10 aprile 2009
Pannunzio e la sua eredità: un saggio di Pier Franco Quaglieni
Sono passati 60 anni da quel 19 febbraio 1949, data di inizio della pubblicazione del settimanale liberale “Il Mondo”, creatura cogitata e diretta da Mario Pannunzio, già direttore di “Risorgimento Liberale”: il giornale dissidente che più e meglio di ogni altro denunciò le angherie di fascisti prima e di comunisti poi. Il Centro Pannunzio di Torino, fondato da Arrigo Olivetti ed altri collaboratori di Pannunzio, nel 1968, è oggi l'unico vero ed autentico erede e custode della cultura pannunziana. Questo sarebbe bene dirlo e sottolinearlo per chi non ne fosse a conoscenza ed anche a chi parla di Mario Pannunzio a sproposito, attribuendosene la tradizione. E così, a 60 anni dalla storica data di fondazione de “Il Mondo”, il prof. Pier Franco Quaglieni - attuale Presidente del Centro Pannunzio - ci regala un raro testo sull'argomento. Il suo “Liberali puri e duri – Pannunzio e la sua eredità”, edito da Genesi, è una vera e propria antologia di ricordi senza peli sulla lingua e di scritti di autorevoli giornalisti, scrittori ed autori vari che a “Il Mondo” collaborarono. Il libro del prof. Quaglieni, amico e discepolo – per così dire – di Pannunzio, traccia un quadro limpido e cristallino del giornalista liberale lucchese, delle sue battaglie e del suo spirito autenticamente schietto e progressista. Il tutto con la prefazione del deputato europeo già eletto con il Partito Repubblicano Italiano ed oggi con Il PdL: Jas Gawronski. Quaglieni restituisce nuova luce a questa tradizione culturale e politica di liberali puri e duri (come la definì il repubblicano Francesco Compagna) appunto. Liberali duri e puri che certo non sono stati i precursori del Partito Radicale di Marco Pannella, come spiega lo stesso Quaglieni: in quanto il Partito Radicale dei Liberali e dei Democratici fondato dagli “Amici de Il Mondo” era ben altra cosa. Così come la tradizione di Pannunzio e dei pannunziani si rifaceva in toto a Benedetto Croce e non già a certo “azionismo” vicino agli ambienti giacobini e comunisti e, per finire, il prof. Quaglieni sfata il mito secondo il quale il quotidiano “La Repubblica” sia l'erede de “Il Mondo”, così come lo sia lo stesso direttore storico Eugenio Scalfari. Quaglieni ricorda quest'ultimo come giovane frequentatore del gruppo dei liberali pannunziani, ma poco dopo amico dei comunisti al punto che lo stesso Pannunzio – prima di morire – diede disposizione ad un amico di vietare a Scalfari di partecipare al suo funerale. Da sottolineare come molti autorevoli collaboratori de “Il Mondo” avessero infatti scelto, negli anni successivi, di collaborare con il quotidiano “Il Giornale”, con una linea non a caso distante da quella de “La Repubblica”. Mario Pannunzio ed i suoi liberali puri e duri erano infatti intransigentemente e laicamente antifascisti ed anticomunisti allo stesso tempo e per questo erano invisi al Partito Comunista ed ai suoi accoliti e da loro definiti, con spregio, “visi pallidi”. Eppur fu questa tradizione, che va da Salvemini ad Ernesto Rossi, passando per Nicolò Carandini, Aldo Garosci, Leo Valiani, Giovanni Spadolini, Ugo La Malfa, Vittorio De Caprariis