5 aprile 2014
Intervista esclusiva di Luca Bagatin a Gabriele Maestri, giornalista e autore del saggio di imminente uscita "Per un pugno di simboli", relativo alla storia dei simboli di partiti e movimenti politici in Italia

Ma quanti e quali sono i
simboli politici di partiti e movimenti presenti in Italia dal 1948 –
ovvero da quanto fu fondata la Repubblica dei Partiti, appunto – ad
oggi ?
La risposta ce la fornirà
a breve l'ottimo giornalista e assegnista di diritto pubblico
comparato all’Università di Roma Tre, ovvero Gabriele Maestri,
31enne emiliano.
Con il suo “Per un
pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male”
(Aracne Editrice), con prefazione del giornalista e scrittore Filippo
Ceccarelli – nota firma di Panorama, La Stampa e La Repubblica –
infatti, Maestri descrive per filo e per segno vita, morte e miracoli
(soprattutto quest'ultimi !) di partiti, partitini e movimenti vari,
che da decenni popolano la vastissima galassia politica dello
Stivale.
Una raccolta, pensate, di
ben oltre 700 simboli politici - varianti comprese - che, nel volume,
saranno tutti riprodotti a colori, con tanto di cronistoria.
Non posso non ricordare
qui, brevemente, che Gabriele Maestri ha dedicato un capitolo anche
alla mia avventura politica con l’ex parlamentare radicale Ilona
Staller in arte Cicciolina alle amministrative romane dello scorso
anno ed alcune note le ha dedicate anche al mio
movimento-non-movimento “Amore e Libertà”
(www.amoreeliberta.altervista.org)
che, per la prima volta, viene presentato al grande pubblico
attraverso la frizzante penna di questo giovane collega.
E' pertanto mio grande
piacere intervistare amichevolmente qui Gabriele Maestri, per
conoscere, in anteprima, i retroscena relativi alla sua opera
d'inchiesta attorno ad uno degli aspetti più curiosi della politica
nostrana.
Gabriele Maestri
Luca Bagatin: La
domanda è d'obbligo. Com'è nata l'idea di un libro sulla storia dei
simboli politici e/o di partito? Gabriele Maestri:
L’idea certamente viene da lontano. L’interesse è
arrivato quando ero bambino, coi simboli dei partiti che
m’incuriosivano, per i colori e le figure, durante le lunghe
dirette televisive post-elezioni; quando sono cresciuto la passione è
cresciuta, proprio mentre la politica si complicava. Il libro che
esce ora, in realtà, arriva dopo che nel 2012 avevo pubblicato la
versione accademica di questa stessa ricerca, ovvero “I simboli
della discordia “, che studiava per la prima volta sul piano
giuridico gli emblemi dei partiti, a partire dalle regole da
applicare in caso di scissioni o disaccordi. Avevo già l’idea di
giungere a raccontare la storia dei simboli con venature pop,
facendosi strada tra dichiarazioni, contraddizioni, liti, spinte,
insulti, che non sono mancati in questi anni, furbizie e altri
episodi che hanno caratterizzato queste vicende. Da giurista, però,
avevo bisogno prima di raccontare una storia “seria” per tecnici,
per poi farne una versione rivolta a tutti e, magari, divertente.
Luca Bagatin: Quanto
tempo hai dedicato alla raccolta di informazioni relative ai simboli
politici italiani ? Gabriele Maestri:
Tanto tempo. Più di quanto sarebbe stato sano dedicare a
questa ricerca: effetti della passione, anche se bisognerebbe
controllarsi meglio. Comunque, nel 2010 è nata l’idea del libro
“serio” e, per trovare i cumuli di documenti necessari - dagli
atti notarili alle sentenze - ci è voluto un anno e mezzo, durante
il quale ho cercato e scritto. Altri tre mesi sono stati solo di
scrittura e limatura. Dopo il primo libro, per alleggerire i
contenuti, c’è stato bisogno di infinite giornate di ricerca negli
archivi online dei quotidiani, su libri e altre fonti, le
informazioni che servivano, per non parlare delle testimonianze che
ho raccolto - a volte macinandomi centinaia di chilometri - perché
servivano o potevano completare il quadro. Tra ricerca e scrittura,
quella che sembrava una semplice operazione di riscrittura ha
richiesto almeno un altro anno. Il lavoro di ricerca dei simboli, tra
vecchi e nuovi, invece non finisce mai.
Luca Bagatin: Nel
tuo libro ci sono simboli e simboletti, spesso curiosi e coloriti,
anche e soprattutto sotto il profilo linguistico. Quali sono i
simboli che più ti hanno incuriosito e qual è la storia o il
retroscena che ti ha incuriosito di più nell'ambito di questa tua
ricerca/inchiesta ?
