26 febbraio 2015
Sì all'educazione sessuale nelle scuole ! Contro la frustrazione e la violenza dilagante
Già è assurdo che in Italia non vi
sia, a differenza dei restanti Paesi dell'Unione Europea.
Parliamo dell'educazione sessuale nelle
scuole che in Paesi come l'Olanda esiste da quel dì al punto che ai
bambini la si insegna da quando hanno 4 anni, mentre da noi è
pressoché un tabù. Oppure è oggetto di dileggio e
contestazione da parte di associazioni che si proclamano “Pro-Vita”
(ma quale vita ? Quella dei tanti frustrati che già si aggirano
minacciosi per le nostre città ?), che addirittura hanno organizzato
una petizione – con tanto di ridicolo video “promozionale” -
contro l'educazione sessuale nelle scuole e contro il fatto che, a
scuola, si spieghi che l'omosessualità è un orientamento sessuale
del tutto normale.
Oltre ad essere assurdo è addirittura
aberrante il fatto che non si comprenda che è proprio la mancanza di
un'educazione sessuale e, aggiungiamo, sentimentale nelle scuole, la
causa della frustrazione di molti giovani in ambito sentimentale e
sessuale; dei troppi casi di stalking nel nostro Paese; di violenza
domestica; di ipocrisia domestica che porta padri di famiglia ad
andare a prostitute o a transessuali; di violenza verbale e fisica
nei confronti di omosessuali ecc...
E nella posizione delle associazioni
cosiddette “Pro-Vita” non vi è nulla di cristiano, non vi è
nulla di umano, bensì vi è molto, troppo di ideologico e di
contro-natura. Perché la natura ci insegna da sempre ad amare. Così
come ce lo insegnava il Cristo.
E sarà la prima cosa che insegnerò
anche a mio figlio o a mia figlia, così come gli/le insegnerò a rispettare il proprio
prossimo, la propria compagna o il proprio compagno al punto dal
fargli comprendere che l'ipocrisia, la violenza ed il tradimento sono frutto della
repressione, anche sessuale.
Ed è ciò che consiglio a tutte le
famiglie che amano davvero i propri figli; ai padri - come potrei
essere io stesso - che amano la propria moglie al punto che non la
tradirebbero mai; alle coppie etero o omosessuali, felici
semplicemente di amare, pur in uno Stato clericofascista, quello
italiano, che sembra voler impedire anche questo.
 Luca Bagatin
Ringrazio la modella Maria José Peon Marquez per la compartecipazione alla nostra fotocomposizione artistico-aforistica
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24 febbraio 2015
"Civiltà dell'Amore" VS "società commerciale" by Luca Bagatin
 Non accetto
offerte commerciali per principio.
Al massimo
rapporti di collaborazione reciproca, ove prevalga il piacere di
condividere e l'intelligenza reciproca.
Penso che il
commercio sia l'esatto contrario rispetto all'Amore. E quando parlo
di Amore parlo di un ampio progetto di costruzione della "Civiltà
dell'Amore" post-ideologica e post-moderna.
Benchè
favorevole alla legalizzazione, per principio sono anche contrario
alla prostituzione come forma di mercificazione.
Ciascuno è
libero di fare ciò che vuole, ma quando comprendi che le persone non
possono essere considerate (s)vendibili, perché soggetti detentori
di sentimenti che meritano piuttosto di essere esternati, comprendi
che il commercio è una delle pratiche più aberranti ideate
dall'essere umano.
La stessa cosa
vale per i beni prodotti e consumati e quindi frutto del lavoro delle
persone. Meritano rispetto e condivisione, non mercanteggiamento.
Ma quando mai
giungeremo a capire davvero che cos'è il rispetto, in questo mondo ?
Ringrazio la modella Maria José Peon Marquez per la compartecipazione alla nostra fotocomposizione artistico-aforistica
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22 febbraio 2015
Chavez, il Venezuela e la nuova America latina. Un saggio di Aleida Guevara e Hugo Chavez
Hugo Chavez e Aleida Guevara
E' facile accusare Paesi sfruttati da
secoli di avere, oggi, regimi dittatoriali.
