19 dicembre 2007
"HENRY, ECSTASY. AMORE". Racconto by Massimiliano Santarossa
  
PREFAZIONE
Max Santarossa è un mio vecchio amico. Lo conobbi facendo attività
politica una decina d'anni fa circa. Benché di idee politiche differenti (lui di sinistra, io liberale) abbiamo
trovato subito un minimo comun denominatore nelle battaglie civili,
specie in quelle legate all'emarginazione ed alla tossicodipendenza:
entrambi ben conoscendo direttamente singoli casi legati a tali spinose
questioni. Oggi, abbandonata pressoché entrambi l'attività politica
attiva, non avendo trovato sponde soddisfacenti nei partiti e negli
schieramenti attuali, ci occupiamo d'altro. Io ho questo blog e
collaboro con diverse testate d'area laica e liberale. Ma questo magari
già lo sapete. Max, invece, ha scritto e pubblicato da poco un libro
sull'emarginazione a Pordenone dal titolo "Storie dal fondo", che ho
avuto l'onore di recensire per l'Opinione delle Libertà e per il
presente blog. Quello che vi propongo di seguito è un racconto in
forma "poetica" (come mi suggerisce l'autore stesso) che Max mi ha
proposto in questi giorni in esclusiva per
il mio blog (e che fra l'altro uscirà prossimamente in forma narrativa
nel seguito di "Storie dal fondo" che pare sia in fase di ultimazione e
di prossima pubblicazione.) Non è certo un racconto per
"mammolette", né è "roba da ridere": è un immersione in un "universo di
scottante attualità" e soprattutto di "scottante umanità". Perché l'umanità non ha nulla a che vedere con la "bellezza" in sé, ma essa è la vita stessa: nei suoi "up" e nei suoi "down".
 Luca Bagatin
«La mia generazione è nata nel mondo contadino, è cresciuta nel mondo operaio, oggi vive nel mondo tecnologico. Uno su dieci ce l'ha fatta, io racconto gli altri nove».
Massimiliano Santarossa   
HENRY, ECSTASY. AMORE
Universo. Guardo giù. Ecco il pianeta Terra. Guardo più giù. Il continente Europa. Mi sforzo e guardo giù giù. Paese Italia. Tiro gli occhi e guardo giù giù giù. La regione Friuli. Adesso strizzo le cornee come il limone. Compare la città Pordenone. Forte tiro di brutto la vista. E vedo il quartiere Villanova. Un fiume. Campi. Un ufficio. Una sedia. Un tizio che scrive. Sono io. Bummmm, mi sveglio di soprassalto. Aaaaaaaah! Il solito incubo. Per fortuna, è solo il solito incubo.
Vuoi tu Henry prendere la qui presente Ecstasy come tua sposa? Si, lo voglio! E vuoi tu Ecstasy prendere il qui presente Henry come tuo sposo? Silenzio. Le pastiglie non parlano. Allora, non osi l'uomo separare quello che Dio ha unito.
Quella notte, in riva al Meduna, arrivò Henry. Era affezionato ai rave party e conosceva benissimo chi li organizzava e dove si tenevano. Henry, quella notte, sposò Ecstasy. Amore vero. Amore cercato e costruito. Notte dopo notte. Ma quella era una notte speciale. Un matrimonio. Per sempre. Non c'era posto migliore del rave party per festeggiare l'avvenimento. Alla grande! Decise di strafare. Cercava lo sballo e voleva esagerare. Nella sua testa una voce si fece spazio, e come un tamburo ripeteva «Brucia Henry, brucia. Non preoccuparti, prendi con te Ecstasy. Prendila una, due, tre, quattro volte. E brucia felice Henry». Tempie che scoppiavano, pulsazioni nel cranio, vene grosse. Sangue che pompava nel cervello. Dolore. Dolore e basta. Si prese a pugni la testa per farla smettere, ma nulla. La voce era lì, continuava quella stramaledetta cantilena metallica, «Brucia Henry, prendi Ecstasy e brucia, brucia felice». Vuoi tu Henry prendere la qui presente Ecstasy come tua sposa? Si, lo voglio! Era più forte di lui e non riuscì a resistere.
La voce lo chiamava. E lui cominciò a scendere i gradini della scala
che porta agli inferi. Uno alla volta, gradino per gradino, Ecstasy
dopo Ecstasy, scendeva sempre più giù seguendo la voce. Ogni
quaranta minuti la baciava, con la lingua, per poi annegarla di
tequila. La guardava come si guardano i miracoli, stava sul palmo della
sua mano e un secondo dopo la mordeva, fino in fondo allo stomaco. Sballo, e amore, e sballo. Era tutto per lei. «Bravo, prendi Ecstasy e brucia felice Henry. Brucia felice». Sentì il fuoco dentro, come le fiamme dell'inferno. Si faceva spazio in lui. Lei entrava, entrava dentro, in fondo. Dalla bocca allo stomaco. Dallo stomaco al sangue. Dal sangue all'anima. Il cuore iniziò a battere che pareva spaccargli il petto. Gli mancò il respiro. Volò a terra. Cadeva, cadeva di sotto. E volando giù vide tra gli alberi nascere un¹alba stupenda. Poi, buio.
Gente attorno. Quanta gente attorno! Guardavano Henry, che sudava un liquido puzzolente. Guardavano Henry, che tremava. Guardavano Henry, che non rispondeva più. E tanti ballavano, come niente. Lo sballo comandava. E non si accorsero di nulla. Da diverse ore, tutti dentro una realtà loro. Ma il samaritano era sveglio. E forte, e con due braccia di buona volontà. Le mani strinsero Henry e lo tirarono nella quattroruote. L'ospedale passò veloce a lato, senza entrare. Lo scarico avvenne davanti casa, come per la spazzatura. Un dito sul campanello e via. Il sole era bello tondo in cielo. La mamma sentì il clinn clonn. «Quel disgraziato di Henry che rientra sempre col sole alto». La tenda si aprì, ecco due occhi di madre sopra il figlio disteso. Davanti al cancello del giardino. Spazzatura!
La paura. Il presentimento. Le gambe di madre corsero verso il corpo
immobile. Spazzatura d'oro! Nove mesi per crearla. Un amore per finirla. L'urlo, a pieni polmoni. Un urlo che non si dimentica più. Dolore profondo. Madre disperata. Prese il suo oro, lo strinse forte, a sé. Iniziò a sbattere. Continuò a scuotere. Poi sberle, tante sberle, ma niente, la testa del figlio morta sulla spalla. Occhi vitrei, luce andata. Per sempre.
Due medici. Un bisturi affilato per tagliare la pelle bianca, che non regala più sangue. «Eccolo lì, povera bestia, è il blocco del cuore, la colpa». Aveva ceduto all'amore di Ecstasy. Troppo amore. Davvero troppo amore.
Che mondo, ragazzi! E' meglio tornare nell'incubo. Una sedia. Un ufficio. Campi. Un fiume. Il quartiere Villanova. E salgo su. Pordenone, che piccola. E salgo più su. Il Friuli intero. E vado in alto. L'Italia a forma di stivale. E vado su su su. Tanto su. Ecco il pianeta Terra. Tondo. Celeste. Mi guardo attorno. Solo stelle. Silenzio. Universo. Pace.
  
 Massimiliano Santarossa
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