27 novembre 2012
L'economista Michele Boldrin ci spiega come fermare il declino del Paese
 Il prof. Michele Boldrin, il suo recente saggio sull'abolizione del copyight e dei brevetti ed il logo del movimento Fermare il Declino
"Fermare il Declino è un movimento politico nato l'estate scorsa ad opera di Oscar Giannino ed un manipolo di economisti
e persone di buona volontà, di cultura liberale e volto a riformare lo Stato in modo equo, giusto e meritocratico. Questa
è l'opinione dei suoi aderenti che, in pochi mesi, sono giunti a quota
quasi 40.000. Per la maggior
parte personalità del mondo della piccola e media impresa,
dell'artigianato, della società civile, giovani precari ed esclusi da un
mondo del lavoro che vede protagonisti solo le categorie iperprotette
dal sindacato e dallo Stato. Fra coloro i quali avevano già ricoperto in
passato incarichi pubblici, molti provengono dall'area laica,
repubblicana e liberale. Michele Boldrin, economista alla
Washington University di St. Louis, uno dei fondatori del movimento,
oltre che autore di un interessante saggio relativo all'abolizione del
copyright e dei brevetti, è stato da noi intervistato a Pordenone, nel
corso della conferenza stampa
tenutasi prima dell'incontro pubblico di lunedì 26 novembre, al quale hanno
assistito oltre un centinaio di persone. Il prof. Boldrin che, come
aveva già preannunciato anche il prof. Zingales ed altri fondatori di
Fermare il Declino, ha precisato che non ha alcuna intenzione di
candidarsi alle elezioni politiche. Fermare il Declino nasce da esigenze
spiccatamente politiche e contingenti, legate alla crisi economica e
sociale che l'Italia sta vivendo da decenni a causa di uno Stato
ingiusto, che garantisce chi è già garantito, che non promuove il
merito, che vede un deficit di bilancio spaventoso a fronte di nessun
servizio pubblico ed un sistema delle imposte ormai elevatissimo. "Se
la spesa pubblica è elevata, è normale che le imposte siano elevate",
ha esordito il prof. Boldrin. "Berlusconi, per anni, ha promesso di
ridurre le tasse, ma senza ridurre le spese o dire quali spese avrebbe
voluto tagliare. Fermare il Declino, che non è un partito
organizzato, ma un
movimento di persone, propone dieci punti di riforma (che prevedono
l'abbattimento della spesa pubblica; liberalizzazioni vere; un reddito
per coloro i quali perdono momentaneamente il lavoro; riduzione drastica
del carico fiscale; riforma della giustizia, della scuola e
dell'ordinamento federale. N.d.A.) e propone, in primis,
l'abolizione dei sussidi alle imprese, attraverso la quale si potrebbero
ridurre ben 2 punti percentuali di PIL, ovvero di IRAP". Ed è
proprio l'IRAP l'imposta che Fermare il Declino giudica più ostica,
ovvero ingiusta ed incostituzionele, in quanto penalizza il lavoro e le
aziende che vogliono assumere nuovi dipendenti ed è, di fatto,
un'incentivo all'evasione. Oltretutto, spiega il prof. Boldrin, vi sono
sconti di IRAP "clientelari", Regione per Regione, a seconda
dell'attività produttiva svolta. "I partiti esistenti non sono credibili e
pochissimi Parlamentari hanno aderito al nostro manifesto e,
addirittura,
propongono misure opposte alle nostre" - ha detto Boldrin. "Per quanto
ci sono anche personalità che ci convincono e che sposano le nostre
tesi, come ad esempio Matteo Renzi". "Purtroppo non sappiamo nemmeno con
che legge elettorale andremo a votare e, in questo senso, la classe
politica italiana ci sta prendendo in giro,
valutando con quale legge potrà tentare di salvare sé stessa". "I
nostri militanti ed esponenti sul territorio, sono degli eroi, in quanto
si muovono proprio nell'ambito di una realtà storica italiana cinica,
che non crede più alla politica, delusa e disillusa, anche perché, va
detto, gli italiani troppo spesso si sono lasciati abbindolare dal
politico di turno". Ancora una volta, il prof. Boldrin, rimarca il
fatto che non è detto che Fermare il Declino si presenti alle prossime
elezioni. A livello locale come a livello nazionale, ad ogni modo, le
alleanze politiche, andranno fatte sulla base dei dieci punti
programmatici del movimento: chi li sottoscrive, merita di intraprendere
un percorso comune. Fra le proposte di Fermare il Declino anche
l'introduzione delle Macroregioni, in modo da ridurre le spese, spesso
clientelari, delle singole Regioni attuali e la medesima cosa vale per i
Comuni medio-piccoli. "Occorre, in questo
senso, abbattere il localismo ed il campanilismo, i quali producono
solo inutili divisioni ed aumento della spesa pubblica improduttiva a
carico della collettività", ha concluso l'economista.