E' facile puntare il dito contro coloro
i quali hanno dovuto subire prima gli attacchi e le violenze dei
Conquistadores spagnoli e, successivamente, l'instabilità politica,
spesso fomentata da questo o quell'imperialismo. In particolare, per
vicinanza geografica, dall'imperialismo yenkee, con le sue
multinazionali, con la CIA e la sua politica di infiltrazione subdola
che ha finanziato fior fiore di dittature autoritarie vere, quelle
sì, in nome non della libertà e della democrazia, bensì del Dio
Dollaro a Stelle e Strisce.
E non occorre essere comunisti per
sostenere questo, anzi. Nemmeno Fidel ed il Che erano davvero
comunisti, ma, se volevano liberarsi del regime di Batista, un
approdo internazionale avrebbero pur dovuto trovarlo.
Pensiamo, del resto, che lo stesso
Gabriele D'Annunzio, allorquando fondò la libertaria Repubblica di
Fiume, ovvero la Reggenza del Carnaro del 1920, trovò il pur
stumentale appoggio solo da parte dei sovietici.
E' per questo che libri come “Chavez.
Il Venezuela e la nuova America latina”, edito in Italia da
Vallecchi, sono di un'importanza fondamentale per comprendere una
realtà solo apparentemente lontana dalla nostra.
Il saggio, che è frutto di un'accurata
intervista fatta dalla pediatra cubana Aleida Guevara - figlia del
noto rivoluzionario argentino Che Guevara e di Aleida March –
all'allora Presidente del Venezuela Hugo Chavez, è un ulteriore
approfondimento storico di un leader e di una realtà, quella
venezuelana, ma anche latinoamericana, che, sfruttata e vilipesa da
secoli, ha trovato, fra la fine degli Anni '90 e per tutti gli Anni
2000, un nuovo riscatto. A differenza di quanto accaduto nel
cosiddetto Occidente liberaldemocratico, che, preda di una
globalizzazione che ha voluto dimenticare le sue radici – anche
spirituali – si è infilato in una crisi senza più alcuno sbocco
utile ai popoli medesimi.
E' così che, nel saggio della Guevara,
Chavez le racconta il Venezuela precedente al suo avvento, preda
della corruzione dilagante e di un sostanziale monopartitismo in
quanto, i due maggiori partiti del Paese, di fatto governavano
assieme, costituendo una vera e propria oligarchia anti-popolare.
La cosa, forse, a noi italiani, può
ricordare qualche cosa, in effetti...
E Chavez, dunque, racconta la necessità
del golpe del 4 febbraio 1992, allorquando era ufficiale
dell'esercito e racconta di come avesse ispirato l'impresa a Simon
Bolivar, El Libertador, eroe nazionale venezuelano e dell'intera
America Latina, per aver contribuito a sconfiggere l'Impero Spagnolo
all'inizio del XIXsecolo. Golpe purtuttavia miseramente fallito, ma
che getterà le basi per la successiva elezione democratica di
Chavez, allorquando si candiderà alle elezioni presidenziali del
1998 con il Movimento Quinta Repubblica e sarà rieletto sempre con
percentuali attorno al 60% dei consensi sino alla sua prematura
morte, avvenuta nel 2013. E pensare che i suoi avversari di
centrosinistra e di centrodestra l'avevano sempre considerato un
matto, un ousider da prendere in giro, dato che il suo movimento non
aveva nemmeno i soldi per pagarsi la campagna elettorale ed al punto
che i media stessi faranno di tutto per non pubblicare mai i dati
relativi ai sondaggi elettorali del suo movimento, considerandolo un
candidato ridicolo e marginale !
Hugo Chavez racconta alla Guevara le
sue umilissime origini indigene in una famiglia povera di Barinas,
così povera che i suoi genitori non potevano pagargli gli studi. E
fu così che decise di iscriversi all'Accademia militare, al fine di
poter studiare e di trasferirsi a Caracas, nella Capitale,
rinunciando purtuttavia così al suo sogno di diventare un campione
del baseball.