e molti altri, che combattè contro i monopoli, la speculazione edilizia, l'influenza del dogma ecclesiastico nelle leggi dello Stato, i privilegi delle corporazioni ed i Poteri Forti. Battaglie difficili e combattute da un'esigua minoranza di intellettuali. Una minoranza purtuttavia consapevole della situazione dell'Italia di allora, che non è poi diversa da quella di oggi (con la differenza che oggi gli intellettuali e la cultura politica scarseggiano praticamente in ogni dove). Ed ecco che il saggio del prof. Quaglieni, oltre a ripercorrere le tappe della vita giornalistica, politica e culturale di Mario Pannunzio, è una vera e propria antologia di figure di liberali che segnarono la vita stessa del giornale “Il Mondo”: da Benedetto Croce – padre nobile del Partito Liberale Italiano – ed ancora Carlo Antoni, Vittorio De Caprariis, Rosario Romeo, Ennio Flaiano, Nicolò Carandini, Arrigo Olivetti, Mario Soldati, Spadolini e molti altri grandi nomi che fecero - ciascuno nel suo specifico campo – dell'Italia un Paese migliore (oggi, francamente, facciamo assai fatica a scorgerne dello stesso calibro. Quelli che ci sono, per la maggior parte, sono emigrati all'estero. E non li biasimiamo). Nella seconda parte del libro di Quaglieni, troviamo una serie di articoli di amici di Pannunzio che lo ricordano. Degni di nota gli interventi di Indro Montanelli che lo elogia sottolineando anche le grandi differenze fra loro due (fra cui il fatto che Montanelli fu fiero fascista, mente Pannunzio non lo fu mai). Il volume è impreziosito da moltissime foto d'epoca che ricordano quella stagione e da foto recenti con coloro i quali in questi anni hanno ricevuto il premio intitolato a Mario Pannunzio (fra questi lo stesso Montanelli, Giorgio Forattini, Sergio Romano, Antonio Ricci e molti altri). Degne di nota anche le simpatiche vignette satiriche di Mino Maccari, di Amerigo Bartoli e dell'immancabile Forattini (assolutamente caustica quella in cui è ritratto Pannunzio che “fa la carità” a Eugenio Scalfari). Da segnalare il lungo articolo di Tiziana Conti ed Anna Ricotti dal titolo “Il Centro Pannunzio: quarant'anni fuori dai cori” che ripercorrono la storia del Centro, con la sua cultura saldamente liberaldemocratica e le sue iniziative presenti e future. Questo è decisamente l'anno di Mario Pannunzio e delle sue “creature”. Dal saggio di Massimo Tedori, a quello della professoressa Mirella Serri ed oggi a quello di Pier Franco Quaglieni, abbiamo la possibilità di leggere ed approfondire una figura assai vilipesa dall'egemonia culturale – proveniente dalle file marxiste e cattoliche - imposta all'Italia dal dopoguerra ad oggi. E' ora di ricordare la migliore tradizione liberaldemocratica, che è anche quella che ha permesso al nostro Paese di rimanere ancorato all'Occidente democratico e di resistere alle tentazioni clericali provenienti dal Vaticano (per mezzo dei partiti laici più vicini alla cultura pannunziana come il PLI, il PRI ed il PSI di Craxi che riprese il concetto di “socialismo liberale”). Se oggi ciò sarà ancora possibile lo sarà anche grazie a tutti coloro i quali avranno il coraggio di continuare questa tradizione di libertà oltre la destra e la sinistra.
