17 aprile 2012
"Semplicemente liberale" di Antonio Martino: un libro per uscire dalla crisi
  
Antonio Martino - figlio dell'illustre
Ministro liberale Gaetano - nonchè egli stesso liberale e già
deputato di Forza Italia e del Popolo delle Libertà, nonchè già a
sua volta Ministro degli Affari Esteri nel '94 e successivamente, nel
2001, della Difesa, è certamente uno dei rari politici italiani che
si caratterizzano per chiarezza, onestà intellettuale e
morale. Economista specializzatosi presso la University of
Chicago, ha insegnato presso le Università "La Sapienza" e
"Luiss" di Roma, oltre che nelle Università di Messina,
Napoli e Bari ed ha pubblicato un ottimo ed esaustivo libro edito da
Liberilibri (www.liberilibri.it) dal titolo "Semplicemente
liberale". Un ottimo compendio di economia e politica
liberale, adatto in particolare ai tempi che stiamo vivendo, ove,
come illustra lo stesso Martino, hanno completamente fallito tutte le
politiche stataliste e keynesiane proposte in questi anni da
burocrati e politicanti. Il vero liberale, infatti, non difende la
libertà di mercato solo per mere ragioni economiche, bensì perché
esse sono conseguenza diretta delle libertà politiche e
civili. Martino, innanzitutto, illustra il fallimento delle
politiche stataliste, costruttiviste e socialiste, le quali, anche se
animate da "buoni propositi", in realtà hanno ottenuto
risultati deludenti che, nei fatti, hanno impoverito i
cittadini-contribuenti a causa dell'esosità dell'imposizione fiscale
e della presunzione di poter controllare ogni settore dell'attività
economica. Antonio Martino pone come esempio la disoccupazione, la
quale dovrebbe essere risolta a livello microeconomico e, ad oggi,
colpisce in particolare i giovani, ovvero coloro i quali fanno più
fatica ad inserirsi in un mercato del lavoro spesso frenato dallo
Stato. Pensiamo, infatti, a quella che Martino definisce
ottimamente "penale" che il datore di lavoro deve pagare
allo Stato italiano per ogni individuo che assume, ovvero i vari
oneri sociali, fiscali e para-fiscali, che spesso incidono
doppiamente rispetto alla retribuzione del lavoratore stesso ! E che,
in questo senso, scoraggiano le assunzioni. Senza contare poi una legislazione che
rende difficilissimo il licenziamento e spesso obbliga gli
imprenditori ai cosiddetti "reintegri", in luogo di una ben
più congrua e meno umiliante montetizzazione in favore del
lavoratore. Inoltre, Antonio Martino, spiega come il mercato e la
libera concorrenza siano anche l'unico antidoto al formarsi di
monopoli e fa l'esempio dell'Ibm, la quale, da monopolio del computer
negli anni '80, oggi non è più un colosso e deve competere con
aziende dei personal computer molto più potenti e creative. La
stessa cosa è accaduta anche con la televisione e qui, Martino,
spiega come siano coercitive e dannose eventuali norme antitrust, le
quali sarebbero persino antidemocratiche, in presenza di un libero
mercato ove ciascun telespettatore-consumatore, può scegliere il
canale che più gli aggrada di vedere e tale "gradimento"
sia misurato dal famoso share. Purtroppo, afferma Martino, è vero
che il XX secolo è stato il secolo dello statalismo, così come
profetizzato ed auspicato da Mussolini, il quale parlava di un secolo
autoritario, di destra, fascista e statalista. Infatti, il XX
secolo è stato il secolo dei Mussolini, Hitler, Stalin, Pol Pot,
Keynes e Roosvelt, con l'estensione dell'assistenzialismo di Stato di
tipo bismarkiano, delle illusioni programmatorie e della
politicizzazione e burocraticizzazione della società e della vita
dei cittadini...resi sudditi. E' il momento, spiega Antonio
Martino, di un nuovo umanesimo liberale, il quale dipende unicamente
dall'individuo. L'Autore è illuminante persino allorquando spiega
come non sia assolutamente vero che i Paesi con maggiori risorse
naturali e giacimenti, oppure Paesi ex potenze coloniali, siano