Da allora divorerà interi libri di
Storia e di storia dell'America Latina, diventando un vero e proprio
autodidatta e scoprendo così come la scuola di allora avesse bandito
dalla cultura nazionale figure findamentali quali Bolivar.
E le raccontò la sua profonda amicizia
con Fidel Castro, basata sulla reciproca amicizia fra popolo
venezuelano e cubano e su una costante collaborazione economica e
sociale. Le missioni sociali avviate dal Governo Chavez, del resto,
riceveranno un forte contributo da Cuba, spesso senza richiedere
nulla come contropartita.
Nel saggio edito da Vallecchi, Chavez
fa presente alla Guevara quello che egli battezzò “Piano Bolivar
2000”, ovvero il contributo delle forze armate del Paese come forze
di matrice civico-militare di assistenza ai più deboli, nei
quartieri periferici, ovvero come forze armate di pace e di
cooperazione con il popolo, così come le aveva intese Simon Bolivar
nell'800.
E le racconta anche della necessità
del Venezuela di uscire dal Fondo Monetario Internazionale e dalle
logiche di sfruttamento perpetrate dalla Banca Mondiale,
ricominciando così ad essere un Paese sovrano, con un'industria del
petrolio nuovamente restituita ai cittadini e che contribuirà a
finanziare gran parte delle missioni sociali e finanziando la scuola
per tutti, vero e proprio fiore all'occhiello dei governi Chavez ed
ormai di gran parte dei Paesi latinoamericani che hanno debellato
pressoché definitivamente l'analfabetismo.
Aspetto interessante del racconto di
Chavez è l'istituzione della Banca del popolo, ovvero un istituto di
credito nazionale a scopo non commericale, la quale concede
microcrediti a chi necessita di riceverne, compresi i disabili che
non possono pagarsi le cure ed ai quali non vengono nemmeno calcolati
gli interessi.
Tutti aspetti positivi peraltro
riconosciuti anche dall'ex Presidente USA Jimmy Carter, in qualità
di osservatore internazionale, che visitò molto spesso il Venezuela
chavista.
Molto commoventi, poi, i racconti
dell'infanzia di Chavez, di quando sua nonna lo invitava a
raccogliere e vendere le arance di casa, gli insegnò a leggere e
scrivere e a bagnare le piante e di quando, sin da bambino, amasse
cantare, specie le canzoni popolari.
L'ultima parte del saggio è dedicata
ad una puntata della trasmissione televisiva “Alò Presidente”
nella quale Chavez invita Aleida Guevara a parlare, fra le altre
cose, di suo padre.
Il saggio può ritenersi un'apologia
dello chavismo-guevarismo ed i più maliziosi lo intenderanno in
questo modo.
Per il lettore senza pregiudizi e più
aperto alla conoscenza dei fatti, diversamente, il saggio “Chavez.
Il Venezuela e la nuova America latina”, può essere inteso come un
viaggio all'interno di un continente che ha una cultura latina come
la nostra; che, attraverso i secoli bui della violenza e della
sopraffazione ha saputo ricercare una autentica Terza Via – oltre
comunismo e capitalismo – di emancipazione civile e sociale.
Nonostante i problemi che ci sono e permangono.
Persone e leader come Bolivar e Chavez,
ad ogni modo, hanno saputo mostrarci una via alternativa
all'oligarchia degli imperi, degli imperialismi, della
partitocrazia“bipartisan”. Una via che, ci auguriamo, approdi
finalmente agli Stati Uniti dell'America Latina, nel nome di Bolivar,
di Garibaldi, di Peron, di Chavez e del Socialismo del Ventunesimo
Secolo.
 Luca Bagatin
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21 febbraio 2015
"Pensieri leggeri": aforismi by Luca Bagatin
Il mio
sogno è sempre stato di ritirarmi in un'isola caraibica avvinghiato
ad una pornostar. Non diventare il simulacro di uno scrittore o di
uno pseudo intellettuale, che non sono, né sono mai stato.
Una
delle cose che ho notato più spesso è che le donne di oggi hanno
paura o, meglio, non si aspettano, che un uomo possa essere anche
intelligente.
