21 dicembre 2014
Perché in questo mondo triste, violento e grigio occorre porre al centro del dibattito pubblico/politico/sociale l'Amore e l'affettività
Colgo l'occasione per riportare, qui di seguito, due articoli pubblicati oggi sul web. Ritengo sia utile in quanto mai come in questi tempi di profonda crisi umana, sociale e politica, occorre porre al centro del dibattito pubblico/politico/sociale l'Amore e l'affettività, tematiche che già trattiamo da tempo nell'ambito del pensatoio "Amore e Libertà" per la Civiltà dell'Amore. Il primo articolo è la risposta del sig. Luca Rampazzo - per il sito www.lacritica.org - al mio pezzo relativo alle cosiddette "Sentinelle in Piedi", il quale mi "accusa" - direi in modo gratuito e privo di argomentazioni serie - di "magistrale banalità" oltre che di "nullismo" (sic !). Per correttezza e completezza riportiamo per intero il suo articolo qui di seguito:
Questo
articolo nasce in risposta a mille articoli uguali tra loro ed
ugualmente vuoti, ultimo dei quali è il magistralmente banale pezzo di
Bagatin su l’Opinione.it. Sono tutti articoli che, con stupore tipico di
chi non sa cosa sia la libertà, si meravigliano del fatto che noi
Sentinelle non ci siamo ancora suicidate in massa. Sì, il loro problema
non è cosa noi pensiamo. Siamo ad un passo precedente. Si stupiscono che
noi esistiamo. Il problema va quindi affrontato partendo dalle basi,
perchè la malafede dei nostri avversari va esposta senza concedere
sconti:
1) Non è vero che il matrimonio, per il
Diritto, si basa sull’affettività. Non è mai stato così in 25 secoli. E
meno male, dico io. Ve lo vedete uno Stato che decide quanto amate
davvero il vostro partner? No, il matrimonio serve a sanzionare un
particolare tipo di convivenza, quella aperta alla Vita. E sì, la
possibilità di procreare, per lungo tempo, ha definito la validità
stessa del vincolo. Oggi abbiamo deciso di far a meno di controlli
formali, ma questo non vuol certo dire che la ratio sia cambiata. Il
matrimonio è quello. Fatevene una ragione.
2) Se il matrimonio fosse un diritto,
cosa che non è, chi sarebbe il soggetto destinatario del dovere
corrispondente? Sì, perchè non esistono diritti senza doveri
corrispondenti…Anche se vogliamo essere magnanimi, c’è sempre il
problema che mi si vuole forzare a riconoscere qualcosa che non voglio
riconoscere. Quindi quelle unioni toccano anche me. Non è vero che non
siano fatti miei, sono ESATTAMENTE fatti miei. La convivenza non lo è.
Il matrimonio sì, perchè mi si impone il riconoscimento. Questo,
ovviamente, si aggiunge al piccolo dettaglio che altri soggetti privi di
difesa, come i minori abbandonati, potrebbero essere forzati ad un
inserimento in qualcosa che famiglia non è…
3) Per chi crede nel welfare, si crea
una pericolosa concorrenza tra entità molto diverse che competono per le
stesse misere risorse.
4) Qualcuno sta tentando di sanzionarmi
per quanto scritto sopra. E’ in discussione un Ddl per cui io rischio la
prigione per istigazione a delinquere per la seguente frase: “Chiedo
con forza che il mio Sindaco non includa tra le giovani coppie
destinatarie di sconti sul costo dei servizi anche quelle omosessuali”.
Questa volontà di sterminio intellettuale non è solo demenziale, è
direttamente intollerabile.
Come è palese qui ci sono due piani: i
punti da 1 a 3 riguardano ragioni sulle quali dissentire è lecito,
apprezzabile e sostanzialmente democratico. Il quarto è un punto per il
quale si dimostra la vera natura dei Militi del Nulla: incapaci di
prevalere con la razionalità, si fanno scudo della forza e del rancore
costruito in decenni di propaganda e di semina di odio contro chi non si
allinea, contro il diverso, contro chi non si arrende alla loro visione
della società e procedono allo sterminio delle libertà dell’avversario.
A partire da quella di dissentire. Continuando con quella di esistere
liberamente. Non male per i presunti difensori della libertà, vero?
Luca Rampazzo (http://www.lacritica.org/politica-2/le-sentinelle-in-piedi-contro-i-militi-del-nulla-storia-di-una-lotta-di-liberta/)
Il mio commento di risposta - al momento in cui pubblico questo post è ancora in attesa di moderazione - non si è fatto attendere ed è stato il seguente:
La ringrazio per il “magistralmente banale”. Detto da lei è certamente un complimento.
No, non mi stupisco che le Sentinelle esistano, perché il mondo è pieno
di persone, ciascuna con una visione differente. Semmai mi sono chiesto a
che cosa servano, in un mondo che ha seri problemi di socializzazione e
che manca sempre di più d’umanità, ad esempio.
Malafede ? Ah sì ? Mi accusa di malafede ? Uhm…interessante.
Assai triste la sua visione di matrimonio, che, fortunatamente, non è
quella delle persone che – pur in un mondo assai triste, violento e
gretto – si amano. E magari decidono anche (per quanto purtroppo sia
raro), di amarsi per tutta la vita. E decidono, liberamente, di
sposarsi.
Uno Stato fatto di persone che amano non si pone nemmeno la questione
del welfare o meno: il welfare è semplicemente PANE QUOTIDIANO.
Perché chi ha fame è giusto che sia sfamato.
Ma, purtroppo, viviamo in uno Stato che delle persone non ha alcuna cura. Salvo curarsi di tartassarle.
Io non la odio affatto, al massimo dissento con lei e un po’ mi
intristisce pensare che c’è chi esclude l’affettività e l’amore dal
dibattito pubblico/politico/sociale.
Se la visione delle Sentinelle è rappresentata da questo suo articolo mi appare assai fredda, una volta di più.
Cordialità.
Luca Bagatin Il secondo articolo invece è mio ed è stato pubblicato dal quotidiano nazionale per il quale collaboro, ovvero L'Opinione delle Libertà, diretto da Arturo Diaconale. Nella Roma della Grande Schifezza, della decadenza dei costumi, della perdita di ogni memoria relativa alla grande Repubblica Romana di mazziniana e garibaldina memoria, ecco una nuova ricerca della luce, ovvero un nuovo discrimine: la Roma degli onesti da una parte, ovvero quella dei radicali storici (non pannellian-mediatici, infatti !) Mario Pannunzio ed Ernesto Rossi e del Partito dell'Amore di Moana Pozzi e dall'altra parte quella dei politicanti corrotti, degli affaristi, dei cooperativisti per modo di dire, senza umanità né dignità:
La Roma degli onesti e quella dei corrottidi Luca Bagatin 21 dicembre 2014POLITICA C'è chi, ancora oggi, si stupisce della corruzione presente
nella Capitale, delle infiltrazioni mafiose, della commistione
malavitosa fra vip, imprenditori e politici di destra e sinistra. C'è
chi, purtuttavia, in tempi non sospetti, quel malaffare lo denunciava
già.
Parliamo degli “Amici de Il Mondo”, ovvero dei radicali di Mario
Pannunzio – Ernesto Rossi in primis - che, sin dagli Anni '60,
denunciavano la speculazione edilizia e la commistione fra politica,
criminalità ed imprenditoria. La stessa cosa fece Moana Pozzi alla guida
del Partito dell'Amore – unico partito totalmente autofinanziato -
allorquando nel 1993 si candidò a Sindaco di Roma. Ancora oggi, su
youtube, su Radio Radicale e sul sito www.partitodellamore.it è
possibile ritrovare i filmati ed i documenti relativi alle conferenze
stampa di quel periodo (una fra queste moderata dal direttore de
L'Opinione Arturo Diaconale), ove Moana denunciava e proponeva una
sistematica lotta al malaffare, alla corruzione politica ed alla
criminalità organizzata infiltrata nella città, oltre che proponeva un
progetto per rilanciare le attività culturali romane; proponeva – già
vent'anni fa – di chiudere al traffico il centro storico ed iniziative
su come rilanciare l'occupazione giovanile e risolvere il problema dei
parcheggi.
Moana la pragmatica, ma anche l'inascoltata che, all'epoca, prese
solamente lo 0,52% dei consensi e che morì l'anno successivo, pur
indimenticata dalle persone che l'hanno seguita ed amata. Il Partito
dell'Amore - che non smetteremo mai di dire che non era il partito delle
pornostar, bensì il partito delle persone comuni, al punto che l'unica
persona popolare in lista era Moana, mentre tutti gli altri candidati
erano persone provenienti dalla cosiddetta società civile, fra cui
un'insegnante di lettere ed un postino – fu la prima lista civica
italiana. Una lista civica che, non avendo rendite di posizione né posti
di potere da garantire e/o da auto-garantirsi, andava al cuore dei
problemi.