necessariamente i più ricchi. Anzi. Vediamo infatti come la Svizzera
ed il Giappone, assolutamente privi di risorse, siano enormemente più
ricchi di Paesi come Brasile o Argentina. E ciò è dovuto
essenzialmente al fatto che questi Paesi sono diventati ricchi
grazie al loro sviluppo economico, ad una bassa tassazione ed
all'investimento di capitali e di risorse umane al fine di produrre
ricchezza ed innovazione. E qui Martino spiega anche come siano
totalmente improduttivi ed inutili, oltre che potenzialmente dannosi,
gli stanziamenti economici in favore deiPaesi cosiddetti poveri, i
cui fondi spesso andranno a beneficio dei governi, spesso tirannici,
o comunque senza alcuna volontà di sviluppo. La ricchezza,
dunque, è un prodotto dell'ingegno umano e non di fantimatiche
politiche interventiste, come invece riteneva l'economista Keynes. In
questo senso possiamo anche notare come i Paesi più sviluppati siano
anche quelli in cui, oltre alla bassa tassazione, è ridotta anche la
spesa pubblica e, dunque, gli interventi assistenziali. Questi ultimi
pressochè sempre a vantaggio di burocrazia, propaganda politica e
classe politica corrotta. Non a caso, lo stesso Antonio Martino,
ricorda che la massima cara agli economisti liberali è sempre stata
"il commercio unisce, la politica divide" ed è per
questo che i commerci sono sempre stati un ottimo strumento, sia in
termini di sviluppo economico, che in termini di diplomazia
internazionale. Gli scambi commerciali, infatti, non conoscono nè
frontiere nè razze, nè differenze religiose, sessuali oppure di
idee politiche. In particolare, poi, se pensiamo che ogni singolo
prodotto che acquistiamo, esso è costituito da componenti
provenienti dai più disparati Paesi del globo terrestre ! Il
liberalismo, secondo Martino, dunque, non sarà garanzia sufficiente
per il mantenimento della pace, ma certamente - come affermava
Bastiat - ove passano le merci non passano gli eserciti. E si
noti come sia stato da sempre il protezionismo e mai il liberalismo,
a causare conflitti armati. E, forse non è un caso se i peggiori
regimi dittatoriali del Mondo, a destra a sinistra, siano e siano
stati regimi statalisi, marxisti, fascisti o comunque burocratici ed
autarchici. Antonio Martino affronta poi il tema del cosiddetto
Welfare State, che andrebbe completamente smantellato o, comunque,
riformato in modo da garantire solamente chi ne ha realmente
necessità. Egli dimostra infatti - dati alla mano - come
l'assistenzialismo universale abbia in realtà aumentato il numero di
poveri anzichè ridurlo. Ed ha totalmente lasciato scoperti settori
ormai completamente ridotti all'indigenza. E ciò in quanto si
sono spese risorse pubbliche a totale beneficio della burocrazia e di
programmi inefficienti e causa primaria di spreco. Ne è un
esempio lampante il Welfare State italiano ed il sistema
pensionistico "a ripartizione", ormai al collasso, che
andrebbe - secondo Martino - sostituito con un sistema a
capitalizzazione, permettendo ai lavoratori di optare per fondi
pensionistici privati, con un rendimento maggiore. L'ottimo
Antonio Martino torna poi sull'argomento occupazione e disoccupazione
e spiega come "essere occupati" non significhi "percepire
un reddito", bensì produrlo. In questo senso dimostra come i
tanti cosiddetti lavori socialmente (in)utili non siano altro
che escamotage ideati dalla classe politica parassitaria al fine di
garantire un reddito sicuro a determinati settori sociali a scopo
propagandistico e...a spese del contribuente ! E' l'ennesimo
esempio di come l'aumento della spesa pubblica improduttiva sia
conseguenza della distruzione di posti di lavoro produttivi e dunque
dell'impoverimento dell'intera società, costretta a doversi
sobbarcare interamente tale spesa che, nei fatti, avvantaggia
solamente burocrati e classe politica. Un intero capitolo, atto
anche a rafforzare quanto già scritto, Antonio Martino lo dedica