Leggo
biografie allucinanti di personaggi inutili che si pregiano di essere
definiti "dottori, filosofi, politologi". Ora, io ignoro
se costoro lo siano. Ma mi fanno pensare, una volta di più, che
quando morirò (non necessariamente il più tardi possibile), voglio
essere ricordato solamente così: Luca Bagatin, autodidatta e
pornografo.
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21 febbraio 2015
Non chiamiamoli hooligans, ma terroristi !
Pensavamo che il pericolo imminente
provenisse in particolare dal Medio Oriente, dalla Libia, dalla Siria
ed invece...
Ed invece il terrorismo si aggira per
l'Europa e non è di matrice islamica, bensì calcistica.
Li chiamano hooligans, ma in realtà,
infatti, dovrebbero essere definiti, senza mezzi termini, terroristi.
E come tali andrebbero trattati e
giudicati, anche in sede giudiziaria, perché, devastare una città
ed i suoi monumenti – patrimonio dell'Umanità - e praticare
violenza significa semplicemente una sola cosa: terrorismo, crimine
contro l'Umanità.
E, in questo senso, andrebbero prese
sin da subito delle misure in sede europea (se questa Europa politica
esistesse davvero !), per sventare attacchi di questo tipo ed evitare
finanche che persone di tale pericolosità possano aggirarsi
indisturbate nelle nostre città negli anni a venire.
Quanto al pagamento dei danni pare
chiaro che, chi rompe paga ed i cocci debbano rimanere suoi.
Temiamo non sarà così e la cosa ci
farà indignare doppiamente.
 Luca Bagatin
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18 febbraio 2015
Un pensiero e un augurio ad Emma
Ho conosciuto di persona Emma
nell'aprile del 1999 ed allora le regalai una poesia che scrissi per
lei e che qualche giornale pubblicò anche.
Recitava così:
Emma Bonino,
una dei tanti radicali scalzi che popolavano negli anni ‘70 le
piazze delle città per affermare i diritti di tutti, anche dei
più derelitti di questo mondo, contro un regime violento,
burocratico, partitocratico e clericale, che aveva in gloria solo
la gestione del Potere: la poltrona sicura di Ministro, Cardinale o
Presidente. Emma Bonino: una donna, un simbolo dell’Europa e
per l’Europa, a dispetto di chi ha cercato e cerca di oscurarla con
ogni mezzo. Emma Bonino: oggi di nuovo alla ribalta come degna
Commissaria europea, sempre in prima linea per l’affermazione dei
diritti umani, civili e politici, come ieri, più di ieri. Loro,
i Potenti, forse ti saranno avversi, ma è certo che la gente è con
te e con le tue battaglie di libertà e legalità. Un augurio
di cuore! Una speranza dal profondo! ....magari una piacevole
utopia: Emma for President
A quei tempi credevo molto nel percorso
politico portato avanti dai Radicali che, proprio nell'aprile di
quell'anno, a Monastier di Treviso, fondarono la “Lista Emma
Bonino”.
Qualche mese prima, del resto, avevo
condotto – senza alcun mezzo e solamente con l'aiuto della radicale
Paola Scaramuzza – la campagna per “Emma Bonino al Quirinale”,
nella città di Pordenone. Città che, peraltro, alle elezioni
europee, le regalerà il secondo posto con oltre il 14% dei consensi.
Anche allora, gli unici a fare campagna elettorale, fummo solamente
Paola ed io.
Radicale ad ogni modo non sono mai
stato. O, meglio, non sono mai stato un pannelliano. Diciamo che mi
riconosco molto di più nel Partito Radicale di Mario Pannunzio, più
che in quello di Pannella. Boniniano lo sono stato a tratti, anche
se, con gli anni, penso che il percorso più interessante lo abbia
fatto chi pur frequentava quei “luoghi libertari”, ma voleva
rimanere libero di essere sé stesso, senza sporcarsi troppo nelle
Istituzioni e ricercare piuttosto un'alternativa alla politica
parlamentare e mediatica. Parlo dell'esperienza del Partito
dell'Amore che, in questi anni, sono pressoché l'unico che ha
tentato di ricostruirne e raccontarne, sotto il profilo
giornalistico, la storia e la storia dei suoi protagonisti.