 Luca Bagatin
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27 febbraio 2009
Il nuovo bipolarismo (senza più il PD): Liberali contro Conservatori
Il bailamme maggioritario e confusionista degli ultimi quindici anni
sembra abbia portato ad un ribaltamento delle posizioni politiche dei
partiti italiani. In tutta questa confusione notiamo tuttavia una
rivalutazione delle tematiche laiche e liberali che caratterizzarono il
nostro Paese negli anni '70 e '80 (e che videro uniti socialisti,
repubblicani, liberali e radicali): pensiamo al "caso Englaro"; ma
anche alla discussione sulla libertà di ricerca scientifica senza
condizionamenti dogmatici; sulle coppie di fatto e sui nuovi diritti di
cittadinanza. Ora, con tutti ciò, la necessità di un Polo
Liberaldemocratico a vocazione maggioritaria che porti avanti queste
istanze e difenda le conquiste del passato, si impone. Un Polo Liberaldemocratico che dovrà necessariamente scontrarsi con uno Conservatore. Oggi
ci troviamo in totale assenza di un'opposizione credibile (visto e
considerato anche la pessima gestione governativa dei precedenti
governi ulivisti-unionisti-prodiani-cattocomunisti), in calo
vertiginoso nei consensi e nei sondaggi e senza una cultura di
riferimento saldamente laica e democratica (il PD è nei fatti una
sintesi fra la cultura del vecchio PCI togliattian-berlingueriano e la
DC demitiana). Oggi
ci troviamo un governo per certi versi liberale e per altri no. Da una
parte abbiamo interessanti riforme liberalsocialiste del mercato del
lavoro e sugli ammortizzatori sociali - per quanto limitate - nonché
riforme della pubblica amministrazione; dall'altra abbiamo posizioni da
Medioevo sui diritti individuali e la ricerca scientifica. Oltre che
sciagurate posizioni concilianti con la pseudo-democrazia russa di
Vladimir Putin. Il Presidente Berlusconi non fa certo una bella
figura quando afferma che Eluana Englaro andava "salvata" in quanto
poteva avere dei figli. E la medesima pessima figura - questa anche a
livello internazionale - la fa ogni qual volta parla dell'amico
Vladimir. E' anche per questo che eminenti
personalità del PdL come Paolo Guzzanti, Massimo Teodori, Guglielmo
Castagnetti ed altri l'hanno abbandonato per approdare ad altri lidi
liberaldemocratici. E non è un caso che Gianfranco Fini, già leader
di AN, stia prendendo posizioni in linea con la liberaldemocrazia
europea su coppie di fatto, sull'antifascismo (accompagnato giustamente
dall'anticomunismo), su ltestamento biologico e per una politica estera
filo-occidentale ed a fianco di Israele (anche qui, invece, i cattocom
sono divisi). "Il Giornale" di qualche giorno fa ha ironizzato su un Gianfranco Fini possibile leader del PD. Nulla di più sbagliato. Il
PD è un partito confusionista e scarsamente riformatore, come abbiamo
scritto. Gianfranco Fini, diversamente, è un grande leader
liberaldemocratico e la stessa AN sta mutando gran parte del suo dna al
punto da annoverare Piero Gobetti fra i suoi ispiratori. Ovviamente,
come ha spiegato anche il prof. Pier Franco Quaglieni del Centro
Pannunzio, AN fa un'operazione errata e strumentale. Però a parer mio
non è impensabile o strumentale il fatto che una parte dei suoi
elettori-militanti sia autenticamente liberale, non di destra e nemmeno
postfascista. Con
ciò voglio semplicemente dire che per avere un rinnovato bipolarismo
all'occidentale anche in Italia e che veda contrapporsi Liberali a
Conservatori, è necessaria una scomposizione del PdL. Altro che partito unico ! Una
volta fuori gioco il PD - e questo è il momento - ecco che potrebbero
compattarsi i liberali, laici, repubblicani e persino i socialisti non
attratti da un centrosinistra alla deriva. Ed ecco che di tale
rassemblement potrebbe far parte a pieno titolo Gianfranco Fini (magari
anche come leader, chissà) ed i liberali del suo partito che
decideranno di seguirlo, Renato Brunetta, Jas Gawronski, ed ancora
Capezzone, Della Vedova ed i liberali oggi nel PD come Valerio Zanone,
la Sbarbati ecc...
E soprattutto, auspichiamo, moltissimi giovani da inserire da subito
nella futura classe dirigente di questo possibile Polo
Liberaldemocratico.
Ecco che il sogno dei Mario Pannunzio e de "Gli amici del Mondo" si
realizzerebbe: ovvero la costituzione di un grande partito liberale di
massa, non di destra, progressivo, ma al contempo rigoroso e
soprattutto filo-occidentale.
Che si contrapponga ad un partito conservatore, che purtroppo nel
nostro Paese finirebbe comunque per essere vaticano, medievale, a
tratti cattocomunista, a tratti clericofascista.
Beh, siamo comunque il Italia: il Paese della Controriforma....come ebbe a dire Ugo La Malfa.

Luca Bagatin
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