E candidava Moana – simbolo-icona del Partito stesso - che,
abbandonata definitivamente la carriera di pornodiva, pur senza
rinnegarla, accettava di entrare seriamente in politica, con
determinazione e lanciando lo slogan “Governare con più Amore”, ovvero
stare più vicino ai problemi della gente comune, come lei stessa
ricordava in una video-intervista dell'epoca. La Roma di Moana e del
Partito dell'Amore, così come quella degli intellettuali del settimanale
“Il Mondo” e del primo Partito Radicale guidato da Mario Pannunzio ed
Ernesto Rossi, sarebbe stata certamente molto diversa.
Per uscire dal pantano occorre ripartire da lì. http://www.opinione.it/politica/2014/12/21/bagatin_politica-21-12.aspx
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16 dicembre 2014
L'inutilità clericale delle "Sentinelle in piedi" e la società dei consumi
Francamente non comprendo le cosiddette
“battaglie” delle cosiddette “Sentinelle in piedi”.
Non comprendo perché ce l'abbiano con
le coppie omosessuali che desiderano – legittimamente – veder
riconosciuto il loro amore di fronte alla legge. Non comprendo la
loro idea di “famiglia naturale”, quasi che esistessero forme di
“famiglia innaturale”. Al massimo esistono famiglie snaturate,
come quelle che maltrattano i propri figli (talvolta li uccidono
anche...sic !), oppure sono fondate sul mero interesse economico. Ma
su questo, a quanto pare, le “Sentinelle” rimangono sedute e
silenti.
Non comprendo, poi, perché ad una
coppia o ad un singolo individuo – indipendentemente dal sesso,
perché il sesso non dovrebbe essere superiore ai sentimenti,
all'amore, anche per un ipotetico figlio – dovrebbe essere negata
l'adozione di un figlio.
Non comprendo nemmeno che cosa
interessi a queste “Sentinelle in piedi” se una persona – preda
di indicibili sofferenze fisiche e/o morali - decide di farsi
praticare l'eutanasia, oppure decide di farsi praticare il suidicio
assistito, come dignitosamente avviene nella civilissima Svizzera.
Tutte cose, precisiamo – come per quanto concerne il matrimonio
omosessuale e l'adozione a single o a omosessuali – peraltro non
possibili in un Paese illiberale ed incivile come l'Italia !
Illiberale ed incivile perché lede la
libertà di coscienza individuale del singolo.
Per cui, francamente, non comprendiamo
queste “Sentinelle”, così come, parimenti, non comprendiamo i
loro aggressori.
Tutti hanno il diritto di manifestare,
anche la cosa più sciocca possibile ! Anzi, se la manifestazione è
ritenuta sciocca, tanto vale ignorarla allora !
E' davvero triste pensare a quanto sia
mutato il costume italiano al punto che le battaglie civili e
libertarie dei nostri Anni '60 e '70 siano scomparse per lasciare
spazio a ideologie clericali da una parte – quelle delle
“Sentinelle” appunto - e ad ideologie commercial-consumistiche
dall'altra.
In questo bailamme assistiamo a coppie
che si sposano presto e presto divorziano (il famoso consumismo
usa-e-getta dei prodotti viene quindi applicato anche alle persone ed ai sentimenti).
Magari nel frattempo hanno anche figliato e quindi i loro bambini si
trovano nella triste condizione di vedersi sballottare da un genitore
all'altro !
Di questo, però, nessuno parla.
Nessuno mette bocca, nessuno dice: ma prima di formarvi una famiglia
sarete in grado di amarvi e onorarvi per tutta la vita, oppure lo
fate solo per colmare la vostra vanagloria di persone insoddisfatte e
bisognose di far credere a voi stesse che, con un matrimonio e
figliando, le cose andranno meglio?
Il nocciolo della questione non è
tanto il matrimonio omosessuale o meno, ma la capacità o meno di una
coppia di amarsi nel lungo periodo. Ed è un problema sociologico e
sentimentale, oltre che politico. E' un problema che nasce e
si sviluppa anche e proprio in presenza di un sistema economico
consumistico-pubblicitario, fondato sui cosiddetti “bisogni
indotti” e sull'assenza di relazioni autentiche, siano esse
relazioni sentimentali, amicali, famigliari...che magari vadano oltre
l'utilizzo degli idioti e limitanti “social-network”.
Di questo, ad ogni modo, le cosiddette
“Sentinelle in piedi”, che pur si autoproclamano paladine della
“famiglia naturale composta da un uomo e una donna”, non parlano.
E non ne parlano nemmeno i cosiddetti
“laici”, i cosiddetti “liberali”, i cosiddetti
“socialpappisti all'italiana” venduti al renzismo imperante e dimentichi della spiritualità gandhiana, degli insegnamenti di Mario Pannunzio, di Ernesto Rossi e finanche di Moana Pozzi e di Roberta Tatafiore.
Ne scriviamo noi, per quel che può
servire.
 Luca Bagatin
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6 dicembre 2014
La Roma degli onesti di Mario Pannunzio e Moana Pozzi, contro la Roma corrotta dei politicanti d'oggi e di sempre
 A sinistra: Mario Pannunzio ed Ernesto Rossi A destra: simbolo del Partito dell'Amore, con il volto di Moana Pozzi
C'è chi, ancora oggi, si stupisce
della corruzione presente nella Capitale, delle infiltrazioni
mafiose, della commistione malavitosa fra vip, imprenditori e politici di destra e
sinistra.
C'è chi, purtuttavia, in tempi non
sospetti, quel malaffare lo denunciava già. Parliamo degli “Amici
de Il Mondo”, ovvero dei radicali di Mario Pannunzio – Ernesto
Rossi in primis - che, sin dagli Anni '60, denunciavano la
speculazione edilizia e la commistione fra politica, criminalità ed
imprenditoria.
La stessa cosa fece Moana Pozzi alla
guida del Partito dell'Amore – unico partito totalmente
autofinanziato - allorquando nel 1993 si candidò a Sindaco di Roma.
Ancora oggi, su youtube, su Radio Radicale e sul sito
www.partitodellamore.it
è possibile ritrovare i filmati ed i documenti relativi alle
conferenze stampa di quel periodo (una fra queste moderata dal
direttore de L'Opinione Arturo Diaconale), ove Moana denunciava e
proponeva una sistematica lotta al malaffare, alla corruzione
politica ed alla criminalità organizzata infiltrata nella città,
oltre che proponeva un progetto per rilanciare le attività culturali
romane; proponeva – già vent'anni fa – di chiudere al traffico
il centro storico ed iniziative su come rilanciare l'occupazione
giovanile e risolvere il problema dei parcheggi.
Moana la pragmatica, ma anche
l'inascoltata che, all'epoca, prese solamente lo 0,52% dei consensi e
che morì l'anno successivo, pur indimenticata dalle persone che
l'hanno seguita ed amata.
Il Partito dell'Amore - che non
smetteremo mai di dire che non era il partito delle pornostar, bensì
il partito delle persone comuni, al punto che l'unica persona
popolare in lista era Moana, mentre tutti gli altri candidati erano
persone provenienti dalla cosiddetta società civile, fra cui
un'insegnante di lettere ed un postino – fu la prima lista civica
italiana. Una lista civica che, non avendo rendite di posizione né
posti di potere da garantire e/o da auto-garantirsi, andava al cuore
dei problemi.
E candidava Moana – simbolo-icona del
Partito stesso - che, abbandonata definitivamente la carriera di
pornodiva, pur senza rinnegarla, accettava di entrare seriamente in
politica, con determinazione e lanciando lo slogan “Governare con
più Amore”, ovvero stare più vicino ai problemi della gente
comune, come lei stessa ricordava in una video-intervista dell'epoca.
La Roma di Moana e del Partito
dell'Amore, così come quella degli intellettuali del settimanale “Il
Mondo” e del primo Partito Radicale guidato da Mario Pannunzio ed
Ernesto Rossi, sarebbe stata certamente molto diversa.
Per uscire dal
pantano occorre ripartire da lì.
 Luca Bagatin (nella foto con Debdeashakti, alla presentazione romana del saggio "Ritratti di Donna", dedicato anche alla memoria di Moana Pozzi)
Quando, con Ilona Staller, denunciai gli inciuci partitocratici a Roma, poco prima dell'elezione di Marino:
ROMA CAPITALE (fonte "Le Città")
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Martedì, 14 Maggio 2013 15:30
«Dobbiamo impedire a Marino ed Alemanno - ovvero i riferimenti romani
dell'inciucio nazionale - di vincere queste elezioni comunali -
dichiarano lo scrittore e giornalista Luca Bagatin e l'ex parlamentare
Ilona Staller, candidati indipendenti del Partito Liberale Italiano alle
elezioni comunali di Roma del 26 e 27 maggio -. E vogliamo farlo come
candidati indipendenti nel Partito Liberale Italiano. Marino e Alemanno
rappresentano - rispettivamente - quel Pd e quel PdL che, da almeno
vent'anni, si spartiscono il potere in Italia. Nella fattispecie
rappresentano l'alleanza fra sinistra e destra che oggi governano
il Paese senza essere stati democraticamente eletti da nessuno, bensì
nominati da una legge elettorale per nulla democratica, come quelle
vigenti negli ultimi vent'anni. All'antipolitica dell'inciucio
destra-sinistra, contrapponiamo le politiche in favore di disabili,
degli anziani, dei bambini, degli omosessuali, delle prostitute, delle
donne sole, dei senzatetto e degli animali. All'antipolitica
dell'inciucio, contrapponiamo gli ultimi, i più bisognosi, che
necessitano di strutture socialmente utili, parchi, asili nido sempre
più insufficienti, reddito di cittadinanza, trasporti efficienti e meno
costosi. Tutte cose che potrebbero essere attuate abbattendo del 50% gli
stipendi di Sindaco, Assessori, consulenti e funzionari pubblici. Oltre a ciò occorre introdurre una vera trasparenza nella politica Capitolina,introducendo l'Anagrafe pubblica degli eletti. Il nostro modello ideale e politico è la rigorosa e onesta Amministrazione romana di Ernesto Nathan, indimenticato Sindaco di Roma di fine Ottocento di ispirazione Repubblicana, Liberalsocialista e Radicale ».