Oggi mi fa male al cuore vedere Emma
con quel turbante africano in testa, ma al contempo mi rafforza. Mi
fa pensare alla forza dei radicali storici che hanno sempre mostrato
il loro corpo – fosse nudo o malato – per un bene superiore.
Sono e sono sempre stato vicino alle
battaglie per la libertà di cura per i malati, per la ricerca
scientifica, per il diritto all'affettività ed alla sessualità per
i disabili, per l'eutanasia, per il diritto a decidere sulla propria
vita e/o sulla propria morte.
Di questo sono e sarò per sempre grato
ai Radicali, che sono anche stati i miei primi maestri di scuola politica,
quando non ero ancora maggiorenne.
Poi, come succede con i vecchi amori,
ma soprattutto come succede agli spiriti liberi, abbiamo preso strade
diverse.
Non ho mai amato questo dialogo
continuo dei Radicali con destra e sinistra. Non ho mai accettato il
dialogo con Berlusconi prima e con Prodi successivamente e l'entrata
di Emma nel Governo Prodi del 2006. L'ho visto come un passaggio
completamente estraneo alla storia ed alla cultura libertaria che,
con i cattocomunisti, non ha mai avuto nulla a che spartire.
E non ho nemmeno condiviso l'entusiasmo ed il sostegno
dei nuovi Radicali per la globalizzazione tout-court, per il
cosmopolitismo/immigrazionismo tout-court, per l'europeismo tout-court.
Da allora direi che ho anche smesso di
andare a votare perché, le rare volte che ho votato in vita mia, o
lo facevo per i socialisti, oppure per i verdi oppure per i radicali.
Ma quando i primi sono scomparsi ed i secondi hanno seguito strade a
parer mio fra il velleitario, il globalista e l'istituzionale, ho
preferito prenderne le distanze.
Però mi è sempre rimasto un forte
senso di affetto per Emma ed anche per Pannella che, come testimonia
anche un'intervista che mi fece Radio Radicale, proposi candidato al
Quirinale nel 2013. Pannella, infondo, è l'ultimo Padre Nobile di
quella che dovrebbe essere una Repubblica e che invece, forse, ne è
solo il suo simulacro. Ovvero nei fatti è una monarchia/oligarchia di partiti.
Sono certo che Emma la spunterà ancora
una volta ed il suo ottimismo contagerà molte persone che si trovano
a vivere situazioni simili.
Un abbraccio con il cuore, da uno dei
tanti vostri ex compagni di strada !
 Luca Bagatin
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16 febbraio 2015
"La (anti)politica dell'Amore": aforismi e riflessioni by Luca Bagatin
Ancora ci si stupisce della commistione fra
affari privati e politica, fra sistema bancario-imprenditoriale e
politica...mah. Ovvero ancora non si comprende che la politica
rappresenta la morte civile e che il potere ne è la massima
rappresentazione. Per questo, da parecchi anni, preferisco parlare
di donne e di belle donne. Ponendole al centro di un progetto
(anti)politico e (contro)culturale. Perché è da lì che può
rinascere una società fondata sull'eros, in luogo di una società
fondata sul danaro e sulla mercificazione. Ovvero una società fondata sull'autodistruzione e sulla stupidità.Ho un forte nonsenso delle Istituzioni !
L'idea dell'amore fatto in un cimitero
m'intriga molto e la trovo tutt'altro che blasfema. La vita che si
fonde e confonde con la morte è un'immagine molto filosofica. Un inno ad
entrambe.
"Vivi per chi ti ama , affronta chi ti sfida
e ignora chi non ti merita" Ovvero: ama poche persone,
perché poche meritano davvero il tuo amore, ignorane molte e le
sfide affrontale sempre di petto, talvolta anche di pancia se
necessario.
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13 febbraio 2015
"Pensamientos" by Maria José Peon Marquez for Luca Bagatin's blog (Vol. 3)
Quiero que guardes mis días en tu
vida,
tu amor en mis besos, y tu llanto...en
mi sonrisa.