 Luca Bagatin
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31 ottobre 2011
Le prospettive politiche di Matteo Renzi

Matteo Renzi, il "rottamatore".
Matteo Renzi, il "rinnovatore". Matteo Renzi, un passato
nel Partito Popolare Italiano, un moderato decisamente ed un ottimo
Sindaco di Firenze dalle idee e prospettive bipartisan, come si usa
dire oggi. Matteo Renzi, il trentaseienne che è mal digerito
dall'apparato cattocomunista e dal "nuovo Ulivo", il
trittico Bersani-Vendola-Di Pietro. Ed anche questo ce lo rende
simpatico, assieme alle sue prospettive dal sapore liberale, capaci
di andare oltre il berlusconismo e l'antiberlusconismo. Le parole
d'ordine di Matteo Renzi in sintesi: "No all'egualitarismo, sì
all'uguaglianza"; "No al berlusconismo ed
all'antiberlusconismo"; "Sì ad andare in pensione più
tardi, per garantire un futuro alle giovani generazioni";
"Abolizione del valore legale del titolo di studio"; "No
al finanziamento pubblico ai partiti;" "Abolizione dei
vitalizi ai parlamentari"; "Meritocrazia". Idee
vecchie, secondo Bersani. Che però è uno sconfitto dalla Storia,
assieme ai tutto il gruppo dirigente cattocom del Pd. Idee
riformatrici e liberali, pare, quelle di Renzi, invece, che hanno
vinto in tutto il mondo Occidentale e nella sinistra democratica
europea: da Gonzalez a Craxi, da Papandreu a Mitterrand, da Blair a
Zapatero. Matteo Renzi mette i bastoni fra le ruote ad una
sinistra italiana di matrice cattocomunista e conservatrice, incapace
di governare, triste e bacchettona, che garantisce chi è già
garantito e penalizza tutti gli altri. Se il Pd fosse Matteo
Renzi, insomma, sarebbe un partito progressista e liberaldemocratico.
Ma così non è. Matteo Renzi disegna uno scenario che potrebbe
vedere uniti i liberali, i liberisti (ovvero gli umanisti liberali,
volendo citare il compianto prof. De Marchi), ed i libertari di entrambi
gli schieramenti: Antonio Martino con Enrico Morando, Renato Brunetta
con Pietro Ichino, allargando il cerchio a Futuro e Libertà, al
Partito Repubblicano ed a quello Liberale. Una riedizione del mitico
"lib-lab", ovvero la convergenza di quei riformatori che,
nei primi anni '90, desideravano un futuro fatto di libertà di
impresa, di lavoro sostenibile e di garanzie per chi non è mai stato
garantito. Chissà se sarà davvero così. Nell'Italia degli ultimi anni gli
uomini di buona volontà, infondo e purtroppo, non sono mai stati
amati e premiati. Speriamo che la rotta si inverta presto,
altrimenti, i dolori della crisi, si acutizzeranno
ulteriormente. 