Quando, subito dopo la vittoria di Ignazio Marino alle elezioni amministrative di Roma, denunciai la vittoria dell'inciucio partitocratico:
ROMA CAPITALE (fonte "Le Città)
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Martedì, 28 Maggio 2013 09:01
"Ha vinto l'inciucio partitocratico e il risultato elettorale del PLI
alle elezioni comunali di Roma è stato purtroppo al di sotto delle
nostre aspettative - commenta Luca Bagatin, presidente-ideatore di
"Amore e Libertà", già candidato indipendente del Partito Liberale
Italiano alle elezioni comunali di Roma -.Molto probabilmente, se Ilona
Staller fosse stata candidata a Sindaco - come personalmente avevo
proposto - le cose sarebbero andate diversamente e forse gran parte
delle persone che si sono astenute avrebbe votato per noi, che avevamo
un progetto di alternativa antipartitocratica al duopolio Pd-PdL. Oggi,
ad ogni modo, occorre ripensare ad un nuovo modo di fare politica.
Alternativo, dinamico, al di fuori dai "partiti", che oramai hanno fatto
il loro tempo. Un progetto al di fuori delle ideologie stantìe del Novecento. Infondo, si può essere liberali anche e meglio, senza avere un partito alle spalle. E'
per questo che ho deciso di proporre un movimento politico e culturale
chiamato "Amore e Libertà", che ha per simbolo-icona Anita Garibaldi,
moglie del primo Repubblicano e Socialista senza tessera di partito
della Storia. Un
movimento che vuole rilanciare le tematiche con cui mi sono battuto,
anche con Ilona Staller, in questa campagna elettorale: istituzione dei
Parchi dell'Amore, legalizzazione della prostituzione,
antiproibizionismo sulle droghe, diritti dei disabili, degli anziani e
delle donne, legalizzazione dell'eutanasia e del suicidio assistito,
abolizione degli enti inutili quali Province e comunità montane,
introduzione nelle scuole dell'ora di educazione sessuale e dell'ora di
Storia delle religioni, in luogo dell'ora di religione. "Amore e Libertà" vuole essere un progetto/pensatoio aperto, non ideologico ed alternativo ai partiti. Per
informazioni ed adesioni è possibile contattarci direttamente al sito
www.lucabagatin.ilcannocchiale.it oppure al sito
www.amoreeliberta.blogspot.it, ove scaricare anche il Manifesto
d'intenti".
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24 marzo 2014
Cari liberali, o abbracciate la linea extraparlamentare oppure siete destinati all'oblìo. "Amore e Libertà" ve ne offrirebbe la possibilità...
VERSUS  Non conoscevo questo Guy Verhofstadt,
così come non conoscevo questo Tsipras di cui pur i media si
occupano, in vista dello spettacolo pornocratico delle elezioni
europee previste per fine maggio.
Uno spettacolo pornocratico, dicevamo,
utile unicamente a spartire le poltrone di un Parlamento europeo
senza alcun potere se non quello di determinare la...lunghezza delle
zucchine o giù di lì (se non è pornocrazia questa !).
Uno spettacolo inutile se non fosse che
751 politicanti eletti a Bruxelles si spartiranno altrettanti
stipendi loro lautamente pagati dai contribuenti europei ai quali,
della lunghezza zucchine e del resto, francamente, interessa poco o
nulla.
Ma torniamo a Guy Verhofstadt che, un
po' come Tsipras per i comunisti italiani, sta diventando un'icona
liberaldemocratica da utilizzare a mo' di feticcio di un'accozzaglia
partitocratica utile solo a raccattare qualche voto e tentare di
superare la fatidica soglia del 4%. Impresa, lo abbiamo sempre
sostenuto, peraltro, impossibile.
Ora, qui non ci interessa tanto parlare
di Guy Verhofstadt, sicuramente degnissimo politico liberale belga
(che però di partiti italiani temiamo conosca poco o nulla), ma
dell'alleanza-accozzaglia che vogliono mettere in piedi il Centro
Democratico di Tabacci (che nel Parlamento italiano sta con i
cattocomunisti) e quel che resta di Fare per Fermare il Declino di
Michele Boldrin. Un'alleanza-accozzagli che vuole richiamarsi
all'Alde - ovvero all'Alleanza Liberaldemocratica Europea - e dovrebbe
chiamarsi “Scelta Europea con Guy Verhofstadt”.
Apprendiamo che anche ciò che resta
del Partito Nucariano...ehm, del Partito Repubblicano Italiano (ben
diverso dal partito che fu di Ugo La Malfa e Randolfo Pacciardi,
intendiamoci) ha aderito a quest'alleanza e che sarebbero corteggiati
anche il neo-partito di Giannino ALI; quel che resta del PLI del
sempreverde De Luca e forse anche ciò che resta di Scelta Civica
(partito peraltro inutile all'indomani dell'uscita del suo leader
Mario Monti).
Ora, ci si chiede a chi giovi tutto ciò
in casa liberale, ovvero quale programma comune di ispirazione
liberale e magari libertaria possa scaturire da una tale accozzaglia
che vede uniti democristian-cattocomunisti e pseudoliberali in salsa
ammuffita.
Tanto più ci chiediamo a che cosa
serva una lista liberale (ma anche una socialista, popolare o
comunista o grillina o neofascista) in Europa, visto che l'Unione
Europea è di fatto governata dalla Banca Centrale Europea e, per
decidere della lunghezza delle zucchine, ripetiamo, non servono
liberali, socialisti o popolari !
Diverso sarebbe se i liberali, quelli
duri e puri però, contaminati da un sano liberlsocialismo e da un
sano repubblicanesimo mazziniano e garibaldino, che conoscono le
battaglie di Ernesto Rossi, Mario Pannunzio, Ernesto Nathan e ancor
prima quelle di Giuseppe Garibaldi e Giuseppe Mazzini per un'Europa
affratellata, ove il Popolo governa sull'economia e sulle ruberie
politico-bancarie, iniziassero una sana battaglia extraparlamentare.
E' ciò che da lungo tempo ho proposto
loro, così come lo propongo a tutti i cittadini pensanti (magari
anche ai dissidenti ex grillini, se non rimanessero sordi all'appello
del loro stesso elettorato) allorquando ideai “Amore e Libertà”
(www.amoreeliberta.altervista.org
– www.amoreeliberta.blogspot.it),
che non è un partito elettoralistico, bensì è un Partito d'azione.
D'azione extraparlamentare in primis, per la Civiltà dell'Amore, per
un'Europa affratellata, per i diritti sociali e politici che possono
essere ottenuti fornendo ai cittadini una sovranità che non è mai
stata fornita loro. Attraverso l'autogestione e la libertà di
scelta: del proprio corpo, delle attività economiche, della
circolazione delle idee (attraverso lo sviluppo del copyleft e
l'abolizione del copyright), dell'autogestione dei capitali
attraverso l'unione fra capitale e lavoro di mazziniana memoria.
Tutto ciò è utipistico, forse. Ma è
utile ed ha senso. Per uscire da una crisi che è prima di tutto
umana. Da una crisi imposta dall'economia per mezzo della politica.
Imposta da una cattiva politica fatta da persone che ritengono sia
più utile il proprio posto assicurato nelle
istituzioni-prostituzioni - pagato dal cittadino-contribuente -
rispetto all'interesse del cittadino.
Temiamo di rimanere, purtuttavia, una
volta di più inascoltati dai partiti tradizionali. Ma, ad ogni modo,
ci auguriamo di non esserlo dalla gran parte degli elettori (o, meglio, degli ex elettori) che, a
maggio, si rifiuteranno di partecipare allo spettacolo pornocratico
delle elezioni europee. E preferiranno dare una chances all'amore ed
alla libertà di crescere in un'Europa e in un mondo senza violenze e soprusi
politico-economico-sociali.