Nacería siendo música,
crecería siendo melodía, moriría
siendo una canción...de esas que núnca se olvidan.
No fue un sueño, te dije "te
quiero" mientras dormías,
te hablé de cosas que salen del alma,
antes de que abrieras los ojos...antes del alba.
Sin saberlo, aquel beso selló un
despido,
un adiós sin entenderlo con
sentimientos reprimidos,
la esperanza falleció y no fué tiempo
perdido,
como el tiempo que tuvimos, al final
quedó en suspiros,
no hay tristeza sin razón en el fondo
del olvido,
todo queda entre tú y yo...pero en
distintos caminos.
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12 febbraio 2015
Su Chavez e dintorni

Alcuni giorni fa ho ricevuto dalla Redazione del quotidiano con cui collaboro, ovvero "L'Opinione delle Libertà", una lettera di protesta relativa ad un mio articolo - apparso sul medesimo quotidiano - relativo alla figura ed alla storia politica dell'ex Presidente del Venezuela Hugo Chavez e sul Socialismo del Ventunesimo secolo. Il mio articolo lo potete reperire a questo link: http://www.opinione.it/politica/2015/02/05/bagatin_politica-05-02.aspx La persona che ha inviato la lettera non ha voluto accettare la mia proposta di un confronto pubblico, ad ogni modo ritengo utile comunque pubblicare la mia lettera di risposta che, comunque, mi è costata del tempo. Dell'universo chavista, così come il mondo latinoamericano in genere ed il fenomeno del Socialismo del Ventunesimo secolo (che molto, a parer mio, avrebbe da insegnare allo pseudo-socialismo di casa nostra, che ha perduto ogni collegamento con la Prima Internazionale dei Lavoratori, fondata, fra gli altri, da Garibaldi e Mazzini, che per me sono e rimangono dei punti di riferimento politico-intellettuale e spirituale imprescindibili) in Italia si parla davvero molto poco e davvero molto male, per cui ogni occasione di confronto può risultare positiva. Del resto lo scontro, in luogo del confronto, specie in un'epoca che necessita di un autentico superamento dell'ideologia per approdare ad un recupero dell'idea, non ha mai scaturito alcunché di buono.
L.B.
Sono felice di poter rispondere a chi ha inviato una lettera di critica relativa al mio
articolo che spiega, per filo e per segno, pur nella doverosa
stringatezza giornalistica, le politiche adottate dal Presidente Hugo
Chavez in Venezuela ed il Socialismo del Ventunesimo Secolo.
Ne sono felice per due ragioni. La
prima è che il confronto è sempre positivo. Esso contribuisce alla
riflessione e denota rispetto nei confronti dell'interlocutore, pur
nella differenza di opinioni.
La seconda ragione è che mi permette
di ringraziare il quotidiano L'Opinione per lo spazio che sempre
concede ai miei articoli, proprio in quanto organo liberale, ovvero
non servile nei confronti di qualsivoglia padrone o ideologia
precostituita e proprio per questo concede spazio anche a chi,
anziché seguire la corrente della cultura mediatica dominante,
preferisce approfondire e permettere ai lettori di farsi un'opinione
che possa andare al di là di quanto i media tradizionali propinino
quaotidianamente loro.
Si possono avere opinioni di
pregiudizio nei confronti dello chavismo, certo, ma non si può dare
del dittatore a chi è stato eletto democraticamente, come lo fu
Chavez a suo tempo (dal 1998 sino alla sua morte, nel 2013) oppure al
Presidente Maduro.
Il Venezuela, in sostanza, non ha nulla
a che vedere con la dittatoriale e sanguinaria Corea del Nord paventata dalla persona che ha inviato la lettera e pur difesa da più di qualche nostro
parlamentare (sic !).
Personalmente non sono fra coloro i
quali nutre dei pregiudizi, specie non prima di aver approfondito una
realtà. E, da quando ho iniziato ad approfondire la realtà
latinoamericana – che con la nostra Storia risorgimentale e
garibaldina ha molti punti in comune, per non parlare delle comuni
radici - debbo riconoscere che essa ha molto da insegnarci. Sia in
termini di democrazia partecipativa – come ho scritto anche nel mio
articolo – che di prospettive sociali.
