.
Interessante anche la sua concezione
libertaria della rappresentanza popolare alle elezioni, molto vicina
all'idea dell'Agorà greca. In un'intervista, infatti, egli affermò:
“La gente prende molto sul serio il tema della rappresentanza e
finisce per credere di rappresentare qualcuno. Per me è un'idea
assurda, anche se la Costituzione dice varie cose, e in questo credo
di continuare ad essere un libertario. Nessuno rappresenta gli
altri”.
Nell'ottobre 2009, José Mujica è
dunque candidato del Fronte Ampio alle elezioni nazionali e ne esce
vincitore con il 52% dei consensi. Dei risultati soddisfacenti del
suo governo abbiamo già parlato. Rimane solo da aggiungere la sua
critica al consumismo ed al capitalismo, oltre che all'austerità. Lo
fa in più occasioni, anche di fronte a Capi di Stato e di Governo
distratti, in video che, purtuttavia, faranno il giro del mondo
attraverso il web.
A proposito dell'austerità praticata
anche dalla nostra Europa, Pepe Mujica afferma:
“La sobrietà è concetto ben
diverso da austerità, termine che avete prostituito in Europa,
tagliando tutto e lasciando la gente senza lavoro. Io consumo il
necessario ma non accetto lo spreco. Perché quando compro qualcosa
non la compro con i soldi, ma con il tempo della mia vita che è
servito per guadagnarli. E il tempo della vita è un bene nei
confronti del quale bisogna essere avari. Bisogna conservarlo per le
cose che ci piacciono e ci motivano. Questo tempo per se stessi io lo
chiamo libertà. E se vuoi essere libero devi essere sobrio nei
consumi. L'alternativa è farti schiavizzare dal lavoro per
permetterti consumi cospicui che però ti tolgono il tempo per
vivere... Lo spreco è invece funzionale all'accumulazione
capitalista che implica che si compri di continuo, magari
indebitandosi sino alla morte”.
Concetti semplici, ma gli unici davvero
in grado di farci riflettere relativamente alla crisi mondiale che ci
sta attanagliando e dalla quale possiamo uscire solo attraverso
persone animate da due soli valori: l'Amore e la Libertà. Ovvero la
ricerca di quella Civiltà dell'Amore che, leader come José "Pepe"
Mujica, hanno già attuato, concretamente, nel loro Paese.
 Luca Bagatin
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16 febbraio 2014
"Dalla parte di Abele...nel declino della Democrazia": articolo del prof. Aldo A. Mola
E se, per legittima difesa, Abele avesse ucciso Caino? Staremmo davvero
peggio con più pecore e meno officine? E se Remo avesse trafitto il
gemello Romolo, anziché esserne ucciso? Quale era il suo “Progetto
Roma”? Forse avrebbe puntato sugli agriturismo anziché sui grattacieli o
al dominio sul mare, alleandosi per tempo con gli Etruschi contro i
Fenici. E avrebbe procurato la banda larga a un Paese per secoli incerto
se denominarsi Terra dei maiali (Ausonia) o dei Vitelli (Italia).
Nel
64 dopo Cristo, quando Nerone fece sterminare i cristiani incolpandoli
dell'incendio di Roma, molti si domandavano dove andasse il mondo. Tra i
grandi saggi del tempo vi era Lucio Anneo Seneca, un settantenne
originario di Cordova, in Spagna. Fatto cauto dalle disavventure (già
condannato a morte da Caligola e all'esilio da Claudio), giustificò
l'assassinio di Agrippina ordinato da suo figlio, Nerone, la cui
educazione l'imperatrice gli aveva affidato. Si ritirò dalla vita
pubblica, ma, coinvolto nella congiura dei Pisoni (65 d.Cr.), ricevette
la “necessitatem ultimam”: suicidarsi o accettare di essere ucciso. Si
fece aprire le vene, imitato dalla moglie. Come già Abele e Remo, aveva
capito il flusso della storia: l'accelerazione dello scontro fra Centro e
Periferia, tra potere imperiale e istituzioni originarie, arroccate nel
Senato.
