Contemporanei ed entrambi massoni,
oltre che dediti a pratiche esoteriche e talvolta occulte,
purtuttavia così diversi.
Da una parte Alessandro conte di
Cagliostro (1743 - 1795), il nobile amico del popolo e dei filosofi, il guaritore
degli afflitti, il dispensatore dell'Antica Spienza Gnostica.
Dall'altra Giacomo Casanova (1725 - 1798), il conservatore amante dell'Ancien
Regime, il fautore del dispotismo illuminato, il nemico giurato di
Voltaire e Rousseau, il libertino tollerante nei confronti
dell'ateismo.
Due figure emblematiche di quel Secolo
dei Lumi diviso fra fede nella Ragione - propugnata dagli Illuministi -
e ricerca di quell'antica sapienza che troverà la sua massima
sintesi nella fondazione della Massoneria Speculativa, che all'epoca
ospitava spesso, nelle Logge, maghi, alchimisti ed occultisti di
vario genere.
Di Alessandro conte di Cagliostro ci
hanno parlato numerose opere, da noi in passato lungamente recensite,
redatte da Pier Carpi, da Marc Haven e da numerosi altri
memorialisti.
Di Giacomo Casanova ci parla, invece,
con grande acume e proprietà di lunguaggio, il saggio “Il demone
Casanova” del giornalista e scrittore Angelo Mainardi, edito dalla
Tre Editori.
“Il demone Casanova”, che vanta
un'ampia ed approfondita bibliografia, trae in particolare linfa
dalla monimentale opera del libertino veneziano, ovvero “La Storia
della mia vita”, scritta negli ultimi anni di vita - pubblicata
postuma, quasi duecento anni dopo - , quando il Nostro si trovava nel Castello
del conte di Waldstein a Dux, in Boemia, ove morì riuscendo a
trovare conforto solo nella scrittura, ormai vecchio, stanco e preda
delle angherie dei servitori del conte stesso.
L'opera di Mainardi è certamente
completa e priva di quelle censure tipiche dei memorialisti
casanoviani, i quali hanno preferito non scalfire troppo la figura
del Veneziano, ricordandolo solo quale mito immortale.
Mainardi, diversamente, attraverso
l'analisi delle Memorie casanoviane, ne traccia un profilo
autentico. Appassionato di magia sin dalla tenera età, ovvero sin da
quando una fattucchiera riuscì a guarirlo dai numerosi malanni
causati da una salute cagionevole, Giacomo Casanova è figura
singolare del XVIII secolo. Di umili natali, figlio di due attori, si
farà presto strada nel gran mondo proprio grazie alla consapevolezza
di “non essere nessuno”.
Uomo fra i più colti del suo tempo,
come lo definiscono i suoi stessi memorialisti contemporanei, fu
scrittore, filosofo, occultista, massone, diplomatico e spia al
servizio delle grandi potenze dell'epoca.
In particolare divenne celebre per
essere un grande seduttore, ma pochi ricordano o vogliono che –
come scrive Mainardi, riferendosi a ciò che scrive lo stesso
Casanova nelle sue Memorie – amava sedurre anche bambine,
religiose compiacenti, oltre che non disdegnava i rapporti
incestuosi, al punto da giudicarli del tutto naturali.
Altro aspetto curioso e per molti versi
controverso del Casanova è il suo rapporto con l'occulto. Da una
parte egli conosceva alla perfezione la sapienza antica della Cabala ebraica e
se ne serviva per fare oracoli; dall'altra non vi credeva troppo, al
punto da utilizzare detti oracoli o dette pratiche per imbrogliare il
suo prossimo e trarne vantaggio, talvolta seduttivo – se su donne –
talvolta pecuniario, se trattavasi di persone di sesso maschile.
Interessante, invece, il rapporto con
l'esoterico ed in particolare con la Massoneria.
Iniziato massone nel 1750 nella Loggia
di Lione “Amicizia”, le sue Memorie ci riportano la seguente
frase, a proposito del cosiddetto “segreto massonico”, che denota
– a dispetto del personaggio – una profonda cultura esoterica:
“Coloro
che entrano nella Massoneria solo per carpirne il segreto possono
ritrovarsi delusi: può infatti accadere loro di vivere per
cinquant'anni come Maestri Massoni senza riuscirvi. Il mistero della
Massoneria è per sua natura inviolabile: il Massone lo conosce solo
per intuizione, non per averlo appreso. Lo scopre a forza di
frequentare la Loggia, di osservare, di ragionare e di dedurre.