 Luca Bagatin
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19 ottobre 2013
Sergio Stanzani, l'ultimo dei profeti disarmati
 E' scomparso, pochi giorni fa, a 90 anni, Sergio Stanzani, uno dei fondatori del primo (quello di Mario Pannunzio, al quale siamo legati da profonda comunione ideale) e del secondo Partito Radicale (quello pannelliano, del quale riconosciamo il grande valore politico, ma solo sino al 1999). Conobbi Stanzani personalmente nel 2007, ad un Congresso Radicale a Padova, al quale ero presente come corrispondente del quotidiano L'Opinione. Non potevo dire che sprizzasse simpatia da tutti i pori, ma, chiacchierando con lui, scorsi profonda lucidità e lungimiranza politica. Inoltre non potevo dimenticare quando, nel 1995, assieme ad altri dirigenti radicali, presso il Teatro Flaiano di Roma, Stanzani avesse esposto il suo corpo, completamente nudo, per denunciare il silenzio dei media relativamente ai referendum radicali di allora. Nudità è verita - come ricordano oggi le nuove eroine di Femen - e questo antico militante liberale duro e puro era lì, allora, a settant'anni, a dimostrarcelo. E' anche per questo che lo citai in un articolo del 20 dicembre 2008 (a proposito del saggio "I profeti disarmati" scritto dalla professoressa Mirella Serri), che desidero qui di seguito ripubblicare. Perché la cultura e la storia dei liberali duri e puri, ovvero dei libertari "profeti disarmati" e dei "pazzi melanconici" non sia dimenticata.
L.B.
"I profeti disarmati": l'ultimo saggio di Mirella Serri di Luca Bagatin
 Antifascisti contro “antifascisti”. Liberali e democratici contro fascisti rossi o comunisti. Profeti disarmati contro i “redenti”, ovvero i convertiti al sistema parlamentare democratico manovrati da Josef Stalin. Questa
la cosiddetta “guerra delle due sinistre” che la professoressa Mirella
Serri ci racconta nel suo “I profeti disarmati” (edizioni “Il
Corbaccio”). Guerra culturale e politica “combattuta” - per così dire
– fra il 1945 ed il 1948: da una parte il fronte liberale e democratico
di Mario Pannunzio (ma anche di Gaetano Salvemini, Benedetto Croce,
Ernesto Rossi, Luigi Einaudi) e del suo “Risorgimento Liberale”;
dall'altra il fronte social-stalinian-comunista di Palmiro Togliatti e
della sua “L'Unità”. Una guerra senza esclusione di colpi che
purtroppo ebbe i suoi morti in casa democratica e liberale sin dai
tempi della Guerra di Spagna: squadracce comuniste agli ordini di Stalin
spedite a massacrare anarchici e repubblicani; squadracce comuniste nel
primo dopoguerra in spedizione punitiva contro esponenti liberali,
democristiani, qualunquisti, socialisti e rispettive sedi. Interi Comuni
in mano al Partito Comunista (Caulonia fra questi, che venne chiamata
"Repubblica Rossa") in preda all'espropriazione ed alle violenze contro
chiunque non la pensasse come i “rossi” con falce e martello. Violenze
di cui è piena la nostra Storia, passati sotto silenzio e denunciati
solamente dal piccolo quotidiano liberale di Mario Pannunzio testé
citato. Eventi minimizzati da “L'Unità” di allora, che chiamava i liberali con gli appellativi: “fascisti” e “uomini senza qualità”. Mentre
invece proprio quei liberali, fascisti non lo furono mai. Chi fu
fascista furono invece numerosissimi esponenti del PCI di allora ed i
nomi sono tutti riportati nel saggio di Mirella Serri con tanto di
accurata documentazione. Così come la professoressa Serri documenta
il “caso Audisio”, ovvero il caso del famoso comandante partigiano
comunista Walter Audisio e dei benefici che egli ottiene dal fascismo. Un
libro che restituisce dignità al liberalismo italiano ed alla sua
stampa di cui Mario Pannunzio fu interprete prima con “Risorgimento
Liberale” e poi, nel 1949, con “Il Mondo”. Ed egli fu anche espressione
del “nuovo liberalismo”. Proveniente dalla file del Partito Liberale
Italiano, Pannunzio, ne esaltava le caratteristiche progressiste, in
contrasto con i privilegi e gli interessi costituiti dell'alta finanza e
dell'alta borghesia. Al punto che lo stesso Pannunzio coniò questa
definizione: “Essere liberali significa essere socialisti in modo assai
più avveduto e attuale di quel che credono gli epigoni di Marx”. Ciò
peraltro mi ricorda la definizione che mi diede Sergio Stanzani, già
deputato Radicale e fra i fondatori del primo Partito Radicale, nel
1955, con Ernesto Rossi e Pannunzio stesso, quanto lo intervistai
nell'ambito del VI Congresso di Radicali Italiani l'anno scorso a
Padova, quando mi disse che i liberali sono gli unici socialisti
possibili proprio in quanto le libertà sono alla base della società e
dei suoi bisogni. “Guerra delle due sinistre”, così la definizione di Mirella Serri. Meglio
forse sarebbe definirla “guerra fra liberali e conservatori”. Ovvero
fra i sostenitori dello Stato laico e garante delle libertà individuali,
civili ed economiche ed i sostenitori dello Stato etico, comunista,
fascista o clericale che sia e che fosse. Sarebbe ora di ricordare
che quel Palmiro Togliatti presente purtroppo ancora nella toponomastica
della nostra povera Italia, fu amico del dittatore Stalin e seguì
sempre le sue direttive; votò in favore dell'articolo 7 della
Costituzione assieme alla DC per l'inserimento dei fascisti Patti
Lateranensi che sancirono la religione cattolica come la religione di
Stato e fu fiero oppositore di tutti i laici, liberali e democratici
presenti nella cultura e nell'arco parlamentare italiano. La
professoressa Mirella Serri ce lo ricorda egregiamente con questo
illuminante saggio con tanto di foto in copertina di Luigi Einaudi,
Ernesto Rossi, Mario Pannunzio e Gaetano Salvemini: i profeti disarmati
le cui idee hanno trionfato in tutte le democrazie occidentali, salvo
nella nostra. Purtroppo.
Sergio Stanzani, a sinistra, fra i militanti della Lista Pannella il 21 novembre 1995, nudo, al Teatro Flaiano di Roma alla manifestazione di denuncia contro il silenzio dei media relativamente ai referendum radicali (foto di Stefano Montesi)
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21 febbraio 2013
Elezioni del 24 e 25 febbraio 2013: l'appello all'EX VOTO di www.lucabagatin.ilcannocchiale.it (sposando così l'appello del Partito dell'Amore)
Mancano pochi giorni, ore, minuti, all'esercizio mediatico e mediocre di massa: il voto elettorale. Un
esercizio a
proposito del quale, il celebre scrittore ed umorista ottocentesco Mark
Twain, affermava: "Se le elezioni cambiassero qualcosa non ce le
lascerebbero fare". Ecco, beh, diciamo che noi alle elezioni, in tempi non sospetti, credevamo. Credevamo e
militavamo e, per molti versi, militiamo anche oggi. Ma non ci stracciamo più le vesti per nessuno. La vicenda che ha visto coinvolto Oscar Giannino è triste, ma lo è ancor più a causa del "fuoco amico
tafazziano" presente in FARE per Fermare il Declino. A proposito di
questo, proprio ieri, scrivemmo un'email indirizzata alla Segreteria
nazionale del movimento stesso, ad Oscar Giannino ed alla Segreteria di
FARE del
Friuli. Riportiamo, qui di seguito, il testo:
Buongiorno a tutti,
relativamente alla decisione presa dal
candidato Premier di FARE, Oscar Giannino, mi sento di esprimere,
brevemente, quanto segue. La vicenda è spiacevole, in sé, ma non
tanto per quel "master" che è sfuggito a Giannino nell'intervista che
ben tutti conosciamo ed abbiamo ascoltato. Quanto per l'uscita del prof.
Zingales, il quale, a pochi giorni dal voto, poteva risparmiarsela,
onde evitare di danneggiare non tanto o solo Giannino, quanto piuttosto
l'intero movimento FARE ed i suoi militanti. Questa storia del
"master", in sé, diciamocela, non è poi così grave. Possiamo intenderla
come una parola sfuggita a Giannino ? Oppure come un lapsus ? Oppure
come una innocente menzogna ? Ci sta tutto, ma, per favore, non
prendiamola così sul serio perché ciò significa e significherebbe
vanificare il lavoro svolto da luglio ad
oggi, oltre che dai fondatori del movimento, anche dei militanti di
FARE sparsi per l'Italia. Ora, posso esprimere solo la mia opinione
personale, in qualità di collaboratore di testate giornalistiche,
osservatore, studioso, scrittore, blogger e simpatizzante di FARE (oltre
che militante per qualche giorno): se Oscar Giannino rinuncerà al suo
seggio, non ha alcun senso votare. E non ha senso andare a votare,
perché significherebbe dare ragione ai Tafazzi che, a pochi giorni dal
voto, hanno danneggiato FARE. E significherebbe peraltro e pergiunta
avvalorare questo sistema corrotto e partitocratico. In questo senso: O GIANNINO IN PARLAMENTO O NIENTE. Con viva cordialità,
Luca Bagatin www.lucabagatin.ilcannocchiale.it
Per completezza, riportiamo anche la pur laconica risposta:
Salve,
grazie per il sostegno morale.