Dopo due guerre mondiali, la guerra fredda e la quarta guerra
planetaria tra oligarchia finanziaria transnazionale e Stati, la
contrapposizione tra concentrazione del potere e istituzioni garanti dei
cittadini sta entrando in una fase nuova. Attraverso guerre
guerreggiate (in teatri secondari: Africa Centrale, Medio Oriente,...) e
convulsioni politiche (crollo e cancellazione di intere classi
dirigenti elettive in molti Paesi europei e nell'America
centro-meridionale), il contrasto tre due opposte concezioni del potere e
dei suoi scopi (liberare le persone o ingabbiarle?) entro una decina
d'anni raggiungerà la fase critica. Il timore del collasso imporrà
scelte drastiche. L'accelerazione ha impulso dal processo che è sotto
gli occhi di tutti ma nessuno sa come pilotare: entro quindici anni le
megalopoli assorbiranno il grosso della popolazione mondiale. Da lì la
necessità di dirottarvi il massimo di risorse (energia, acqua,
invenzioni, cibo..) a danno di Abele e di Remo. Neppure gli analisti
meglio attrezzati sono però in grado di prevedere come davvero andrà a
finire. Nel dicembre 2012 il National Intelligence Council (sezione
economica della statunitense CIA) ha pubblicato il Rapporto Global Trends 2030:Alternative Worlds,
subito tradotto dalle Editions des Equateurs ma tuttora inedito in
italiano. Il NIC prevede quattro scenari, diversi secondo fattori che
sarebbe ingenuo illudersi di controllare o scongiurare: guerre di vaste
proporzioni coinvolgenti uno o più grandi potenze, conflitti scatenati
da incidenti casuali e catastrofi naturali (nel caso dell'Italia la
sempre più temuta eruzione del Vesuvio). Secondo le previsioni più
ottimistiche, nel volgere di quindici anni il mondo si scrollerà di
dosso gli Stati nazionali, costati due secoli di storia. Esso verrà
governato dai “poteri dolci”, cioè da organizzazioni non governative
(ONG), istituzioni accademiche (Università di prestigio internazionale),
plutocrati, circoli transnazionali e, soprattutto, da una rete di
sindaci delle grandi città assurti a capi delle rispettive genti. Il
governo mondiale, non eletto né nominato, ma autogenerato, sarà
chiamato a soddisfare bisogni di moltitudini disseminate in Paesi
riorganizzati come città diffuse (per esempio la costa adriatica dalla
Puglia a Trieste). L'avvento di tecnologie d'avanguardia (il potere
cibernetico) favorirà l'ascesa di nuovi attori: oligarchie
culturalmente ibride, collegate al di fuori e al di sopra delle
ideologie nate con l'ascesa della borghesia e, per contrasto, del suo
sottoprodotto (la lotta di classe), indifferenti all'alternativa tra
liberismo e dirigismo e accomunate nell'ostilità contro gli Stati sorti
a tutela dei cittadini di pieno diritto. Secondo la NIC (e, ben
inteso, la CIA) si affermerà una élite allevata in scuderie installate
nei diversi Paesi per plasmarne gli allievi a una visione uniforme del
potere e del suo impiego, al di là delle diversità originarie. Sarà essa
a orchestrare le risposte alla sfida della povertà e ad assicurare la
pace. Gli Stati non scompariranno del tutto, ma “il ruolo dei governi si
ridurrà sempre più a vantaggio di coalizioni ibride tra protagonisti
statuali e non statuali secondo i problemi dei singoli paesi”. La NIC
prevede insomma di risolvere l'antico contrasto tra Abele e Caino, tra
Romolo e Remo con un Fratello Geneticamente Modificato, ignoto alla
Bibbia e alla storia, modellato sul mito di Mercurio, Dio dei mercati (e
dei ladri).
Il
fulcro del Paese Italia nei prossimi anni non è dunque la sorte di
Renzi, di Letta o di Napolitano, di questo o quel governo, ma è
l'organizzazione del territorio, la scelta tra primato delle megalopoli o
difesa del pluralismo. Le Regioni vennero inventate per provvedervi, ma
hanno fallito. I Clivi d'Italia sono le Province, forse salvate in
extremis proprio da un sindaco non deputato nominato capo del governo:
un caso senza precedenti nella storia d'Italia.
La
mondializzazione, la globalizzazione e le pretese di classificare e
ingabbiare le persone in funzione dell'omologazione dovrà però fare i
conti con una pluralità di soggetti non rassegnati a subire. Il rifiuto
della Svizzera di cedere all'immigrazione incontrollata, l'istituzione
della macroregione alpina, la resistenza degli Ungheresi al modello
“europeo” e il rifiuto di molti Stati europei di gettare la propria
moneta (cioè i cittadini) nel tritacarne dell'Euro sono motivo di
riflessione. Forse oggi Abele e Remo dissentono... : l'Utopia si
coniuga con la Speranza.
Poiché il sangue non fluiva, per affrettare la morte Seneca si fece
recidere anche le vene delle gambe. Neppure la cicuta fece effetto.
Allora si fece immergere nell'acqua calda. Extrema ratio. Oggi, però,
non tutti i filosofi sono disposti a ritirarsi alla periferia del mondo o
a dissanguarsi per compiacere tiranni sorgenti sulle rovine generate
dalla castoclastìa (distruzione della casta) scatenata da chi abbatté
una dirigenza per rimpiazzarla con un'altra, non sappiamo se meno
famelica e inetta. Perciò la richiesta di restituire la parola ai
cittadini non è il gemito di nostalgici dei “ludi cartacei”: è senso
dello Stato, estrema difesa della democrazia, oggi insidiata persino dal
puerile mito della “velocità”. Ne fu campione Benito Mussolini, asceso
trentanovenne a capo del governo e da Gabriele d'Annunzio infatti
appellato“lesto-fante”.
