Negli
anni ’70 mi dedicavo con assiduità alle “sedute spiritiche”. A seguito
di inquietanti avvenimenti accaduti durante le stesse smisi di
praticarle, ma rimasi comunque affascinato dal mondo dell’esoterismo e
nel corso degli anni ’80, quando avevo tempo, giravo spesso per le
campagne alla ricerca di personaggi sedicenti maghi, teurghi,
pranoterapeuti e quant’altro, per cercare di conoscerli e, in un cero
qual modo, di studiarli.
Una
sera del 1988 tornai a casa di notte molto tardi e, in solitudine,
accesi la televisione. Per la prima volta vidi e conobbi Sai Baba,
presentato in un interessantissimo documentario girato su di Lui:
filmato che in seguito non ho più rivisto. Immediatamente sorse in me
il desiderio di andarlo a trovare, appena ne avessi avuta la
possibilità.
Da quella sera cominciai a sognarlo spesso, ed il mio desiderio di andare in India per conoscerlo andò sempre più crescendo.
Nel
1994, dopo avere preso i contatti con un centro dedicato a Lui, partii
insieme a colei che in seguito sarebbe diventata mia moglie, che da
poco tempo aveva subito un intervento addominale la cui cicatrice non
riusciva a rimarginarsi avendo formato una sacca cistica di liquido
purulento che gemeva continuamente. Io stesso, prima di partire, le
feci una ecografia sulla sede della tumefazione ben apprezzabile anche
alla palpazione e dimostrai la presenza di una raccolta cistica nel
contesto della cicatrice chirurgica. Per poter mantenere sotto
controllo la lesione, mi premunii di garze, bende, acqua distillata
sterile, disinfettanti e materiali per la corretta pulizia, oltremodo
necessari specie in considerazione degli ambienti che avremmo
frequentato.
Devo dire che la mia compagna non era molto entusiasta del viaggio anche perché poco interessata al personaggio.
A
quei tempi nell’ashram gli uomini alloggiavano separati dalle donne e
noi, per non essere divisi, affittammo una camera in un alberghetto di
Puttaparthi.
Iniziò così la nostra esperienza.
Tutte
le mattine, prima del sorgere del sole, ci recavamo all’ashram dove
venivamo separati per le interminabili file che venivano sorteggiate al
fine di lasciare al caso la vicinanza o meno lungo il tragitto che Sai
Baba, quando sarebbe uscito, avrebbe dovuto probabilmente percorrere.
La storia si protrasse per diversi giorni senza che né io né mia
moglie, che continuava ad avere problemi con la sua ferita, riuscissimo
a trovarci vicini a Lui.
Di
questa cosa mi lamentai con un amico dicendogli anche che avevo avuto
l’impressione che Sai Baba, da lontano, si volgesse saltuariamente
verso la mia direzione facendo strani gesti, ma che fino ad allora non
ero mai riuscito neanche lontanamente ad avvicinarlo; mia moglie era
sconsolata e delusa. Il mio amico mi rispose con queste parole: “Ti sta
dicendo: occhio! Datti una mossa e scrivimi una lettera!”. Sul momento
ritenni che mi avesse detto una baggianata. Comunque pur non avendo
niente da chiedere scrissi la mia lettera affermando che il mio unico
desiderio era quello di parlargli.
La
mattina seguente la mia fila fu estratta per prima e mi ritrovai
proprio vicino al percorso lungo il quale forse Sai Baba si sarebbe
incamminato. Quando le persone si accorsero che si dirigeva proprio
dalla mia parte mi consegnarono un’infinità di lettere. Nel momento in
cui mi fu vicino gli toccai i piedi, gli consegnai le lettere e gli
chiesi un’intervista. Lui mi sorrise, non rispose, prese le lettere e
se ne andò.
Il
giorno appresso, mi trovai nuovamente in prima fila carico di lettere
di amici e conoscenti che avevano ritenuto quello del giorno prima un
“segno” importante. Quando Sai Baba mi fu nuovamente accanto gli
consegnai le lettere, gli feci toccare un fazzolettino e una piccola
statua di Ganesh di quarzo che ancora conservo, ed insistetti
richiedendo l’intervista. Sai Baba mi guardò con grande dolcezza e
battendomi più volte affettuosamente la sua mano sulla spalla mi
rispose “Quiet…quiet…” poi si girò e si allontanò. Dopo tre passi si
fermò mi inviò un ultimo sguardo e, non per me, forse perchè sapeva che
non avevo bisogno di questo, ma rivolto ad un altro fedele, prese a
girare la sua mano nuda in aria con il palmo rivolto verso terra.
Immediatamente cominciò a prodursi la Vibuti che tutti i fedeli si
precipitarono a raccogliere dal pavimento marmoreo. Io mi voltai verso
un altro devoto che mi stava acanto e notai che stava studiando le
monografie dell’AMORC (Anticus Misticusque Ordo Rosacrucis), un ordine
al quale proprio in quei tempi ero indeciso se iscrivermi. Ritenni che
forse mi era stata indicata la via più idonea per me: quella
dell’Alchimia Spirituale fondata sulla Conoscenza o Gnosi. Appena
tornai in Italia mi iscrissi all’Ordine e a tutt’oggi sto ricevendo
grandi soddisfazioni dal percorso lungo questa via che continuo a
praticare.
La
cosa sorprendente fu che sul pavimento di marmo dal quale i fedeli
raccoglievano la polvere sacra, questa continuava a prodursi
spontaneamente anche quando Sai Baba si fu allontanato.
Mentre
Sai Baba usciva il suo sguardo si incrociò con quello di mia moglie che
stava dalla parte opposta dell’ashram, la quale mi riferì che, non
sapendo perché, cominciò a piangere. Quando al ritorno in albergo le
visitai la ferita per pulirla e curarla, questa risultò guarita. Al
nostro ritorno in Italia rifeci una ecografia che risultò completamente
negativa.
Ho cercato di sintetizzare alcune esperienze, ma in quel periodo sia io che mia moglie ne abbiamo avute anche altre.
Noi
non siamo portati per la via della devozione e le mie qualifiche non mi
inducono né a cantare Bajan né a sgranare rosari, non posso
considerarmi devoto di Sai Baba né di nessun altro, preferisco la via
della Gnosi, dell’Advaita, la Meditazione e l’Azione, tuttavia questo
personaggio che ritengo veramente un essere superiore, un vero Maestro,
mi ha colpito, soprattutto per il suo insegnamento etico-filosofico che
ritengo conforme agli insegnamenti della Philosophia Perennis, ritengo
di avere avuto la fortuna di conoscere soltanto un altro vero Maestro:
Raphael il cui magnifico insegnamento risulta più metafisico.
Comunque dopo essere stato in India ed averlo conosciuto, Sai Baba non l’ho più sognato.