Se voi elettori ce ne darete la possibilità faremo del nostro meglio per portare a buon fine Il nostro programma.
Le auguro buona giornata. Team Fermare il declino Ora, al di là delle cose che dice o millanta dadaisticamente Oscar Giannino, la mia personale stima nei suoi confronti non viene né verrà meno. In
un mondo ed in un'Italia marcia - anche nel privato di ciascuno, oltre
che nel pubblico (aspetto che non va affatto sottovalutato, tutt'altro) -
e dunque in una politica che segue il suo putrido corso, queste facezie
gianniniane, fanno quantomeno sorridere. Oscar Giannino è e rimane
persona competente in campo economico e sociale, anche da autodidatta
(in effetti personalmente non avevo mai sentito di titoli a lui
attribuiti o auto-attribuiti). Autodidatta come chi scrive, peraltro,
aspetto rivendicato con orgoglio in un Paese ove tutti
hanno la laurea ma nessuno conosce né la Storia, né la
politica e/o altri aspetti dello scibile umano. Detto ciò, è notizia di ieri, Giannino ha dichiarato che, se eletto, rinuncierà al seggio parlamentare. Ha fatto bene ? Ha fatto male ? Non sta a me dirlo e/o giudicare tale decisione. La
decisione di questo blog è, di conseguenza, EX VOTO, in accordo -
peraltro - con l'invito del Partito dell'Amore, guidato dall'amico
Mauro Biuzzi, che intervistammo solo quache giorno fa. EX VOTO,
ovvero obiezione di coscienza al voto, in quanto, se proprio dovevamo
votare, lo avremmo fatto per mandare Oscar Giannino - e non altri,
magari cravattoni - in Parlamento. Di cravattoni non abbiamo bisogno. Di
lucidi folli di cultura pannunziana e pazzi melanconici - per citare
Gaetano Salvemini - sì, invece.
EX VOTO dunque perché:
Ci
rifiutamo di avvalorare questo sistema partitocratico ed
autoreferenziale, delle leggi elettorali incostitizuonali, con
sbarramenti, con liste elettorali bloccate.
Ci rifiutiamo
di avvalorare una politica-spettacolo mediatica e mediocre, che ha
fatto strage dei valori repubblicani e
risorgimentali sui quali fu fondata la Repubblica Romana del 1849 (e
non già la Repubblica Partitocratica e Cattocomunista del 1948, nella
quale non ci riconosciamo).
Ci rifiutiamo di prendere parte
all'indecoroso spettacolo eversivo che danno, da oltre un anno,
Berlusconi-Bersani-Monti, con l'avallo dei media, tutti pronti a dare la
parola a loro e solo a loro, in primis.
Ci rifiutiamo di dare
l'avallo a chi ha mal governato l'Italia negli ultimi vent'anni, dando
vita al Partito Unico Pd-PdL, oggi con il concorso montian-casinista. Auspichiamo una Repubblica fondata su valori di Democrazia Laica, Libertarismo,
Liberalsocialismo, Liberalismo, Amore Universale e senza distinzioni.
Auspichiamo
un sistema elettorale coerente, con il ritorno delle preferenze: o
maggioritario purissimo, ove il primo partito governa, senza
compromessi, oppure proporzionale purissimo, senza sbarramenti.
Auspichiamo l'elezione diretta del Presidente della Repubblica, con funzioni di governo ed al di fuori del sistema dei partiti.
Auspichiamo
la liberazione del mercato del lavoro (senza oppressioni
stataliste-classiste-bancarie), che è diretta emanazione delle lotte di
liberazione sessuale e sociale degli Anni '60 e '70, delle Generazioni
Beatnik, Hippie e Cyberpunk, pur nelle loro diversità e peculiarità.
Auspichiamo
la liberazione civile del nostro Paese: una legge per legalizzare
droghe e non droghe; introduca il matrimonio omosessuale; introduca il
diritto all'eutanasia ed al suicidio assistito, in pieno accordo con il
rispetto della volontà della singola persona
umana.
Auspichiamo tutto ciò e, forse, molto altro. In tutto
ciò, chi scrive, ha proposto la sua candidatura come consigliere
comunale al Partito Liberale Italiano, come indipendente, per le
elezioni amministrative di Roma del 26 e 27 maggio. Con quattro punti
concreti e senza fronzoli: recupero del verde pubblico; riduzione della
spesa pubblica improduttiva; costituzione dei Parchi dell'Amore; lotta
alla corruzione ad ogni livello. Crediamo ancora nel valore civico,
in particolare in aree metropolitane come quella di Roma, ove peraltro fu costituita la già citata Repubblica Romana, il 9
febbraio 1849. Non crediamo più nei partiti - in particolare quelli
storici riteniamo debbano diventare delle Fondazioni culturali - ma a
livello locale, piccole realtà ideali, possono ancora emergere dalla
cloaca dell'indistinzione mediatica.
Detto ciò, buon EX VOTO a tutti.
 Luca Bagatin
Tratto da www.partitodellamore.it/attivita/index.html#interviste
- 21 febbraio
- s. Eleonora
La nostra campagna dell'Ex Voto.
Il blogger Luca Bagatin,
dopo l’incidente di percorso di Oscar Giannino che lo
priva di un riferimento parlamentare, ha deciso di sostenere
la ns campagna Ex Voto da un punto di vista certamente
repubblicano e che, come tale, non possiamo che apprezzare.
Ha addirittura pubblicato il ns quadro programmatico
qui a sinistra.
Anche lui festeggia con Moana, con il PdA
e con gli italiani che non vogliono più dare a nessuno
la propria delega in bianco, una scommessa che abbiamo già
vinto!
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28 gennaio 2012
Marco Pannella. Biografia di un irregolare
Sarà anche sin troppo elogiativa, ma, la biografia di Marco Pannella
scritta dal giornalista Valter Vecellio,
"Marco Pannella. Biografia di un irregolare", edito dalla Rubbettino, è
indubbiamente il primo ed unico documento che racconta per filo e per
segno chi è e chi fu il leader radicale. Potrebbe apparire strano che
una biografia sia scritta prima della dipartita dell'attore principale,
ma ciò non fa che renderla contemporanea, attuale. Come attuali sono le battaglie che conduce il Partito Radicale o
come cavolo si chiama di volta in volta (Lista Pannella, Lista Bonino, Rosa nel Pugno...). Il
Partito Radicale di Pannella, come ci racconta lo stesso Vecellio, può
dirsi continuatore, per molti versi, di quel Partito Radicale dei
Liberali e dei Democratici che fu messo in piedi gli intellettuali laici
che, negli anni '50, si raccolsero attorno al
settimanale liberale "Il Mondo": Mario Pannunzio, Ernesto Rossi,
Gaetano Salvemini, Niccolò Carandini, Leopoldo Piccardi, Ugo La Malfa e
molti altri. Il "primo" Partito Radicale, era forse un po' più
"austero", ma aveva gli stessi caratteri di lotta ai privilegi ed alle
corporazioni del partito radicale pannelliano. L'avventura degli
Amici del Mondo si concluderà presto e quei radicali finiranno chi nel
Partito Repubblicano (la maggioranza), chi nel Partito Socialista, chi
fonderà il Partito Radicale che erediterà Pannella. La biografia di
Vecellio parte dalle origini del Nostro: abruzzese di Teramo nato il 2
maggio 1930, battezzato Giacinto in ricordo dello zio ma chiamato dalla
madre, Andrea Estechon, di famiglia svizzera francese, Marco. Sarà
dunque la madre ad iscrivere il figlio in una delle tre scuole
Montessori d'Italia, prima che siano bandite dal fascismo, assieme alla
sua fondatrice. Nel 1938, il bambino Pannella, seguirà
corsi di scherma e violino, sotto l'insegnamento del professor
Righetti, antifascista e repubblicano, e sarà proprio da lui che
inizierà a respirare la prima aria liberaldemocratica. Pannella, di
quegli anni, come racconta a Vecellio, ricorda ancora la sua prima
fidanzatina, Adria, che un giorno però non incontrò più e scoprì in
seguito che se ne era dovuta andare con la famiglia perché ebrea: erano
gli anni delle leggi razziali e quell'episodio fu decisivo per Pannella e
per le battaglie per i diritti umani che intraprenderà negli anni a
venire. Un altro episodio segnerà la sua futura connotazione
politica, ovvero quando fu ospite di una coppia, nell'alta Savoia, ove
era stato spedito dalla famiglia per studiare. La coppia era così mal
assortita che litigava tutte le sere e fu allora che iniziò a sentir
parlare di divorzio e poi persino di obiezione di coscienza perché, in
quegli anni, il figlio della coppia era partiti militare e
temava lo scoppio della Guerra. E' così che, durante la Seconda
Guerra Mondiale, il giovane Marco inizia a leggere "Risorgimento
Liberale", il foglio clandestino antifascista del Partito Liberale
Italiano, fondato e diretto da Mario Pannunzio.