Luca Bagatin
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15 novembre 2010
Mutazioni (centro)sinistre: da cattocomunisti a semplicemente comunisti
La base del centrosinistra italiano di oggi, dalla Puglia a Milano,
sembra preferire i candidati comunisti a quelli cattocomunisti. E'
quanto confermano le elezioni primarie di Milano che hanno eletto a
maggioranza Giuliano Pisapia, già deputato di Rifondazione Comunista ed
oggi - con l'appoggio di Nichi Vendola già eletto alle primarie in Puglia - candidato di Sinistra e Libertà al Comune del capoluogo meneghino. Un ritorno
al passato che fa credere piuttosto che avesse ragione Fausto
Bertinotti e torto marcio i vari D'Alema, Prodi e Veltroni. A questo
punto tanto varrebbe che in casa cattocom tornassero al Pds, alla
Margherita, a Rifondazione Comunista ed ai Verdi. Tutti assieme
sarebbero destinati a perdere sempre e comunque in eterno, ma, almeno, a
perdere con dignità. Se analizziamo infatti i risultati vediamo come
il centrosinistra italiano abbia ereditato
unicamente voti ed una base politica e culturale che apparteneva al
vecchio Pci, alla sinistra Dc ed a settori dell'ambientalismo più
radicale. Il tentativo di costruire un Pd all'americana era, infatti,
destinato a perdere in quanto il Pd americano è da sempre lontano anni
luce non solo dalla sinistra come la intendiamo in Europa, ma ancor più
lontano dal comunismo che, sin dal dopoguerra, ha infatti combattuto
strenuamente. Il centrosinistra dal '93 ad oggi, peraltro,
rappresenta culture profondamente conservatrici e minoritarie che,
qualora siano riuscite a mettere in piedi un programma di governo, esso
risultava profondamente statalista, burocratico, sindacatocratico,
fondamentalista sull'ambiente e per nulla aperto nel campo dei diritti
civili ed individuali. Se ne accorse il Berlusconi del '94, salvo
poi tradire, nel giro di un anno e mezzo, il suo programma liberale,
libertario e liberista. L'economista Francesco Giavazzi, non a caso,
in un
saggio di qualche anno fa spiegava che "Il liberismo è di sinistra".
Sì, ma di una sinistra europea: ovvero di matrice liberalsocialista e
liberaldemocratica. Profondamente antistatalista ed antiburocratica. Ovvero l'opposto del nostro centrosinistra in salsa cattocomunista. Oggi,
dicevamo, questa compagine, grazie anche all'assurdo sistema delle
primarie, sembra voler tornare al '94, ovvero allorquando presentò
l'armata Brancaleone di Achille Occhetto, senza prospettive alcune di
radicali riforme liberali, liberiste e libertarie. Forse, magari, una sinistra laica, liberale e libertaria, in Italia, potrebbe anche vincere. Oggi,
stranamente, questa prospettiva pare essere incarnata piuttosto da
Gianfranco Fini che è l'unico leader ad aver abiurato al suo
imbarazzante passato clericofascista. A differenza dei vari
centrosinistri che ancora mettono ceri a Togliatti e Berlinguer,
dimenticando che loro furono amici dell'Impero sovietico e
che il primo, oltre ad aver introdotto in Costituzione i fascisti Patti
Lateranensi, concesse l'amnistia ai gerarchi del Regime mussoliniano. Occorre
costruire, dunque, un nuovo schieramento politico che guardi ad un
programma di riforme che attendono l'Italia dal '94: laico, liberale,
libertario e liberista. Con Fini, i Repubblicani, i Liberali ed i Radicali. Addio, dunque, ai baffoni, ai baffini, alle mortadelle, alle croci ed ai martelli.
 Luca Bagatin
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28 luglio 2008
Berlusconi decida se vuol diventare un vero Statista Europeo ed Occidentale: eviti di modificare la legge elettorale per le Europee e si apra ai temi laici
Abbiamo ultimamente avuto modo di plaudire più volte al Governo
Berlusconi IV ed alle sue misure liberalsocialiste che vanno dalla
detassazione degli straordinari passando per l'abbattimento dell'Ici
sulla prima casa, la tessera sociale di 400 euro annui, un nuovo piano
per le abitazioni per famiglie e meno abbienti, sino al taglio alle
spese dei ministeri ed alle misure contro i "fannulloni" nella Pubblica
Amministrazione. Plaudiamo anche al Lodo Alfano che finalmente prevede l'immunità per le alte cariche istituzionali e che andrebbe estesa anche ai Parlamentari i quali, una volta eletti dal popolo, solo da questo possono essere giudicati e solo una volta non rieletti possono e devono essere giudicati dalla Magistratura per eventuali infrazioni della Legge. Legge che deve essere uguale per tutti e non "più o meno uguale per qualcuno", come il periodo di Tangentopoli ci ha tristemente insegnato falcidiando un'intera classe dirigente e mantenendone illesa un'altra non certo incolpevole. Purtuttavia rimaniamo assolutamente esterrefatti
relativamente alla proposta di legge elettorale presentata dal PDL
relativamente allle Elezioni Europee, ove si fa vera e propria strage
di democrazia tanto quanto, se non peggio, della legge elettorale delle
Politiche. Ancora una volta si vuole togliere la possibilità agli
elettori di apporre la propria preferenza sui candidati dei relativi
partiti ed in tal modo - come per le Politiche - si pretende che
ciascun elettore "approvi" la lista dei candidati decisi dalla
Segreterie di Partito. Un po' come durante il fascismo ..... tanto più
se consideriamo che la suddetta legge prevede uno sbarramento del 5%
(ma nei fatti del 20% in quanto le circoscrizioni sono aumentate da 5 a
15) e quindi si vuole a priori falcidiare fior fior di partiti ad unico
vantaggio dello stesso PDL, del PD, della Lega e, forse, dell'Italia
dei Valori. L'ennesimo
scippo democratico che certo non fa onore ad un partito che si proclama
"delle Libertà". Uno scippo che questa volta non perdoniamo al
Cavaliere, il quale, se vorrà essere davvero ricordato come uno
Statista di stampo liberal-popolare ed Occidentale capace in qualche
modo di unire laici e cattolici, dovrà fare i conti anche e proprio su
questo tema ripristinando democrazia e pluralismo che peraltro sono i
valori fondanti dell'Europa stessa.
