24 aprile 2010
La parola fine di Roberta Tatafiore
E' passato un anno dalla tragica morte di Roberta Tatafiore, la
militante dei diritti civili delle donne e delle prostitute, la
libertaria, la sociologa, la scrittirice, la giornalista eclettica.
Una morte che lei stessa ha cercato, voluto, pianificato.
E così, alla fine, Roberta ci ha lasciato un diario, pubblicato nei
giorni scorsi dalla Rizzoli: "La parola fine - diario di un suicidio".
Un diario profondissimo nel quale parla, senza pudori, della
"composizione della sua morte".
Toccante è anche l'introduzione-biografia dello scrittore e giornalista
Daniele Scalise, già militante dei diritti civili degli omosessuali e
contro le discriminazioni razziali.
Scalise traccia i primi anni della Tatafiore, nata a Foggia nel 1943, in
piena Seconda Guerra mondiale, sotto i bombardamenti degli Alleati.
Racconta dei rapporti con la madre, con le sorelle e con il padre che
sarà poi - nel 1960 - ucciso da un operaio uscito di senno della
fabbrica nella quale lavorava.
Sarà questo che, forse, segnerà la vita di Roberta. Ma sarà anche la sua
profonda sensibilità a tratti "mortifera" e "suicidaria", come afferma
lei stessa nel suo diario.
E via via, gli anni '70 di Roberta Tatafiore, come giornalista femminista
per il giornale "noidonne", di ispirazione social-comunista e la sua
militanza nell'Unione Donne Italiane.
Roberta Tatafiore, come ricorda Scalise, studierà successivamente il
tedesco e sarà la curatrice e traduttrice italiana del celebre
best-seller "Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino" di Christiane F., che
racconta la storia di questa ragazza dalla vita difficile fra
tossicodipendenza e prostituzione.
Negli Anni '80, sarà la stessa Tatafiore ad occuparsi di prostituzione,
con l'incontro - a Pordenone - di Pia Covre e Carla Corso, fondatrici
del Comitato per i Diritti Civili delle Prostutite (con il quale, ironia
della sorte, collaborai io stesso una decina d'anni fa).
Con Carla e Pia fonderà dunque il periodico "Lucciola" e, come
sociologa, studierà a fondo il fenomeno, ponendosi sempre dalla parte
delle prostitute, dei loro diritti ed affermando sempre: "E Dio non
voglia che arrivi anche da noi una legislazione come quella svedese,
contro il "cliente" e per la rieducazione delle prostitute !".
Arriverà dunque a collaborare, come consulente, con il Ministro della
Solidarietà Sociale Livia Turco per la stesura di una legge per la
depenalizzazione della prostutizione. Legge che purtuttavia non arriverà
mai.
L'impegno militante di Roberta Tatafiore nell'ambito dei diritti
civili proseguirà negli anni '90 con la vicinanza ai Radicali che, nel
1994, si stavano avvicinando al nascente movimento di Silvio Berlusconi
e nel 2000 sarà fra i fondatori di Polo Laico, assieme a Taradash,
Giovanni Negri, Arturo Diaconale ed altri: per un centro-destra laico,
liberale e libertario.
Il progetto, purtuttavia, naufragherà presto per l'indisponibilità di
Berlusconi a candidare in Parlamento rappresentanti dell'area
laico-liberale.
Roberta inizierà dunque a collaborare a testate quali l'"Indipendente",
diretto da Giordano Bruno Guerri, "Il Foglio", "Il Giornale" ed infine
per "Il Secolo d'Italia" - quotidiano di Alleanza Nazionale - curando
la rubrica "Thelma & Louise", assieme a Isabella Rauti e affermando -
nel suo stesso diario - "....mi piacciono la direttrice (Flavia Perina n.d.r.) e il
vicedirettore di questo stravagante foglio di fronda e di governo,
perché scrivere per l'unico quotidiano di destra che opera
un'intelligente rivisitazione della cultura fascista mi interessa,
perché Gianfranco Fini è il politico più laico e sagace del momento".
Sarà profetica.
E proprio alle pagine de "Il Secolo d'Italia" affiderà la sua difesa
estrema del diritto all'eutanasia, con particolare riferimento al "caso
Eglaro" che sarà l'ultimo ad appassionarla politicamente.
"La parola fine - diario di un suicidio" è dunque un documento toccante.
Nel leggerlo non si può non riflettere sulla vita, sulla
morte....sul....."a chi appartiene la vita ?". E non si può non
commuoversi, non rimenerne rapiti.
Roberta Tatafiore programmò di scriverlo il 1 gennaio del 2009 e di
concluderlo il 31 marzo. Poi, si sarebbe tolta la vita in un'albergo
dell'Esquilino, poco lontano da casa sua, con l'assunzione di
barbiturici.