E lo dico da persona che non ha nulla a
che spartire con il comunismo, ma che trova parimenti interessanti e
di rottura, tanto le prospettive offerte dal Socialismo del XXIesimo
secolo, ovvero una vera Terza Via fra capitalismo e comunismo, che il
libertarianesimo proposto da Ron Paul negli USA, il primo a
denunciare le politiche truffaldine della Federl Reserve.
Prospettive che, per quanto riguarda la
fattispecie del mio articolo riguardante il Venezuela, pur fra mille
difficoltà hanno dato i loro frutti.
Non ho affatto negato che la
criminalità non sia dilagante, così come ho parlato di un'alta
inflazione. Purtuttavia il tasso di povertà è stato ridotto, per
non parlare dell'analfabetismo.
Non risulta, ad ogni modo, che la
situazione precedente all'avvento di Chavez al governo, fosse così
rosea, al punto che la corruzione era di molto superiore a quella
attuale ed alle classi meno abbienti, oltre che alle periferie, non
pensava davvero nessuno.
Sulla nazionalizzazione del petrolio
posso dire: è meglio che le risorse siano sfruttate da una
multinazionale, oppure è meglio che a gestire il tutto sia uno Stato
? Meglio sarebbe che a gestire le risorse di una nazione siano i
cittadini/lavoratori medesimi, direi io.
Purtuttavia se queste risorse sfruttate
dallo Stato possono dare benefici ai meno abbienti, ben venga che ciò
accada. Ben venga che siano avviate delle Missioni sociali, piuttosto
che inseguire la fredda legge del mercato che da tempo immemorabile
ci sta rendendo tutti quanti schiavi.
Possiamo semmai riconoscere che il
Venezuela, a differenza di Bolivia o Brasile ha incentrato quasi
esclusivamente le sue politiche sociali solo sugli introiti derivanti
dal petrolio. E ciò è stato un errore, certo.
Ci sono luci e ombre in Venezuela, come
ve ne sono in tutti gli Stati. Ma dobbiamo tenere presente che quel
Paese, come tutta l'America Latina, ha vissuto una storia di
sfruttamento. Prima coloniale e successivamente dittatoriale o semi
dittatoriale. Da qualche decennio qualche spiraglio di luce si è
visto. E si è visto in tutto quel continente, dal quale da noi
provengono notizie solo parziali. Viene visto come una “realtà
lontana” quando in realtà le radici sono comuni. E sono latine.
Noi siamo latini, non anglosassoni, nonostante la cultura che nei
secoli ci è stata imposta dalla politica e dall'economia e ci ha
voluto rendere eguali agli anglosassoni, con tanto di politiche
speculative importate da quelle realtà. Politiche speculative che
sono all'origine della crisi economica mondiale.
Una crisi che però è prima di tutto
umana.
Il Socialismo del Ventunesimo Secolo –
slogan ideato dal sociologo Dieterich, che ne spiegò il fenomeno in
un saggio purtroppo non pubblicato in Italia – ed avviato con la
prima elezione di Chavez (e con le successive elezioni di Lula in
Brasile, dei Kirchner in Argentina, di Morales in Bolivia, di Mujica
in Uruguay ecc...), ha offerto per la prima volta ad un continente
sfruttato una via di liberazione.
Una via di liberazione nazionale e non
globalista, ovvero che non è detto possa andare bene per tutte le
realtà mondiali, che non vuole essere necessariamente esportata,
come avvenuto sia per l'imperialismo sovietico che per quello
capitalistico. Una via di liberazione che affonda le sue radici non
nel comunismo – come i media e la vulgata dominante vorrebbero
farci credere - bensì nel socialismo libertario, nel cristianesimo
delle origini, persino nelle influenze che il nostro Garibaldi ebbe
in quelle terre, al punto che l'Eroe dei due Mondi è l'eroe simbolo
dell'America Latina ed è secondo solo a Simon Bolivar.