Gabriele Maestri:
Da un certo punto di vista non si poteva non essere
incuriositi - pur mettendosi le mani nei capelli - di fronte a quella
pletora di emblemi che, a partire dagli anni ’90, sembrava avere
trasformato la politica italiana in una dependance di Cartoonia:
asinelli, elefantini, coccinelle, leoncini, mucchine col fiore in
bocca, parevano davvero essere state tratte dai fumetti o dai cartoni
animati e, acuti osservatori come Maria Laura Rodotà e Filippo
Ceccarelli, avevano denunciato per tempo il livello preoccupante di
regressione cui era arrivata la politica. Ora, in compenso, con una
marea di simboli tinti del tricolore e magari anche di azzurro, non
si comunica quasi più niente. Dovessi attenermi ai retroscena,
citerei necessariamente gli episodi in cui certi simboli sono stati
presentati non tanto per partecipare alle elezioni, ma per mettere i
bastoni tra le ruote a qualcuno, o almeno per provarci. È capitato
nel 2013 con i “cloni” di Grillo, Monti e Ingroia. Era capitato
nel 1995 con Lamberto Dini - un caso che ebbe davvero del clamoroso -
e con altri. Non posso però fare a meno di dire che, in certi casi,
più ancora dei simboli prodotti, è interessante la storia del
personaggio che li ha fatti nascere, spesso ricca di particolari
imperdibili. L’ultimo capitolo, non a caso, è tutto dedicato agli
“eroi simbolici” che meritano di essere narrati a fondo.
Luca Bagatin: Per
quanto lo stile che utilizzi nel raccontare la storia dei simboli di
cui sopra sia leggero, possiamo dire che il tuo è essenzialmente un
libro divulgativo, storico per molti versi e assolutamente non
satirico. Quale pensi possa essere il tuo pubblico di riferimento ? I
proprietari dei simboli come hanno reagito o come pensi reagiranno
allorquando leggeranno il tuo libro ?
Gabriele Maestri:
Il taglio è volutamente leggero, per evitare di rendere
immasticabile un argomento complesso, che potrebbe risultare pesante.
Certamente però la leggerezza non intacca la correttezza dei
contenuti - completi non si può essere, corretti sì - e spero che
possano trovarsi a proprio agio su queste pagine coloro i quali
conoscono gli eventi, magari per averli vissuti, oltre ovviamente a
coloro i quali vogliano saperne di più. Il libro è rivolto a tutti
gli appassionati della politica e della comunicazione, ma anche solo
ai curiosi che vogliano leggere, da un punto di vista particolare,
gli ultimi decenni di storia italiana. Generalmente i creatori degli
emblemi hanno reagito bene al mio progetto, anche perché troppo
spesso il loro ruolo è poco riconosciuto. Quanto ai partiti, nuovi o
vecchi, credo che molto dipenderà da come sono stati trattati nelle
pagine: forse chi ha ricevuto qualche stoccata gradirà meno, ma io
qui parlo da osservatore e da tecnico e non voglio certo offendere
qualcuno.
Luca Bagatin: Il
tuo libro sarà edito poco prima della data ufficiale delle elezioni
europee del 2014. E' una scelta voluta, oppure casuale ?
Gabriele Maestri:
Speravo che i miei tempi mi permettessero di anticipare
ancora di più l’uscita, arrivando addirittura prima dei giorni per
il deposito dei simboli, ovvero domenica 6 e lunedì 7 aprile.
Chiaramente la scelta non ha nulla di casuale: in questo periodo,
infatti, gli italiani sembrano riscoprire l’importanza degli
emblemi, così come alcune persone o alcuni gruppi dimostrano la loro
“esistenza in vita” proprio in occasione del deposito del
simbolo. Chiaramente quei segni di identificazione e distinzione sono
importanti tutto l’anno, ma è indubbio che nel periodo elettorale
ci sia più attenzione.
Luca Bagatin: Il
fenomeno della proliferazione dei simboli politici e di partito è
solo un fenomeno italiano ? Come spieghi questo particolare
fenomeno, per molti versi anche di costume, oltre che politico ?
Gabriele Maestri:
Più che altro bisognerebbe dire che quello dei simboli
partitici è un fenomeno molto italiano. Sono moltissimi, all’estero,
i Paesi che non fanno uso di contrassegni per le liste e spesso non
si ricorda che anche negli Stati Uniti - in cui si parla di asinelli
ed elefanti - quegli stessi animali sono frutto di un’operazione
satirica, non certo politica. La frammentazione, nvece, c’è anche
all’estero. Persino Paesi che noi consideriamo bipartitici o quasi
sono molto più complessi. In Italia però ci si divide su tutto, per
cui in fatto di schegge più o meno impazzite siamo decentemente
esperti. Sul piano del costume, probabilmente, si può invocare la
massima di Ennio Flaiano in base alla quale «L’Italia è una
collezione di casi unici». Ci si spacca anche su ragioni
microscopiche che sembrano insormontabili e ognuno pretende di
continuare a dire la sua. Poi ci sono i burloni e i buontemponi, che
nel mezzo riescono a infilare una “Lista Bunga Bunga, o “Noi
meridionali” con la croce prestampata. Di fronte ai loro colpi di
genio o ci si indigna o si leva il cappello. A ognuno la sua scelta.

Luca
Bagatin
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