La sua sarà dunque una scelta meditata. Una scelta consapevole.
"La parola fine" è l'unico ed ultimo documento che ci rimane di una
donna che ha voluto presentarci il suo suicidio come "gesto politico",
ovvero, come lei afferma, libertariamente: "il salto nel vuoto di chi
non sa adeguarsi alla norma".
"A chi appartiene la vita ? Alla società ? A Dio ? A noi stessi ? Credo
che la vita appartenga ad ogni individuo libero di affidarla a chi vuole
in base a ciò che gli suggerisce la coscienza".
E' la frase che conclude, nel retro-copertina, il diario di Roberta
Tatafiore. Una donna coerente sino alla sua ultima, estrema, scelta.

Luca Bagatin
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6 aprile 2010
Ciao Roberta !
L'8 aprile dell'anno scorso moriva suicida la giornalista femminista e
militante dei diritti civili Roberta Tatafiore.
La volli ricordare su questo blog con un articolo che - con profondo
dispiacere - feci già allora difficoltà a scrivere e che fu poi
pubblicato anche da "La Voce Repubblicana".
Feci difficoltà a scriverlo, come faccio ora a scrivere queste poche
righe di presentazione.
Roberta Tatafiore, poco conosciuta ai più, fu per molti di noi irriducibili libertari (a cui della "destra" e della "sinistra" non è mai importato nulla), un mito.
Un mito di libertà individuale, di coscienza civile all'anglosassone, di
liberazione che personalmente non esito a definire "psicosessuale"
(consapevolezza dell'utilizzo della propria mente e del proprio corpo,
senza costrizioni, condizionamenti o gabbie mentali).
Una donna che ha sempre, del resto, vissuto con coerenza la sua
esistenza giungendo financo a decidere il giorno ed il modo in cui
morire.
Da mercoledì 7 aprile prossimo, uscirà in libreria il suo diario "La
parola fine - diario di un suicidio", edito da Rizzoli con il contribito
del quotidiano "Il Foglio", che la Tatafiore iniziò a scrivere a
gennaio del 2009 proprio per documentare la sua scelta estrema con
riflessioni, paure, dubbi, ma anche con la certezza che la sua scelta di
morire sarebbe stata ineluttabile.
Vorrei qui riprodurre l'articolo che scrissi all'indomani della sua
morte, aggiungendo una piccola riflessione che Roberta Tatafiore
riprodusse nel suo diario: «A chi
appartiene la vita? Credo che la vita appartenga a ogni individuo
libero di affidarla a chi vuole in base a ciò che gli suggerisce la
coscienza».
 Luca Bagatin
UN ATTO DI ESTREMA COERENZA di Luca Bagatin da "La Voce Repubblicana" del 28 aprile 2009
 
Ricordo che la prima volta che ho
sentito parlare di lei è stato...... Avevo 17 anni ed allora ero un
verde militante. Fu così che conobbi i primi radicali storici, quelli
che avevano vissuto i mitici anni Sessanta, Settanta ed Ottanta con le
loro lotte per i diritti civili (divorzio, aborto, obiezione di
coscienza alla leva militare, voto ai diciottenni, liberazione sessuale,
omosessuale, transessuale, antiproibizionismo su droghe, non droghe,
ricerca scientifica, ambientalismo laico, autogestione del proprio corpo
e della propria mente....). Frequentavo la sede dei Verdi di
Pordenone, allora sita in Via Rovereto, ove oggi c'è un call center per
immigrati. Mi avevano lasciato una copia delle chiavi ed allora mi
dilettavo a riordinare il polverosissimo archivio fatto di vecchi numeri
di Quaderni Radicali (ne conservo a casa ancora un sacco di copie), di
Frigidaire (con un poster di Ilona Staller, al secolo Cicciolina), di
Radicalchic (una rivistina radicale di satira che usciva nei primi anni
'80), de Il Male, dei vecchissimi numeri di Lotta Continua
e.....Lucciola, il giornale dei diritti delle prostitute diretto da lei:
Roberta Tatafiore. Non so perché, ma sono sempre stato attratto dai diritti
degli “sconciati”, dei “diversi”, degli “emarginati”. Forse
perché, sin da ragazzino, sono sempre stato un tipino abbastanza
stravagante, poco incline al conformismo (nei comportamenti, nel modo di
vestire, nelle abitudini, nel modo di pensare....), ontologicamente
controcorrente. Per me l'amore per tossici, puttane, disabili, froci e
lesbiche e chi più ne ha più ne metta è stato dunque naturale. Più che
amore è stata empatia, comprensione. Fra anticonformisti ci si riconosce
a pelle. E' così che ho iniziato a leggere quel vecchio numero di
Lucciola, gli articoli della Tatafiore e ricordo persino un buffissimo
quanto emblematico fotoromanzo a tema prostituzione con protagonisti la