Oltre a ciò ci permettiamo anche di suggerire al Premier di aprirsi a
temi laici e quindi di civiltà giuridica come l'eutanasia - riportata
alla ribalta anche dei media con il caso di Eluana Englaro e di Paolo
Ravasin - e quindi il testamento biologico; la possibilità di aprire
alla ricerca scientifica a 360 gradi sul modello anglosassone; la
pillola del giorno dopo; ma anche la lotta alle narcomafie
confrontandosi ed aprendo alle ricette antiproibizioniste e quindi
legalitarie contro il disordine d'oggi in meteria.
Questi dei timidi suggerimenti ad un Governo che oggi ha la possibilità
di essere ricordato come un Governo "diverso" rispetto agli ultimi 15
anni. Un governo capace di imprimere la sua svolta riformatrice,
arginando le derive sfasciste della destra e facendo rivivere la
stagione riformatrice del vero ed unico Centro Sinistra di De Gasperi, Einaudi,
La Malfa e Craxi.
 Luca Bagatin (nella foto con suo fratello Silvestro)
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15 dicembre 2007
Conservatorismo bipartisan e il Partito delle vere Libertà
   Non sono mai stato un sostenitore del bipolarismo, figuriamoci del bipartitismo. Quantomeno in Italia, ove storicamente esiste la pluralità delle culture politiche e ciò è comunque un segno di democrazia. Di
conseguenza sono contrario ad ogni possibile legge maggioritaria o
proporzionale con sbarramento che sia: a ciascun partito, insomma, si
deve permettere di presentarsi agli elettori e di conquistare seggi in
proporzione al numero dei voti raccolti. Democrazia vorrebbe anche,
tuttavia, che ciascun partito si finanziasse da sé, senza il ricorso a
finanziamenti Statali a pioggia. Essi al massimo potrebbero essere
mirati a coprire solo taluni costi quali la stampa di manifesti e
volantini elettorali quantificata a "forfait" e non oltre una certa
cifra, comunque contenuta. Per il resto si potrebbero prevedere spot
gratuiti sulle reti televisive pubbliche (fintanto che esiste il
vergognoso servizio pubblico radiotelevisivo che andrebbe, a parer mio,
quanto prima privatizzato per consentire, anche qui, libertà di offerta
di programmi televisivi e per non far spendere ulteriori quattrini agli
Italiani per il mantenimento di un "carrozzone" comunque lottizzato
politicamente e che strapaga Celentano & Co). Ma, veniamo alla
governabilità. Si dice che con la pluralità dei partiti sarebbe
impossibile o comunque difficile governare il Paese. Questa mi pare
un'affermazione un po' semplicistica e che non tiene conto di taluni
fattori. Ricordiamo che l'Italia è stata governata per un
cinquantennio con un sistema proporzionale purissimo, ove i partiti si
coalizzavano sulla base di taluni punti programmatici. E così Dc, Psi,
Pri, Psdi e Pli hanno, nel bene e/o nel male (ma comunque non ci sarebbe
stata alternativa democratica possibile), portato il nostro Paese fra i
Grandi della Terra. Oggi non si capisce perché non possa avvenire la stessa cosa. Dal
'92 ad oggi, invece, spazzata la classe politica democratica, abbiamo
improvvisamente subito un'involuzione che ci ha portato ad essere
un Paese fortemente in crisi sotto tutti i punti di vista. Un Paese
ove, giustamente, nessuno crede più nella politica anche perché gli
attuali schieramenti in campo sono esattamente speculari l'uno
alll'altro, ovvero antiliberali e antilaici. Le varie Rivoluzioni
Liberali, sbandierate dal '94 ad oggi prima dal Polo e poi dall'Unione,
sono state tradite sin da subito sia sotto il profilo economico che per
quanto concerne le libertà civili ed individuali (per le quali siamo
agli ultimi posti in Europa). In effetti, si noti anche che i due