Ora, non so e non posso sapere se il
quotidiano “L'Opinione” deciderà di non pubblicare più le mie
“falsità”, come le ha chiamate qualcuno, che ha peraltro deciso di non accettare alcun confronto pubblico. “Falsità” comunque di studioso appassionato che ha trovato
in quella realtà così apparentemente lontana, ma così
culturalmente vicina, l'unica reale prospettiva per uscire dalla
crisi attraverso la ricerca del sentimento umano, attraverso il
coinvolgimento diretto dei cittadini, pur fra mille difficoltà e
limiti causati dai meccanismi del potere politico stesso.
Sinceramente mi auguro che “L'Opinione”
possa essere e rimanere la voce di tutti le voci. Della mia, come di
coloro i quali la pensano diversamente da me. E me lo auguro anche
perché oggi, al pensiero “eretico” e libertario – che non
vuole essere né collocarsi a sinistra o a destra e che è disgustato
dagli pseudo-movimenti alla Grillo – non viene data più alcuna
voce.
 Luca Bagatin
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11 febbraio 2015
Gilettate grondanti ipocrisia (e viva ora e siempre Mario Capanna, ultimo Mohicano !)
C'è chi fa tanto la morale a Mario Capanna, ex deputato di Democrazia Proletaria e dei Verdi che, oltre ad essere stato eletto in Parlamento per più legislature e con voti di preferenza veri (ai suoi tempi la legge elettorale, per fortuna, non prevedeva ancora i parlamentari "nominati"), ha sempre portato avanti battaglie molto serie sull'ambiente, i diritti civili e sociali. C'è chi, oltre a fare la morale, si permette anche di gettare con spregio a terra un libro (quello di Capanna, appunto), in diretta televisiva, rievocandoci alla memoria ben altri "roghi". Purtuttavia chi getta il libro e fa la morale sul vitalizio da parlamentare di Capanna, dimentica di dire che - oltre ad essere pagato dai contribuenti con i soldi del canone Rai - è anche fidanzato con un'attuale parlamentare italiana ! Mai ipocrisia fu più manifesta.
 Di Giletti, Cesare Lanza che ben lo conobbe, disse - in tempi non sospetti - del resto: http://blog.libero.it/Daniela65/6760661.htmlNoi, diversamente, preferiamo invitare alla lettura di qualche cosa di ben più serio ed utile. Specie per coloro i quali si sono involuti, negli anni, a suon di televisione italidiotica  Dalla resistenza contro le derive sociali e politiche del boom economico
alla difesa dei diritti fondamentali dell’uomo, dall’intensa attività
parlamentare all’incontro e confronto costanti con studenti e giovani,
dalle ripetute missioni di pace a quelle ecologiste, dalla tutela della
biodiversità al lavoro dei campi e all’apicoltura, dall’attività di fine
e autorevole saggista a uomo del dialogo e del confronto con credenti e
non credenti, comunisti e fascisti… le “storie” dell’impegno di Mario
Capanna attraversano e incrociano la storia da oltre cinquant’anni.
Oggi, che di anni ne ha settanta, le comuni vie d’uscita da lui
prospettate nel corso del tempo continuano a risultare fresche,
innovative e praticabili, e soprattutto non smettono di dare impulso e
speranza alla coscienza delle nuove generazioni. Con testimonianze
di: Vittorio Agnoletto, Dario Capanna, Ivana Carboni, Vittorio Feltri,
Umberto Galimberti, Marco Janni, Gianni Letta, Uliano Lucas, Romano
Màdera, Eugenio Melandri, Lidia Menapace, Fabio Minazzi, Giovanni
Minoli, Emilio Molinari, Salvatore Natoli, Luciano Neri, Gaspare Nuccio,
Gaetano Pecorella, Franco Piperno, Guido Pollice, Antonio Ricci,
Stefano Rodotà, Giovanni Russo Spena, Emanuele Severino, padre
Bartolomeo Sorge, Luigi Vero Tarca, Fabio Treves, don Celestino Vaiani,
Marcello Veneziani, Ivan Verga, padre Alex Zanotelli.
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