stessa Tatafiore ed un giovanissimo Chicco Testa. Ma chi era Roberta
Tafafiore ? Una femminista, proveniente dal quotidiano “Il Manifesto” e
poi una militante radicale in prima linea per i diritti civili delle
prostitute e dunque per la loro autogestione. Ironia della sorte, nel
1999, collaborerò io stesso – lavorativamente parlando, pur per un
breve periodo – con il Comitato dei Diritti Civili delle Prostitute,
fondato anche con il contributo di quelle battaglie libertarie e con
sede nazionale proprio a Pordenone. Ormai abbandonata la militanza
sinistrorsa nei Verdi (che stava diventando sin troppo sinistrorsa ed
ideologizzata per un individialista liberale e libertario come me) e
anche quella nella Lista Emma Bonino per la quale avevo comunque
condotto – con nessun mezzo ed assieme alla radicale storica Paola
Scaramuzza – la campagna elettorale per le europee in città (secondo
partito a Pordenone con il 14% dei voti: ci dedicarono anche la prima
pagina de “Il Gazzettino"), mi sono per molti versi avvicinato al
progetto del Polo Laico e poi della Casa Laica. Per un'area libertaria
nel centrodestra. Il Polo Laico era animato da persone che
culturalmente e politicamente stimavo molto: Givanni Negri, Arturo
Diaconale, Luca Barbareschi e.....Roberta Tatafiore appunto ! Eccola
che ritorna. Ascoltai su Radio Radicale anche il suo intervento di
fondazione di quel progetto che pur ebbe vita breve. Come poteva una
femminista ex di sinistra avvicinarsi ad un progetto nell'alveo del
centrodestra ? Poteva eccome, se era sufficientemente laica e libertaria
da rendersi conto che dall'altra parte – nei salotti buoni della gauche
au caviar - i “diversi” sono sempre stati trattati come degli appestati
(personalmente ricordo che allora, solo con i giovani di Alleanza
Nazionale riuscivo a parlare apertamente, in dibattiti pubblici e
televisivi, di legalizzazione della cannabis e di somministrazione
controllata di eroina ai tossicomani. Io a favore e loro contro. Con i
“sinistri” era impensabile, tanto erano attenti a mantenere buoni
rapporti con i loro amici cattolici). Non a caso, lo storico leader
del Partito Repubblicano Italiano, Randolfo Pacciardi, preferendo
l'alleanza con i clericali piuttosto che quella con i comunisti,
affermava: “Meglio una messa al giorno che una messa al muro”. Come non
dargli torto ! Ma ecco che comunque, anche lì, fra quegli ingenui
clericaloni e parrucconi del centrodestra berlusconiano, i laici,
liberali e libertari duri e puri davano fastidio. Solo qualcuno si è
salvato quà e là. Mi pare che la stessa Tatafiore abbia aderito ai
Riformatori Liberali di Della Vedova e Taradash, ma, ad ogni
modo.....non c'è stata trippa pè gatti ! Negli ultimi anni Roberta
Tatafiore curava una rubrica - Thelma e Louise - su “Il Secolo
d'Italia”, in cui continuava a parlare libertariamente di femminismo
con Isabella Rauti. In un recente articolo su “La Voce Repubblicana”
l'ho persino citata come rappresentante di quei radicali dalla mente
libera (come anche Adele Faccio, Angelo Pezzana, Giovanni Negri....),
che non hanno chinato la testa di fronte ai deliri pannelliani che hanno
portato quella tradizione alla totale distruzione politica e culturale.
In questi giorni, per mezzo di un bellissimo articolo dell'amico
Vittorio Lussana su “L'Opinione delle Libertà” (che con la Tatafiore per
un periodo ha anche convissuto), vengo a sapere che ella si è tolta la
vita all'età di 66 anni. Mi scende una lacrima, poi comprendo e
rispetto. Rispetto una scelta consapevole e rifletto. Rifletto sul
fatto che – come andiamo ripetendo da anni - solo noi siamo i padroni
della nostra esistenza, solo noi siamo in grado di gestirci ed
autogestirci, perché noi siamo “il pilota” della nostra vita, della
nostra mente, della nostra coscienza. E' un discorso filosofico, ma
anche eminentemente politico. E forse Roberta Tatafiore ha così compiuto
il suo ultimo, estremo, atto politico di un'esistenza profondamente
coerente, liberale e libertaria. Penso quindi ad Alex Langer. Poi a
Piero Welby ed infine a Beppino Englaro ed a Eluana. Esperienze che
non c'entrano assolutamente nulla fra loro. Non le giudico, sorrido, e
penso a quanto sia fortunato ad aver potuto comprendere ed apprendere –
nel mio piccolo – qualche cosa dalle loro esistenze.

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