Marco Pannella si sente dunque un liberale, in particolare ricordando
che l'Unità d'Italia l'hanno fatta i liberali, mentre l'altro punto di
riferimento dell'epoca, ovvero il comunismo, non lo attira a causa della
dittatura bolscevica. Il giovane Pannella matura anche l'idea di
andare a parlare con il filosofo Benedetto Croce, per convincerlo ad
appoggiare la marcia per Trieste italiana e liberale e ci riesce. A
Napoli, a casa di Croce, scopre persino di essere legato a lui da
lontana parentela. Da allora, Pannella, inizierà la militanza nel
PLI, ovvero nella Giovane Sinistra Liberale e nell'Unione Goliardica
Italiana, che allora raccoglieva laici, liberali, socialisti e
repubblicani nelle Università. Sono gli anni '50 e di qui
all'incontro con gli Amici del Mondo e dunque alla fondazione del
Partito Radicale dei Liberali e dei Democratici (che comprenderà
liberali di sinistra ed ex del Partito d'Azione), il passo è breve. Non manca, nella biografia di Vecellio su Pannella, un capitolo dedicato agli amori del Nostro. Pannella
ne ha avuti molti, vista anche la sua prestanza fisica ed i suoi occhi
azzurri. Affascina, con il suo sguardo, persino Paola Fallaci, sorella
di Oriana, la giornalista Natalia Aspesi e Sabina Ciuffini, allora
valletta di Mike Bongiorno. Ma l'amore della sua vita è e rimane Mirella
Parachini, di ventisei anni più giovane di lui, con la quale ha vissuto
sempre un rapporto franco ed aperto. E poi, ma chi l'avrebbe mai
detto che Marco Pannella, abituato agli scioperi della fame, fosse in
realtà un abile cuoco ? Fra i radicali sono ancora molti, come documenta
Vecellio, che ricordano i suoi conditissimi ed abbondanti piatti di
spaghetti. Cucinati anche
quando lui faceva i digiuni. Digiuni di dialogo, a sentire Pannella.
Mai ricattatori. Digiuni che hanno origine con i famosi Sathyagraha di
Gandhi, per lottare in maniera nonviolenta contro gli inglesi
oppressori. Il primo digiuno Pannella lo portò avanti a Parigi, negli
anni '60, quando era corrispondente del quotidiano "Il Giorno", per la
libertà dell'Algeria. In Francia diverrà così popolare che persino il
celebre scrittore e drammaturno Eugnène Ionesco ne diverrà amico e si
iscriverà al Partito Radicale. Saranno, del resto, moltissimi gli
intellettuali che daranno fiducia a Pannella ed al PR: Leonardo
Sciascia, Elio Vittorini, Pier Paolo Pasolini, Vladimir Bukowskij e numerosi altri.
Sciascia sarà persino eletto deputato radicale in Parlamento ed a lui,
così come ad Enzo Tortora, Pasolini, Pannunzio e Rossi sarà dedicato un
capitolo a parte. Pannella non è dunque solo il paladino dei diritti
civili, del divorzio, dell'aborto, del voto ai diciottenni,
delle primissime lotte per gli omosessuali con il FUORI! e quelle
femministe, ma anche colui il quale, attraverso il determinante
contributo di Luca Coscioni, negli anni 2000, porrà al centro della
politica la libertà di cura per i malati. Malati di sclerosi laterale
amiotrofica come Luca, e non solo. Luca Coscioni, ricordano Pannella e
Vecellio, fu censurato dalla classe politica italiana: a sinistra non
vorranno candidare Liste Luca Coscioni, mentre a destra, non vorranno
parlare di libertà di cura. Però quella battaglia, quelle battaglie,
non sono mai morte, al punto che oggi, in Parlamento, siede la vedova di
Luca: Maria Antonietta Farina Coscioni, una fra le parlamentari più
presenti e produttive. Nelle biografia scritta da Vecellio, di
Pannella c'è molto, molto altro: c'è il rapporto con i socialisti di
Craxi, ma anche quello con i comunisti. L'utopia pannelliana era e
forse sarebbe quella di rinnovare la sinistra, o, meglio, di
democratizzarla. Ci provò persino con Berlusconi, nel '94, quando
sembrava l'erede di quella destra storica, che in realtà è la sinistra
liberale. Ci ha provato con Bersani, tentando di democratizzare il Pd,
anche qui, fallendo. Il Partito Radicale sopravviverà a Pannella, si chiede l'ultimo capitolo della biografia ? Mah, chissà. La
cosa fondamentale e prioritaria è, ad ogni modo, quella di conoscere la
storia, le storie radicali, così vilipese e nascoste dalla vulgata
partitocratica e mediatica. Storie di un'Italia libera e democratica, che, purtroppo, è inconsapevole di sè stessa.
 Luca Bagatin
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17 gennaio 2012
A dodici anni dalla scomparsa di Bettino Craxi...

Sono passati dodici anni dalla
scomparsa del leader socialista Bettino Craxi, morto in esilio, ad
Hammamet. Sì fu un esilio forzato, il suo, a causa di una
giustizia italiana parziale che - unico caso al mondo in un Paese
occidentale - fece sì che sul finire del 1993 scomparissero tutti i
partiti liberali e democratici: la Dc, il Psi, il Pri, il Psdi ed il
Pli. Bettino Craxi, nel suo ultimo discorso alla Camera dei
Deputati del 29 aprile 1993, fu l'unico ad avere il coraggio di
denunciare, in una sede istituzionale, il finanziamento illegale alla
politica ed affermare che tutti i partiti, dal dopoguerra sino al
allora (oggi è anche peggio), si erano finanziati illegalmente,
ovvero avevano preso danari in nero: chi, come il Psi, da privati,
chi, come il Pci, persino dalla dittatura sovietica. Era un
sistema che la stessa magistratura conosceva bene, ma, in tanti anni,
non era mai intervenuta. Lo denunciarono per primi i radicali di
Mario Pannunzio ed Ernesto Rossi, negli anni '60 e, successivamente,
quelli di Marco Pannella. Inascoltati, perché così era
"conveniente" fare. Era un sistema che però ebbe un
unico capro espiatorio: Bettino Craxi. L'unico che si oppose con
forza al compromesso storico Dc-Pci, l'unico che voleva l'alternanza
fra progessisti e conservatori e che pertanto propose, negli anni '90, un'unione fra
socialisti e gli altri laici ed i postcomunisti che allora sembravano
democraticizzarsi, per, al fine, contrapporsi alla Dc ed al
Msi. Bettino Craxi, come il già citato Pannella, era però un
illuso. Si illudeva che quelli, i comunisti, si stessero
democraticizzando per davvero. Ed invece furono proprio costoro che
gli scatenarono contro una giustizia politicizzata che allora non
aveva eguali nel resto d'Europa, ove pure i partiti si finanziavano
sottobanco. Pensiamo ai Kohl, ai Gonzales, ai Mitterrand: tutti ladri
oppure grandi leader democratici ? L'Italia aveva in più il
problema del difendersi dalle infiltrazioni sovietiche, con un
Partito Comunista oltre il 30 %. Come combatterlo in casa socialista
e laica ? Con i finanziamenti privati che, peraltro, Craxi avrebbe
voluto portare alla luce del sole, come negli Stati Uniti
d'America. Ciò, purtroppo, non fu possibile: Craxi fu bollato
come ladro, Andreotti come mafioso, i partiti laici e democratici
saranno liquidati. L'Italia vivrà i suoi anni più terribili dopo
quelli del terrorismo ed al Potere saliranno i postfascisti, i
leghisti ed un nuvo personaggio, Berlusconi che allora sembrava
proporre un'alternativa liberale...per poi inciuciare con quei
postcomunisti che, a parole, diceva di voler combattere. Oggi
l'Italia è l'unico Paese democratico a non avere un Partito
Socialista ed un Partito Liberale. Molto probabilmente non li avrà
nemmeno più, per quanto quegli ideali di laicità dello Stato,
emancipazione sociale e libertà civili, economiche ed individuali,
siano sempre validi ed attuali nel pantheon della sinistra
democratica ed anticomunista. Una sinistra che, purtuttavia, in
Italia è morta per sempre nel 1993. Ad ogni modo e comunque, il
19 gennaio di quest'anno rinascerà, grazie al lavoro della rivista
Critica Sociale, il quotidiano l'"Avanti!", diretto da Rino
Formica e da Stefano Carluccio ed il cui primo numero sarà allegato
al quotidiano "Il Riformista". Sarà un quotidiano
libero, autofinanziato, di tutti i socialisti e che anche un liberale
mazziniano come me sente già come suo e vi collaborerà. Forse
c'è ancora spazio, in questo pur triste Paese, per raccontare alle
nuove generazioni come sono andati i fatti e per ricostruire l'Italia
su basi democratiche. Quell'Italia che Bettino Craxi ha sempre
amato e difeso.