 Aldo A. Mola
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29 dicembre 2013
Femen ed il recupero del libertarismo beatnik-hippie-cyberpunk contro una società massificata e mercificata. Ovvero Femen come Ilona e Moana
Femen, noto gruppo di attiviste
anti-discriminazioni sessuali e contro le ingiustizie sociali sorto
in Ucraina nel 2008, viene, spesso a torto a parer mio, visto come un
fenomeno di mero “esibizionismo” femminile. Sarà perché Femen
sono solite manifestare a seno nudo, inneggiando al “SeXtremismo”.
Sarà perché Femen, anche di recente, hanno manifestato all'interno
di luoghi di culto con scritte precise sul petto, ovvero “I am God”
(Io sono Dio).
Sarà che la società post-marxista
(che non ha mai compreso nulla di Marx, oppure, volutamente, ne ha
distorto il pensiero), ovvero post-neo-comunista dell'Est, non è
abituata a certe manifestazioni tipicamente libertarie, beatnik,
hippie e cyberpunk.
Sarà che Femen ricordano una donna che
proprio dall'Est comunista proveniva, ovvero Cicciolina-Ilona
Staller, che delle manifestazioni contro le ingiustizie, per i
diritti civili e umani si è sempre battuta: a seno nudo e con una
coroncina di fiori sulla testa.
Sarà che è più facile, in ogni dove,
ad Est come ad Ovest (e Ilona, negli Anni '80 brucerà, in segno di
protesta contro la Guerra Fredda, le bandiere
di USA ed URSS),
dimenticarsi di icone libertarie come Timothy Leary (che il
Presidente Nixon bollò come “l'uomo più pericoloso d'America”)
oppure dimenticarsi dell'esperienza di Diva Futura di Riccardo
Schicchi e della stessa Staller e dell'esperienza del Partito
dell'Amore di Moana Pozzi. Esperienze uniche e trasgressive che,
attraverso la “società dello spettacolo”, in realtà, ne
mettevano a nudo le contraddizioni e le perversioni.
Oggi, purtroppo,
sembra più facile digerire fenomeni “pop”, ovvero commerciali,
figli della società di massa e dei consumi, della globalizzazione,
delle Banche Centrali, dell'arte e della musica rese appannaggio di
tutti in quanto banalizzate. Fatte in serie, per cervelli amebizzati
o da amebizzare.
In questo senso
hanno prevalso i fenomeni mediatici e mediocri alla Lady Gaga, che
non a caso ultimamente collabora con Jeff Koons, artista “neo-pop”,
avendo realizzato con lui un album intitolato proprio “Artpop”.
Hanno prevalso pseundo-icone quali Belen Rodriguez e Jorge Mario
Bergoglio, ovvero un certo divismo/buonismo mediatico-televisivo da
Mulino Bianco-Cinepanettone.
Il Pop, in
sostanza e in questo senso, è la massima manifestazione della
massificazione mediatico-pubblicitaria. Koons e Lady Gaga assieme, in
sostanza, fanno marketing (visto che è il loro ambito lavorativo,
peraltro), non incrementano alcuna cultura, non fanno alcuna
liberAzione politica. Tutt'altro. Fanno cassa e grancassa.
Il Pop in questo
senso, massifica l'arte e la musica, rendendole sì accessibili a
tutti ma nel senso più scadente del termine (in quanto facili da
produrre/riprodurre). Commercialmente il Pop è un business che vale
miliardi di dollari ed è anche di basso costo/fruizione. Ma ha
amebizzato milioni di cervelli e volutamente fatto cadere nell'oblìo culture millenarie.
Parlando in
termini di icone culturali/controculturali/erotico-politiche,
possiamo dire che l'icona libertaria-hippie Cicciolina (con alle
spalle Riccardo Schicchi, uno che, lo ricordiamo, nel 1979 ideò il
primo partito verde-ambientalista d'Italia e che riuscì a combattere
quello che era definito “comune senso del pudore”) e quella
post-hippie, ovvero cyberpunk Moana Pozzi – icona e leader del
Partito dell'Amore di Schicchi e Mauro Biuzzi - sono state sostituite
dal caravanserraglio commerciale "pop" Lady Gaga-Koons-Belen
Rodriguez-Jorge Mario Bergoglio. Nell'ambito di questa involuzione
spirituale e dei costumi, di evolutivo - nel mondo ingiustamente
globalizzato - possiamo osservare solamente il fenomeno Femen.
Fenomeno che, non
a caso, nasce in un Paese dell'Est, ovvero un Paese prima reso
schiavo dal Regime sovietico-comunista ed oggi reso schiavo dalla
società globalizzata dei consumi e dei nuovi ricchi, dediti anche al
turismo sessuale e, dunque, ad un nuovo sfruttamento dei corpi e
delle menti.
Le attiviste di
Femen, in questo senso, sono esempio della controcultura di oggi (che
attinge alle controculture di ieri, libertarie, beatnik, hippie e
cyberpunk), ancora purtroppo minoritaria e ancora una volta
volutamente censurata e/o sottovalutata. Una controcultura che si
batte, da sempre, per una società libera dalla politica dei Governi
e del Danaro, ovvero libera dai Media e dallo sfruttamento
commerciale/sessuale delle menti e dei corpi.
 Luca Bagatin (nella foto fra Ilona Staller e Ursula Davis)
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