14 luglio 2012
Con o senza Berlusconi "questo" centrodestra è destinato a perdere
E' proprio vero che non c'è mai fine al peggio, ma, forse, sarebbe il
caso di dire che non c'è mai fine alle operazioni di marketing
che, ad ogni modo, nella fattispecie, lasciano il tempo che trovano e
sanno tanto di presa in giro nei confronti degli elettori liberali e
moderati. Silvio Berlusconi è abituato ai restyling facciali, specie
alla veneranda età di 76 anni. E, anzichè andarsene definitivamente in
pensione, fa del "restyling" la sua bandiera politica e personale,
annunciando una nuova "discesa in campo" (nemmeno fosse un calciatore)
ed un nuovo nome e simbolo per il PdL (sic !). Ad ogni modo, è più
che evidente, che non basta cambiare nome al PdL e ricandidare il clone
"moderno" di Amintore Fanfani per riacquistare, automaticamente,
consenso. Eh sì perché i sondaggi che, con Berlusconi alla guida del
"nuovo" (sic !) PdL, lo attestano al 28% (ad ogni modo 10 punti sotto rispetto a
quanto raccolse alle elezioni del 2008), sono stati commissionati ad
EuroMedia Research, ovvero all'agenzia di sondaggi di fiducia dello
stesso Berlusconi (sic !). I dati veri, diversamente, danno un centrodestra in caduta libera, fra l'8% ed il 18% massimo. Con o senza "padre padrone". Berlusconi
& Co., infatti, si sono, dal 2001 ad oggi, rimangiati ogni tipo di
promessa elettorale di stampo liberale e liberista, arrivando persino a
contestare le riforme liberali del Governo Monti sul mercato del lavoro e
sui tagli che, per quanto non ancora sufficientemente incisivi, sono
sempre meglio dei non-tagli effettuati dai governi
Berlusconi-Dini-Maccanico-Prodi-D'Alema-Amato-Prodi-Berlusconi, succedutisi in questi ultimi vent'anni.
Un centrodestra illiberale e statalista (con una politica estera simile a
quella sognata del Pci di Togliatti e Berlinguer) come quello guidato
da Berlusconi, infatti, non si vedeva proprio dai tempi di Fanfani e di
Moro. Al punto che, con Berlusconi al governo oppure con le ricette
social-burocratiche di Bersani...che differenza ci sarebbe ?
Nessuna.
Ed è per questo che, alle prossime elezioni, il centrodestra subirà la più grande batosta della Storia.
Come andiamo scrivendo da tempo, occorre ricostruire il centrodestra:
dalle fondamenta. Iniziando dal mandare in pensione Berlusconi, Alfano,
Cicchitto, Bondi, Tremonti e tutti i notabili social-burocrati dell'ex
PdL.
Occorre costruire un Partito per le Libertà: economiche, civili,
sociali, sessuali. Un partito che tagli drasticamente la spesa pubblica
improduttiva (abolendo in toto le Province, ma anche i Consorzi e le
Comunità montane); che separi finalmente le carriere dei magistrati; che
introduca la responsabilità civile del giudice; che abbatta le imposte
sino ad arrivare ad un'aliquota unica del 20% per tutti (salvo per i
meno abbienti, che è giusto che non paghino un euro); che abolisca tutte
quelle leggi burocratiche che impediscono ad un imprenditore di fare
impresa; che abbatta oneri fiscali e sociali per i lavoratori; che
introduca le unioni civili ed una legge in favore dell'eutanasia; che,
in sostanza, ci garantisca meno Stato e più individuo.
Solo così il centrodestra potrà essere credibile, come lo fu, per molti versi, nel 1994.
E potrebbe essere davvero credibile se candidasse a Premier Oscar
Giannino e rilanciasse la battaglia per Emma Bonino alla Presidenza
della Repubblica. Ovvero due personalità preparate sotto il profilo
economico ed oneste sotto il profilo morale.
E sarebbe persino auspicabile se, codesto nuovo centrodestra, dialogasse
e scegliesse di avere come intelocutore privilegiato il Movimento
Cinque Stelle di Beppe Grillo, portatore di istanze da parte di una
società civile inascoltata (l'esatto opposto dell'antipolitica del PdL,
ma anche del Pd, dell'IdV, di SeL, della Lega Nord, dell'Udc di oggi).
Un nuovo centrodestra, un Partito per le Libertà, con Radicali,
Liberali, Moderati, Repubblicani, Libertari, Laici, Cattolici liberali e
soprattutto la società civile. Ecco che, allora, forse ai cittadini tornerebbe la voglia di votare e di credere ancora alla politica.

Luca Bagatin
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