 Luca Bagatin
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1 settembre 2011
Intervista esclusiva allo Storico della Massoneria Aldo Alessandro Mola firmata da Luca Bagatin

Il prof. Aldo A. Mola in un disegno di Franco Bongiovanni
Il prof. Aldo Alessandro Mola, nato a
Cuneo nel 1943, è il maggior storico della Massoneria e del
Risorgimento in Italia. Dal 1980 Medaglia d'Oro di benemerito della
scuola e della cultura, è direttore del Centro Europeo Giovanni
Giolitti, presidente del comitato cuneese dell'Istituto per la
Storia del Risorgimento italiano e della sezione “Urbano Rattazzi”
(Alessandria) del Centro “Mario Pannunzio”.
E' stato fondatore del Centro per la
Storia della Massoneria e, dalla metà degli anni ’70, collabora
con le maggiori Obbedienze massoniche quali il Grande Oriente
d'Italia e la Gran Loggia d'Italia degli ALAM. E' infatti componente
del Comitato di Redazione delle riviste “Hiram” e “Officinae”,
rispettivamente del GOI e della GLDI.
Autore di numerosissimi saggi storici
su Giolitti, Garibaldi, Mazzini, il Partito d'Azione, la Monarchia
italiana, Silvio Pellico, Giosue Carducci e, recentemente, ha
pubblicato un saggio su Licio Gelli e la P2, nonchè – proprio in
questi giorni – stanno andando in libreria i suoi ultimi quattro
volumi: “Italia. Un Paese speciale. Storia del Risorgimento e
dell'Unità” (Edizioni del Capricorno - Torino).
Oggi abbiamo l'amichevole possibilità
di intervistarlo.
  
Luca Bagatin: Prof. Mola, come
nasce il suo interesse per la Massoneria ?
Aldo A. Mola: Nacque
nel periodo del liceo e degli studi universitari.
Negli anni 1965/1967 scrissi i miei
primi libri sul Partito d'Azione (pubblicati con prefazione di
Ferruccio Parri) e sulle figure di Mazzini e Garibaldi e la Storia
dell’Amministrazione provinciale di Cuneo (1971). Nel loro corso mi
imbattei nelle figure di molti massoni e mi resi conto che in Italia
non vi era nessuna pubblicazione che parlasse di storia della
Massoneria. Mi adoperai, dunque, per colmare questa lacuna. Presi
contatti con il Grande Oriente d'Italia; Lino Salvini, Gran Maestro
di allora, e il suo predecessore Giordano Gamberini, letti i lavori
da me già pubblicati, mi aprirono gli archivi, che confrontai con
i fondi dell’Archivio Centrale dello Stato, studiati con la guida
della prof. Paola Carucci, ora Sovrintendente all’Archivio Storico
della Presidenza della Repubblica. Dopo anni di ricerche scrissi la
“Storia della Massoneria italiana”, pubblicata nel novembre 1976,
che poi ebbe due edizioni aggiornate, nel 1992 e nel 1994, e molte
ristampe .
Luca Bagatin: Giordano
Gamberini, già Vescovo della Chiesa Gnostica, fu un Gran Maestro
lungimirante sotto il profilo iniziatico ed esoterico. Che cosa può
dirci di lui ?
Aldo A. Mola: Giordano
Gamberini fu il più lungimirante fra tutti i Gran Maestri del Grande
Oriente d’Italia dal 1943 ad oggi, per ben tre motivi: mirò al
riconoscimento del GOI da parte della Gran Loggia Unita
d'Inghilterra; rese nuovamente protagonista la Massoneria grazie al
dialogo con la Chiesa cattolica e tutte le altre confessioni; ottenne
il riconoscimento pubblico della Massoneria nella vita istituzionale
italiana e l’attenuazione dell’ostilità da parte di partiti che
tradizionalmente le erano avversi o addirittura nemici. I frutti dei
nove anni della sua gran maestranza vennero raccolti durante quella
del suo successore, Salvini (a sua volta di grande merito): lo
scambio dei garanti d’amicizia con la GLU d’Inghilterra; la
lettera del cardinale Seper, prefetto della Congregazione per la
dottrina della fede, che dichiarò compatibili logge e sacramenti
cattolici e la presenza del GOI in iniziative pubbliche.
Luca Bagatin: Lei fu, peraltro,
negli anni '80, il fondatore del Centro per la Storia della
Massoneria, comprendente studiosi sia massoni sia profani. Ci
racconti la sua personale esperienza.
Aldo A. Mola: Con il
Gran Maestro Armando Corona, fondai il Centro per la Storia della
Massoneria (CeSM) che esiste tutt'ora. Il successore di Corona,
Giuliano Di Bernardo tentò di estromettermi per farne uno strumento
suo perché del resto concepiva lo stesso Grande Oriente come uno
strumento al proprio servizio. Il tempo mi dette ragione. Nel 2008 mi
venne proposto un colloquio per superare l’impasse; ma le cose sono
come erano e debbono essere: se vogliono essere davvero scientifici,
gli studi sono e debbono essere liberi.
A prescindere dall’episodio Di
Bernardo, molto più devastante di ogni altro per la storia del
Grande Oriente come istituzione iniziatica, ho ottimi rapporti con i
massoni del Grande Oriente d’Italia.
Luca Bagatin: Che cosa pensa del
Gran Maestro attuale del GOI, l'Avvocato Gustavo Raffi ?
Aldo A. Mola: Ha
dovuto e deve affrontare gravi difficoltà. Dopo il disconoscimento
del GOI da parte della Gran Loggia Unita d'Inghilterra (capolavoro di
perfidia ai danni della Massoneria italiana: basta andare a
rileggerne le motivazioni: addussero persino le mie lettere di
direttore del CeSM a storici del Grande Oriente di Francia), il
Grande Oriente d’Italia finì in un tunnel, al di fuori dei
circuiti massoni internazionali (la GLU da un canto, le Obbedienze in
relazioni fraterne con il Grande Oriente di Francia dall'altro). Il GOI puntò
molto sulla GL Nazionale Francese la cui vicende non sono
edificanti, tanto che, caso unico nella storia delle massoneria dei
Paesi occidentali, è stata “commissariata”. In molti casi il
GOI risultò sovraesposto sul terreno partitico, con dichiarazioni
poco opportune. Infine venne e viene ostentato un anticlericalismo
arcaico, di maniera, come se la Chiesa cattolica fosse ancora ferma
al Sillabo e al potere temporale d’antan.
Gli osservatori constatano che il
Gran Maestro Raffi non ha avviato un dialogo con l'altra Obbedienza
massonica legittima e regolare italiana, cioè la Gran Loggia
d'Italia, quasi che i suoi affiliati non siano anch’essi Fratelli
massoni ! Il Sovrano e Gran Maestro della Gran Loggia d’Italia,
Luigi Pruneti, ha pubblicato gli Annali della Gran
Loggia d’Italia, 1908-2010: cinquecento
pagine di date, fatti, profili biografici, informazioni statistiche.
E’ infantile fingere che la realtà non esista.
Luca Bagatin: La Gran Loggia
d'Italia, peraltro, a differenza del Grande Oriente d'Italia, inizia
anche le donne alla Massoneria. Che cosa pensa dell'Iniziazione
femminile ?
Aldo A. Mola: In
origine, è vero, le donne furono escluse dall'accettazione. Sappiamo
bene, però, che all’origine le Logge britanniche praticavano molte
altre forme di esclusione e che, a lungo preclusi in quelle degli USA
i neri organizzarono una loro massoneria di colore. Non è mai stata
fornita una motivazione chiara dell’esclusione delle femmine
dall’accettazione in loggia, né quindi si comprende per quale
motivo la Massoneria debba ancora attenersi a tale vincolo. La
Massoneria non conosce dogmi; le sue norme possono essere
modificate. Le Costituzioni di Anderson sono documento di un’epoca,
ma come tutte le leggi umane sono soggette alle decisioni sovrane di
quanti le hanno accettate e che, nella loro sovranità di persone
libere, possono modificarle. La Massoneria non si fonda su una
Rivelazione ma su una Convenzione, su Regole deliberate e condivise
sino a quando non se ne decida la modifica.
Il Grande Oriente di Francia, che
abolì l’obbligo della formula iniziatica AGDGADU (un passo molto
più audace rispetto alla preclusione dell’iniziazione femminile),
sino allo scorso anno escluse l’iniziazione delle donne, ma ora la
ammette.
Luca Bagatin: Lei è stato fra i
pochissimi, assieme allo scrittore Pier Carpi, a “sdoganare” la
figura controversa di Licio Gelli e la P2 e lo ha fatto con tanto di
prove documentate pubblicate nel suo ultimo saggio, edito dalla
Bastogi: “Gelli e la P2 fra cronaca e Storia”.
Che cosa l'ha portata a parlare, senza
pregiudizi, di Gelli e della P2 ?