alle critiche all'economia keynesiana ed alle cosiddette politiche di
"deficit spending", le quali prevedono buchi di bilancio
statale al fine di coprire l'aumento della spesa pubblica. Tali
politiche, pur fornendo immediati benefici, sono totalmente dannose
nel lungo periodo poiché le generazioni future saranno costrette a
pagare per i debiti contratti da quelle precedenti...ovvero, più
precisamente, dallo Stato assistenziale e burocratico. Ultimamente,
in Italia, si parla molto di inserire il pareggio di bilancio nella
Costituzione della Repubblica. Antonio Martino spiega come questo
proposito fosse già stato avanzato, anni or sono, dal politico
liberale Luigi Einaudi, Il pareggio di bilancio, infatti, sarebbe
l'unico strumento in grado di obbligare la classe politica a limitare
le spese pubbliche e, conseguentemente, ad abbassare le imposte, in
modo tale da aumentare la base imponibile e garantire maggiore
benessere e sviluppo economico. In questo senso, Martino, ritiene
prioritario giungere ad un vero federalismo fiscale, sull'esempio
della Svizzera e degli USA, abolendo dunque gli enti politici
intermedi, Province in primis ed accorpando i piccoli Comuni, e,
dunque, snellendo il livello di burocrazia locale e premettendo così
alle singole realtà territoriali di gestire, responsabilmente, il
pubblico danaro. Il sesto capitolo di "Semplicemente
liberale" è particolarmente gustoso e di scottante attualità,
in quanto parla delle spese della "casta" ed avanza delle
pragmatiche proposte. Antonio Martino, infatti, spiega come, al
fine di evitare l'assenteismo parlamentare, i regolamenti prevedano
che, ogni assenza del parlamentare dalle sedute di Camera o Senato,
nonchè ogni astensione dalle votazioni, gli sia decurtata dallo
stipendio. Ciò produce un eccesso di votazioni (ed il pessimo
costume dei cosiddetti "pianisti") tali da aver reso
l'Italia il Paese dalle oltre 200.000 leggi. Pertanto Martino
propone un sistema esattamente opposto, ovvero il pagamento di un
"tot" per ogni votazione del parlamentare, in modo da far
sì che lo stesso si rechi alle votazioni unicamente di effettivo
interesse per il Paese. Altra proposta, a tratti paradossale, è
l'introduzione di elezioni a sorteggio, fra tutti gli elettori
italiani, in modo da avere un Parlamento di cittadini, senza più
partiti e candidati che spendono e spandono risorse pubbliche al fine
di garantirsi un posto in Parlamento ! Proposta paradossale,
forse, ma sicuramente democratica se è vero che la democrazia è
rappresentanza del popolo. I capitoli finali sono dedicati
alla lotta al proibizionismo ed al paternalismo di Stato, ovvero in
favore della legalizzazione delle droghe, unico strumento per
combattere la criminalità organizzata ed il mercato illegale di
sostanze stupefacenti, oggi, "grazie" al proibizionismo di
Stato, totalmente fuori controllo e contro quel paternalismo statale
che, persino negli USA, vorrebbe imporre ai cittadini una vita più
sana, persino con speciali diete per combattere l'obesità ! Misure
coercitive ed assolutamente illiberali, secondo Martino, in totale
contrasto con i principi democratici e costituzionali dei Paesi
civili. L'ultimo capitolo è dedicato all'immigrazione, ove
Antonio Martino, spiega come essa è fenomeno necessario e da
incoraggiare, tutt'altro che dannoso. Fenomeno utile allo sviluppo
economico, in particolare in settori produttivi abbandonati da
persone con alta qualificazione scolastica e professionale. Il
razzismo e la xenofobia, assieme alla criminalità dunque, sono i
veri nemici da combattere in uno Stato liberale. "Semplicemente
liberale" è, come dicevo all'inizio dell'articolo, un ottimo
libro che affronta i problemi dell'oggi e fornisce quelle chiavi di
lettura laiche e sensa pregiudizi, in grado di uscire dall'attuale
crisi nazionale e mondiale.
 Luca Bagatin
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