Quando lo ha conosciuto, si guarda bene dal far parte della scoperta
a chicchessia, sia pure il miglior amico Massone, perché se costui
non è stato capace di penetrare il mistero, non sarà nemmeno capace
di profittarne se lo apprenderà da altri. Il mistero rimarrà sempre
tale. Ciò che avviene nella Loggia deve rimanere segreto, ma chi è
così indiscreto e poco scrupoloso da rivelarlo non rivela
l'essenziale: come potrebbe, se non lo conosce ? Conoscendolo, non lo
rivelerebbe”.
La cultura, fosse essa
esoterica, occultistica, oppure libresca, non mancò mai al Nostro,
il quale, durante il corso della sua vita, dette alle stampe diverse
opere letterarie, spesso pubblicate a sue spese, ad ogni modo. Oltre
al celebre “Il duello”, ove racconta del suo duello vittorioso con il conte
polacco Branicki, ricordiamo l'opera in cinque volumi “Icosameron”,
ovvero il primo romanzo di fantascienza mai apparso nella Storia.
Angelo Mainardi, nel suo “Il demone Casanova”, a tal proposito,
ci presenta l'opera come la storia di un rapporto incestuoso fra
fratello e sorella e del loro viaggio al centro della Terra che, per
molti versi, anticipò l'opera di Jules Verne. Da notare che
nell'”Icosameron” - che pur non ebbe alcun successo letterario al
punto dall'indebitare l'autore stesso – sono prefigurate invenzioni
avvenieristiche quali l'automobile, i gas asfissianti, l'aereo, il
telegrafo e la televisione.
Grande viaggiatore e
avventuriero, Giacomo Casanova frequentò tutte le corti d'Europa e
divenne intimo del "Re Filosofo", ovvero Federico II di Prussia, il quale purtuttavia lo
deluse, in quanto gli offrì un umile posto quale precettore dei
cadetti dell'esercito. Impiego che rifiutò sdegnato.
Conobbe inoltre Voltaire
con il quale si confrontò spesso con un certo astio, non
condividendo con il filosofo l'idea che tutti gli uomini fossero
eguali, in quanto il Nostro - figlio del suo tempo ed amante
dell'Ancien Regime, come abbiamo detto - riteneva che la libertà di
pensiero potesse essere concessa solo alle classi agiate e che il
popolo, in buona sostanza, non fosse in grado di ragionare se non per
il proprio tornaconto personale, al punto che egli scrisse: “Quanto
al popolo, esso è dovunque della stessa natura: date sei franchi a
un facchino perché gridi “Viva il Re”, egli vi farà questo
favore, e per tre lire griderà un momento dopo “Che egli muoia”.
(…) Esso non ha né leggi, né ordine, né religione; le sue
divinità sono il pane, il vino e la poltroneria; crede che libertà
voglia dire impunità, che aristocrazia significhi tigre, che
demagogo stia per pastore amorevole del suo gregge. (...)”.
Misera,
come abbiamo detto, la fine del Nostro, il quale, purtuttavia, mai si
pentì dei suoi eccessi e della sua condotta tutta dedita
esclusivamente al piacere, più che all'amore.
Questo
in sostanza il “demone di Casanova” che lo rende inquieto, al
punto che, ad un certo punto del saggio, lo stesso Mainardi si chiede
se, in realtà, questa fuga continua del Nostro, ovvero questa ricerca del
piacere effimero, del rincorrere incessantemente ogni donna, non
voglia, in realtà, nascondere la ricerca della Donna Ideale ed al
contempo un luogo ideale e perfetto. Un luogo ed un tempo così
diverso dal Secolo dei Lumi, teatro dell'effimero e talvolta delle
contraddizioni (Fede/Ragione/Spiritualità/Esoterismo).
Un'opera
che getta nuova luce, quella del Mainardi – che recentemente ha
pubblicato sempre per la Tre Editori “Casanova l'ultimo mistero”
e che sarà nostra cura prossimamente recensire - e che va
accompagnata alla lettura delle Memorie
di Casanova che, chi vi scrive, lesse per intero alla sola età di
quindici anni, con l'animo di un ragazzino curioso ed al contempo
ammirato nei confronti di un personaggio unico nel suo genere.
Comunque lo si voglia giudicare.

Luca
Bagatin