Aldo A. Mola: Ho
scritto quel libro perché, a trent'anni di distanza dal falso
scandalo P2, non c'è stato un solo convegno scientifico nel quale si
sia discusso criticamente che cosa fu la P2, l’uso (e abuso) che
se ne fece. Né si parla delle vite spezzate con l’accusa, in sé
inconsistente, di “piduismo”: un modo come un’altro per
continuare a diffondere il mito del complotto ai danni dello Stato,
della democrazia, tutte fiabe che oggi lasciano indifferenti i
cittadini.
Il mio libro, peraltro, venne
recensito con molto favore dal periodico “Humanisme” del Grande
Oriente di Francia, ora è tradotto in romeno con prefazione di
Constantin Savoiu, gran maestro della Gran Loggia Nazionale di
Romania“1880”, una Obbedienza legittima e regolare, che continua
coraggiosamente la tradizione dei massoni fondatori della moderna
Romania.
La P2 non fu un'associazione
segreta. Non organizzò complotti militari o politici. Lo
stabilirono, sentenze passate in giudicato.
Il falso scandalo P2 fu, invece, il
preludio a Tangentopoli: esso consistette nella criminalizzazione
da parte del Partito Comunista Italiano delle forze politiche e di
governo di ispirazione risorgimentale e atlantica. Tale
criminalizzazione colpì, infatti, gli aderenti alla P2 che
appartenevano a tali forze politiche (repubblicani,
socialdemocratici, socialisti, liberali e la componente “occidentale”
della Democrazia cristiana, tollerante, dialogante).
I partiti democratici e di governo,
dunque, vennero screditati e, con Tangentopoli, negli anni '90,
subirono il colpo finale. Da allora furono elevate agli onori quelle
forze politiche ed i politici di ispirazione antiliberale e
antiatlantica, come i comunisti ed i democristiani di sinistra, oggi
componenti del Partito Democratico. La convivenza tra ex comunisti e
sinistra democristiana nel partito democratico è una coabitazione
basata su ambiguità e baruffe. I primi tentarono di incriminare
persino l'allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga “reo”
- così dissero – di non aver mai condannato la P2 e la Massoneria.
I cattolici del PD chiesero che venisse formalmente decretata
l’incompatibilità tra iscrizione al partito e logge, come già
avevano fatto Mussolini e Lenin. Chissà come finirà…
Luca
Bagatin: Ma Raffi dice
che la Gelli e la P2 stanno alla Massoneria come le Brigate Rosse al
Partito comunista….
Aldo A. Mola: Appunto.
Il Partito comunista (ex Partito comunista d’Italia, membro della
Terza Internazionale di Lenin e Stalin ) ebbe sempre al proprio
interno nuclei rivoluzionari. Del pari il Grande Oriente d’Italia
ebbe dal 1877 la ”Propaganda Massonica”, una loggia “di élite”,
sintesi di un possibile, auspicabile “partito dello Stato” in un
Paese nel quale lo Stato rischiò troppe volte di ridursi a zerbino
strumento dei partiti.
Così essa venne concepita da
Adriano Lemmi e così venne pensata da Gamberini, Lino Salvini e da
Licio Gelli, creato Maestro Venerabile della loggia Propaganda Se
si legge senza preconcetti il Piano di Rinascita della P2 si deve
constatare che esso mirava a consolidare la democrazia e a conciliare
i cittadini.
Luca
Bagatin: Quale
futuro può avere, a suo giudizio, la
Massoneria in Italia?
Aldo A. Mola: Per
molti aspetti la vera vita della Massoneria in Italia può cominciare
ora. Il nostro è un Paese di formazione recente ma ormai è
abbastanza solido, Ha retto ai totalitarismi ideologici
catto-comunisti e, recentemente, ai borbottii di partiti regionali
che addebitano a complotti massonici internazionali la loro
incapacità di proporre un discorso filosofico e civile da Terzo
Millennio.
La Massoneria ha ottenuto ragione
dalla Storia con il riconoscimento dell’Unità come valore da parte
della Santa Sede. Perciò ora è libera da quel passato. A cospetto
dell’eclissi di partiti e sindacati e mentre le istituzioni
attendono interventi restaurativi urgenti, in presenza del tracollo
delle Università (parlo delle Facoltà umanistiche), la Massoneria
può essere laboratorio di pensiero libero. La maggiori Obbedienze
dovrebbero però dare qualche segnale preliminare. Per esempio il
riconoscimento della propria storia recente da parte del Grande
Oriente (ma qualcuno vanta invece di aver azzerato tutti i grandi
maestri da Gamberini a Salvini, da Battelli a Corona) e un incontro pubblico
tra le Obbedienze.
Il peggior segnale è invece
un’anacronistica adunata a Porta Pia come se a Roma vi fossero
ancora Pio IX e il generale Kanzler. In questo modo ci si fa contare
e si fa constatare che non si conta nulla. Ma, come dicevano i
latini, ognuno è fabbro della propria sorte. Se vuol essere davvero
scuola di libertà la Massoneria deve liberarsi dai fantasmi del
passato, incluso quello dell’antimassonismo.

Luca Bagatin
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18 aprile 2011
"Mi chiamavano onorevolino": l'autobiografia di Stefano de Luca
"Mi chiamavano onorevolino" è la recente autobiografia edita da
Rubbettino e scritta da Stefano de Luca - Segretario nazionale del
Partito Liberale Italiano - con l'emblematico sottotitolo "Profilo di un
liberale sicialiano".
Stefano de Luca, classe 1942, siciliano doc, è uno dei pochi capitani
coraggiosi che, dal 1997 ad oggi, sta portando ancora avanti la bandiera
politica che fu di Benedetto Croce e Luigi Einaudi.
In questa autobiografia è percepibile quell'entusiasmo tipicamente siculo che pervade il Nostro.
Cresciuto in un ambiente famigliare tutto sommato benestante,
discendente da una famiglia aristocratica di Palermo di tradizione
liberaldemocracia e risorgimentale, Stefano de Luca bambino respira già
in casa il clima politico che lo porterà, molti anni dopo, a sedere in
Parlamento. Lo chiamavano, infatti, "onorevolino", per questa sua
passione nel giocare - con le sue cugine ed i suoi compagni di gioco - ad inscenare improbabili comizi del Partito Liberale, con tanto di
bandiera tricolore esposta.
Sarà così che, studente universitario, inizierà a frequentare i circoli
della Gioventù Liberale Italiana ed a distribure il loro piccolo
giornale dal significativo titolo "Controcorrente".
"Mi chiamavano onorevolino" non è, ad ogni modo, la classica e noiosa
autobiografia di quei politici consumati e grigi che ci si potrebbe
abitualmente attendere. Diversamente, è un concentrato di aneddoti ed un
succedersi di avventure galanti che hanno visto protagonista il nostro
Stefano de Luca, che si racconta senza risparmiarci alcun avvenimento
della sua vita privata più intima.
Uno spaccato dell'Italia dagli anni '50 agli anni '70, dei luoghi di
ritrovo della mondanità di allora e delle passioni che hanno sempre
accompagnato il de Luca: i cavalli e la barca a vela in primis. Oltre
che le belle donne.
Non manca la politica, certo, che però non è la protagonista principale del volume.
Stafano de Luca racconta il PLI ed i suoi protagonisti: da Malagodi a
Renato Altissimo di cui fu stretto collaboratore. La sua esperienza di
governo come Sottosegretario al Ministero delle Finanze e la caduta
rovinosa dei partiti democratici e di governo a causa della falsa
rivoluzione giustizialista di Tangentopoli, che distrusse un'intera
classe dirigente.
Lo scioglimento, dunque, di quel Partito Liberale Italiano che aveva
faticosamente costruito il filosofo Benedetto Croce nel 1943.
Stefano de Luca ne uscirà, ad ogni modo, senza macchia e nessun addebito giudiziario a suo carico.
Si avvicinerà, come ci racconta, prima a Sivlio Berlusconi, visto che
sarà - nel 1994 - l'unico politico a proporre la Rivoluzione Liberale e
quindi un partito liberale di massa. De Luca sarà dunque eletto
europarlamentare nelle file dell'Unione di Centro, esperienza che
definirà deludente anche a causa dell'eccessiva burocrazia di Bruxelles e
dell'astrusità dei riti che si consumano tutt'ora in seno ad un
Parlamento Europeo praticamente inutile.
Stefano de Luca ci racconta poi la delusione nei confronti della
politica populista ed inconcludente di Berlusconi, che mai attuerà quella
tanto osannata Rivoluzione Liberale.
Sarà così che, nel 1997, deciderà di rifondare il PLI in posizione
autonoma ed anticonservatrice al punto che, nel 2008, si candiderà a
premer con liste autonome (e, per inciso, otterrà anche il mio voto).
Stefano de Luca è e rimarrà un "onorevolino", come ci ricorda anch'egli.
Orgoglioso del suo aver vissuto appieno la vita, senza rimpianti e con
il coraggio di chi ha da sempre la coscienza a posto. A differenza della
classe politica di oggi, cresciuta nel nulla, mediocre ed improvvisata.
Destinata certamente ad un lento, inesorabile oblìo.

Luca Bagatin
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