principali partiti delle coalizioni, in Europa, non si collocano
affatto nell'Internazionale Liberale e nel Partito dei Liberali e dei
Riformatori (ELDR), bensì l'uno si colloca nel Partito Popolare Europeo
e l'altro nel Partito Socialista Europeo (fra l'altro indebitamente in
quanto i postcomunisti non hanno giammai voluto dichiararsi socialisti
salvo qualcuno, diventato ben presto "sasso in capponaia" del
centrosinistra cattocom prodian-veltroniano). Ora, posto che i due
pseudo-nuovi partiti nati in queste ultimi mesi e settimane, il Pd ed
il PdL, sono dei fenomeni da supermarket che cercano d'intercettare
voti in caduta libera viste le pessime prove di governo dell'uno e
dell'altro, debbo dire comunque che come osservatore ormai esterno alla
politica ed ai partiti, sto guardando con una certa attenzione al
curioso fenomeno del Partito delle Libertà. In particolare al fatto
che esso abbia sostanzialmente portato allo sfaldamento del
centrodestra, il quale, a detta di tutti, pareva destinato a vincere le
prossime elezioni. La qual cosa mi porta a due riflessioni: o
Berlusconi, fondatore in un giorno del PdL, mira a portare alla luce il
suo accordo sottobanco antiliberale con il Pd e quindi con l'Unione
(che pare sussistere dal '96, se notiamo come i due schieramenti hanno
svolto egregiamente un "gioco delle parti" ove ciascuno si ingiuria
in pubblico, ma in privato nessuno è andato a ledere gli interessi
dell'altro) e quindi a voler favorire Walter Veltroni come prossimo
Premier; oppure egli vuole sganciarsi completamente dalla destra e
quindi dal partito di Fini, da quello di Storace e dalla Lega Nord. La
qual cosa mi pare un tantino azzardata, visto anche che egli ha
recentemente osannato proprio i neofascisti di Storace, epperò,
epperò.... E però farebbe così bene il Berlusca a sganciarsi da
tutta la destra e far diventare il Partito delle Libertà un vero
partito liberale di massa. Un partito non di destra, ma contro questo
centrosinistra conservatore. Un partito che possa davvero
raccogliere chi vuole governare la globalizzazione con regole certe ma
alleggerendo il peso dello Stato sui cittadini sia per quanto concerne
l'aspetto economico che per quanto concerne le libertà individuali. Persino
Sarkozy, neo premier francese e Rudy Giuliano, probabile candidato
repubblicano alla Casa Bianca, sono da sempre a favore delle unioni
civili, di leggi non punitive nei confronti dell'aborto e a favore
della ricerca scientifica. Potranno mai questi leader internazionali dirsi di destra o conservatori ? A
parer mio certamente no. Sono semplicemente persone di buonsenso,
moderne, che credono negli individui e nelle loro potenzialità. In
barba alle verie religioni dogmatiche antidemocratiche. Come farlo
capire a chi in Italia vuole dirsi "liberale", ma non lo è nei fatti, in quanto è il "braccio politico e parlamentare" del Vaticano ? Il
Partito delle Libertà, o ascolta di più gli sporadici ma tenaci laici e
liberali al suo interno come i Riformatori Liberali, i Repubblicani e i
Liberalsocialisti sparsi e quindi si trasforma in partito liberale,
libertario e liberista, non di destra, ovvero anticonservatore, oppure
può continuare a rimanere fenomeno da supermarket alleato a
postfascisti, neofascisti e traditori dell'unità nazionale e quindi può
continuare ad alternarsi al governo con il centrosinistra. E così
l'Italia non conoscerà mai né vera libertà né tantomeno vera
democrazia, rimanendo completamente isolata nei confronti dei processi
di globalizzazione e di civiltà in continua evoluzione nell'Occidente democratico.
  
Luca Bagatin
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